domenica 7 dicembre 2008

Verona-Corte Lepia di Lavagno, il saccheggio continua

La chiesetta  del complesso monastico


Disprezzo della storia e vergogna della propria memoria. Non ci sono altre spiegazioni per quello che sta succedendo nel complesso monastico medioevale di San Giuliano di LEPIA, poligono di addestramento per vandali.
Era un angolo incantato, ora una strada sfreccia accanto al monumento, proprio lì è stato fatto l’ennesimo centro commerciale e i muri del vecchio monastero medioevale  crollano
Il complesso formato dall’antico convento e dalla fattoria che nei secoli si è costruita attorno al nucleo originario è da anni in abbandono.
La corte interna della Lepia
Mentre si discute del suo recupero e si fanno scavi per sondaggi archeologici in vista degli interventi futuri, dentro il cuore della LEPIA, nel monastero e nella chiesetta con affreschi anteriori al 1200, distruzione e degrado.
Proprio in occasione dell’ultimo intervento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, mirato a dei sondaggi archeologici, era stato aperto un pertugio per un sopralluogo all’interno della chiesetta. Da quella parte sono venute le ultime e più gravi devastazioni, con vandalismi che non hanno altra spiegazione se non il disprezzo.
Interno della chiesa
L’altare maggiore è stato preso di mira con la rottura di diversi inserti marmorei e la frantumazione della pietra che chiudeva il lato a vista. La pesante pietra è stata scalzata dalla sua sede e frantumata sui gradini dell’altare. Stessa sorte è toccata alla pietra della mensa.
Altare distrutto
Il vandalismo ha messo in luce l’unica cosa di valore che l’altare nascondeva: un grosso parallelepipedo in marmo bianco, che è probabilmente il basamento di una colonna romana.
Infatti allungando la mano nella fessura fra la mensa rotta dell’altare e la base superiore della misteriosa pietra bianca si percepiscono ancora le cavità dentro le quali erano probabilmente sistemati gli ancoraggi per il blocco di marmo sovrastante della colonna o del pilastro.
Quello di sistemare sotto gli altare delle chiese cristiane pietre con o senza iscrizioni latine era un particolarità delle costruzioni altomedioevali, documentata sotto l’altare della chiesa di Santa Giustina a Illasi, a pochi chilometri dalla LEPIA.
Anche questa era chiesetta di un complesso monastico dove pare sia stata priora Francesca, figlia di Cangrande della Scala. In un intervento di restauro del secolo scorso fu rinvenuto sotto l’altare una pietra con iscrizioni dedicate agli imperatori Massimino e Costantino. Il martirio di santa Giustina avvenne infatti mentre regnava Massimino e collocare la pietra con il suo nome sotto l’altare dedicato alla vergine martirizzata era un segno tangibile del trionfo del bene sul male.
Sul lato visibile la pietra di LEPIA non porta iscrizioni, ma nulla impedisce che ci siano sui lato rivolto verso l’abside o sulle pareti non visibili.
Il peso del reperto ha impedito che fosse trafugato e la sua scoperta casuale, grazie a una visita agli scavi della Soprintendenza da parte di Aldo Masconale, appassionato di arte e archeologia, ha impedito che ci fossero ulteriori devastazioni e furti.
«Ho avvisato il Comune di Lavagno e l’assessore Walter Facchini ha fatto murare l’accesso alla chiesa», racconta Masconale.



Le tombe profanate
Nel frattempo erano già state sfondate le due grandi pietre sepolcrali che si trovavano al centro della navata, mentre in precedenza c’erano stati il furto del pozzo al centro del chiostro e delle due campane dalla torre.
Per ora si sono salvate tracce di affreschi altomedioevali nell’abside e sulla facciata: a quelli penseranno probabilmente le intemperie e le infiltrazioni di umidità a dare il colpo di spugna definitivo.



Le colonne in pietra
La caccia al reperto non ha risparmiato neanche tre gradini di pietra levati da una scala che sale al piano superiore della casa colonica.
Nella vicina grande stalla, tutte le colonne in pietra, eccetto una, che sorreggevano le grandi travi del soffitto sono state rubate. Una, caduta ai ladri e spezzatasi, è rimasta sul pavimento, mentre ne mancano al conteggio almeno una decina. Il soffitto è puntellato con tubi in ferro e pali di fortuna.
La Soprintendenza ha fatto i suoi sondaggi archeologici, ma non ha dato il buon esempio: ci sono scavi aperti da mesi e lasciati in totale abbandono e incuria.
Affiorano ossa umane — tibie, femori e calotte di crani — cocci di vasellame, chiodi arrugginiti di vecchie casse in legno sfasciate, testimonianze di un cimitero attorno al complesso monastico che meriterebbe quanto meno il rispetto umano, visto che quello archeologico non sembra interessare.


Il centro commerciale

In attesa del grande intervento di recupero per fare della memoria che resta case e uffici, perfino un ristorante, si accendono le vicine luci della zona artigianale e commerciale: nuovi mercanti a due passi dal tempio della storia.
Fonte: srs di Vittorio Zambaldo, da  L’Arena di Verona di mercoledì 03 settembre 2008

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