mercoledì 29 aprile 2009

SAN GIOVANNI LUPATOTO. Don Corrado Brutti saluta la Madonnina



Per il religioso è un «ritorno»: la sua famiglia è originaria dei Lessini
Il sacerdote da maggio sarà amministratore della parrocchia di Sant’Andrea a Badia
Don Corrado Brutti  Brutti, sacerdote della comunità della Madonnina (il don prima del nome non gli è mai piaciuto) va in montagna. 
Dai primi di maggio lascerà San Giovanni Lupatoto e sarà amministratore parrocchiale della parrocchia di Sant’Andrea, frazione di Badia Calavena nota per la sagra dei bogoni. 
«È vero, vado a occuparmi di questa piccola parrocchia», conferma Corrado, «è un’evoluzione della esperienza maturata con la Comunità della Madonnina, che ha da poco passato il traguardo dei trentacinque anni di vita. Sarà una sfida nuova, che cercherò di portare avanti con la gente del luogo, interpretando un po’ alla mia maniera questo incarico».
Don corrado infatti non vorrebbe diventare parroco a tutti gli effetti, con tutte le formalità che il ruolo comporta. All’inizio del prossimo anno andrà in pensione e, dopo una vita passata a lavorare (dalla fabbrica all’edilizia fino alla cooperativa) ha cercato un nuovo impegno per gli anni a venire. 
Il prete ci tiene precisare che non si tratta della conclusione dell’esperienza della comunità sorta nel 1973 a San Giovanni Lupatoto, quando con altri tre giovani preti (don Sergio Carrarini, ora parroco di Bosco di Zevio, don Piergiorgio Morbioli attuale parroco di Custoza e don Luigi Forino che resta alla Madonnina) diede vita a questa realtà innovativa nel mondo della chiesa veronese.
«I principi che hanno ispirato quella scelta, fatta negli anni della gioventù, rimangono tutti validi e confermati e per loro io mi batterò fino a quando avrò fiato», dice don Corrado. «La comunità della Madonnina è stata un parentesi importantissima, bella e ricca di spunti. Forse poteva anche evolvere e diventare un centro di spiritualità ma non ci sono qui gli spazi fisici per attivare questa nuova strada. La comunità rimane e continua con le sue caratteristiche, Gigi Forigo, sono sicuro, ne asseconderà e tutelerà il cammino». Il prete assicura che il suo rapporto con la comunità non si interromperà. «La frequenterò ancora», dice don corrado, «sarà come con i miei parenti, saremo lontani ma anche molto vicini». 
Sulla scelta di tornare all’interno della struttura della chiesa don Corrado ci stava riflettendo da quasi un anno. Ne aveva parlato in comunità e poi anche con le autorità diocesane, che hanno accolto con la massima apertura e benevolenza questa sua disponibilità. Don Corrado in questo modo fornisce una risposta alla domanda: «La montagna ha dato tanti preti, cosa danno ora i preti alla montagna?». 
Per don Corrado Brutti andare a Sant’Andrea sarà anche un modo per ricucire con il passato. La sua famiglia (ha nove fra fratelli e sorelle) era infatti originaria di quel lembo di provincia, lasciato per cercare lavoro in pianura nei primi anni del ’900. «È vero tornando restituisco qualcosa alla montagna», commenta il sacerdote, ricordando che da bambino negli anni ’50 trascorreva le vacanze estive a Sant’Andrea con la famiglia. Ora, dopo cinquant’anni, ci torna da quasi-parroco. 
R.G.

Fonte: L’Arena di Verona di  Mercoledì 29 Aprile 2009,  provincia,  pagina 22

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