lunedì 9 marzo 2009

Verona Delitto Tommasoli: Su Nicola non ci fu nessun accanimento




Federica Bortolotti, consulente del pubblico ministero è stata criticata duramente dai colleghi medici

Otto esperti che hanno concordato su un solo elemento: l’assenza di accanimento su Nicola Tommasoli. Fotografie scattate nel corso dell’autopsia hanno evidenziato l’arrossamento su una palpebra (un travaso di sangue forse dovuto a uno schiaffo perchè, come hanno sottolineato i consulenti delle difese dei cinque imputati, non aveva ematoni sul sopracciglio e nemmeno sullo zigomo: se fosse stato un pugno ci sarebbero) e quel livido sul collo spostato di dieci centimetri dalla zona del sanguinamento che provocò l’emorragia cerebrale seguita dall’arresto cardiocircolatorio. Su tutto il resto si sono trovati discordi e l’attacco alla consulente del pm è stato corretto nella forma ma durissimo nei contenuti.
L’ACCUSA. La ricostruzione a posteriori di ciò che fu la causa di morte di Nicola è stata tracciata sulla base della continuità fenomenologica: ovvero una serie di fattori che pur non essendo concausa si sono succeduti fino a provocarne il decesso. Un ragazzo sano, con un cuore perfetto, privo di qualsiasi anomalia, la diagnosi angiografica effettuata all’ingresso al pronto soccorso non sollevò alcuna perplessità circa la presenza di un possibile aneurisma. «Se solo vi fosse stato questo sospetto vi sarebbe stato il tentativo di porre rimedio e il percorso clinico per cercare di salvare Nicola è durato cinque giorni» l’intervento del dottor Frinzi, neurochirurgo al Fatebenefratelli di Milano. Di fatto la lesione al collo è stata ritenuta la causa del massivo sanguinamento che provocò l’emorragia cerebrale. Da qui la concatenazione e l’esistenza del nesso causale. Riguardo alla natura del trauma la dottoressa Federica Bortolotti ha escluso potesse trattarsi di un sanguinamento naturale ma effetto di un colpo inferto «date le circostanze fu colpito con un pugno o con un calcio». Aveva bevuto e questo accelerò la situazione: al momento dell’aggressione il tasso di alcol nel sangue di Nicola era di circa 1,7 gr/litro «produce una vasodilatazione e inoltre rallenta le capacità di reazione».
LE DIFESE. È stato il professor Francesco Introna il primo ad intervenire e a porre quesiti alla consulente di controparte. Ma oltre alle critiche sulle modalità di espianto del cervello che compromise, distruggendola, parte dell’arteria e in particolare il punto dove l’angiografia effettuata al momento del ricovero aveva rilevato quella dilatazione sospetta, è intervenuto anche sull’approccio dell’anatomo patologo. E sulla base «delle modestissime lesioni» ha fornito la sua ricostruzione. «Tutti dicono che era disteso, supino con gli occhi aperti e rantolava. Se fosse stato scaraventato a terra presenterebbe i classici segni da caduta, avrebbe escoriazioni sulle mani. Con un’azione violenta in corso si sarebbe rannicchiato, avrebbe protetto la testa e i genitali ma gambe, schiena e tronco sarebbero stati  esposti. Non c’è un livido». E ha fornito la spiegazione alternativa: «Non è caduto, si è accasciato» e da qui l’ipotesi: «l’emorragia fu dovuta alla rottura spontanea di un aneurisma congenito del pezzo di arteria che nell’autopsia andò distrutta. Si rompe prima del calcio (che provoca una lesività modesta)». Un’ipotesi che spiegherebbe anche perchè a fronte della vasta emorragia non fu rilevata la rottura del vaso che l’aveva causata.


Fonte: srs di Fabiana Marcolini da L’Arena di Verona di Domenica 08 Marzo 2009 cronaca pag. 11




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