venerdì 5 dicembre 2008

Don Alberto Benedetti, il prete che fucilo’ Benito Mussolini.




Don Alberto Benedetti.  Quello che ha sparato a Mussolina.  Chi?  Il prete che ha sparato al Duce?  Ha processato Benito Mussolini e dopo gli ha sparato….
E’ l’aneddoto più clamoroso e dibattuto della discussa vita di don Alberto Benedetti, il prete di Sharé   (Ceredo di Santa’Anna del Faedo).

Chi lo ha conosciuto personalmente, o soltanto per fama,  e soprattutto dai molti preti, venne spesso ricordato come: «Quello che ha sparato a Mussolini» .
Se ne è sempre parlato molto di quel processo, soprattutto in curia e tra i sacerdoti più anziani,  ma nella realtà se ne è sempre saputo poco.

Sono gli anni che precedono la seconda guerra mondiale.
Quel giovane curato  di montagna, con le sue prediche ed esternazioni, non faceva dormire sonni tranquilli a Don Francesco Peretti, parroco di Sona.
Nulla servivano i continui giri, con Don Alberto sotto braccio per il cortile della canonica, per convincerlo a  “taser”  o almeno  a non predicare in chiesa certe “cose”.
Era tutto inutile: don Alberto l’era a “fogo e fiamme” con i fascisti.

Di quegli anni  la perpetua Pia Peretti, nipote del parroco Don Francesco Peretti, ricordava un’infuocata omelia.
La pronunciò quando l’avvicinamento politico   di Mussolini con  Hitler era ormai irreversibile.
Don Alberto disse:  “Cari fratelli, la croce l’abbiamo in testa, vedrete cosa succederà da questa unione.
Verranno cose molto gravi, molto dolore.  Bisognerebbe che io chiudessi la bocca, ma come faccio che ce l’ho sulla punta del cuore per tutta la gente che perirà?”
Un’altra di quelle Omelie che mandavano in fibrillazione  il vecchio cuore di Don Peretti.
Ma che ci poteva fare? A don Alberto Benedetti, i “fassisti” proprio non piacevano.

E il misterioso processo?

Don Alberto, sull’ argomento, non faceva trapelare nulla, al massimo poche parole, anche con gli amici.
Si sono fatti  i racconti più fantasiosi, sempre per sentito dire, anche se il più attendibile è questo.

«È andata così. C’era un curato montanaro che, dopo la messa, ha detto a tutti i parrocchiani di fermarsi fuori di chiesa perché c’era da fare un processo.
Lui andò in canonica e prese un quadro del Duce, lo portò in piazza e lo attaccò davanti alla porta della chiesa.  Poi cominciò:

“Benito Mussolini, noi ti accusiamo di questo e di quest’altro…”

e si voltava verso la gente, e chiedeva:  “Voi, cosa avete da dire?”.
E figuriamoci se la gente rispondeva!  Nessuno aveva coraggio di parlare e allora il prete diceva:

“Chi tace acconsente!”.

E così continuò, finche terminò il processo dicendo:
“Noi ti condanniamo per tradimento, ecc ecc ecc!”.
“Noi ti condanniamo per …ecc ecc ecc!”

Prese il fucile da caccia e… pum, pum!..  Non uno: due o tre quattro colpi…, al quadro di Mussolini! E la pubblica esecuzione era compiuta.

Cosa sia successo dopo, non ci è dato a sapere, ma sembra che, dopo tale avvenimento, il vicario generale della Diocesi di Verona salvò don Alberto dalle vendette dei fascisti; e che don Alberto dovette rifugiarsi in curia da dove, calmatesi le acque, tornò definitivamente a Sharé, il suo paesino di montagna.

Fu senz’altro una  bravata giovanile che fu volutamente ingigantita, e con il tempo, si arricchì di particolari sempre più inverosimili.
Ma per molti fu un modo per etichettare e liquidare quello scomodo e anarchico prete, facendolo passare per un uomo pericoloso e rivoluzionario.

In fondo ha fatto sempre comodo a qualcuno parlare di questo strano e  scomodo sacerdote, accreditandogli questo eclatante episodio.

Di certo gli  stessi preti che riferirono del processo, non raccontarono mai o poco  delle coraggiose prese di posizione pubbliche del loro collega contro Hitler e contro Mussolini.
Forse perchè lui aveva avuto il coraggio di parlare e molti altri no?


Fonte: Liberamente tratto da “Il prete dei castagni” di Alessandro Anderloni


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