martedì 12 maggio 2009

Come uscire dalla crisi: parla Eugenio Benetazzo. Tre anni per un equilibrio planetario




di Francesco Guazzolini

Intervista all’economista che, nel 2006, profetizzò l’attuale congiuntura negativa. Ospite a Palazzo Ciacchi ha detto, fra l’altro: “A tutti consiglio di informarsi sulla rete, preferendo i siti indipendenti, e di acquistare un manuale che spieghi le variabili macroeconomiche”.

E’ stato ospite del Gruppo Tessile e Abbigliamento. Di fronte a lui imprenditori ed operatori economici

Per cercare di capire cosa sta succedendo all’economia mondiale, Corinna Sperandini, presidente del Gruppo merceologico Tessile e Abbigliamento di Confindustria Pesaro Urbino, ha invitato a Palazzo Ciacchi, sede degli industriali pesaresi, Eugenio Benetazzo, il saggista economico, laureato in Economia aziendale, che vive e lavora tra l’Italia e Malta. Operatore di borsa indipendente, chiamato  spesso a partecipare in qualità di ospite opinionista a numerosi palinsesti televisivi e trasmissioni radiofoniche su tematiche legate al risparmio gestito, alla globalizzazione e soprattutto al sistema bancario italiano, Benetazzo è intervenuto davanti ad una folta platea di oltre cento tra imprenditori ed operatori economici, accorsi per ascoltarlo sul tema della crisi che sta attraversando i mercati mondiali e che, secondo il giovane economista,  deve diventare un’opportunità per ripensare il nostro modello di sviluppo,  rendendolo più vicino a concetti come sostenibilità e solidarietà.


Eugenio Benetazzo, come è riuscito a profetizzare la crisi che stiamo vivendo?

“Quando, ad inizio 2006, scrissi il mio primo saggio economico,  ‘Duri e Puri: aspettando un nuovo 1929’, venni letteralmente apostrofato come un catastrofista inattendibile dalla penna facile, uno scrittore esordiente a cui faceva comodo attirare addosso a sè l’attenzione mediatica per i toni apocalittici utilizzati. Adesso mi fa sorridere ascoltare in tivù con che ovvietà disarmante si menziona l’attuale scenario macroeconomico come il peggiore di sempre. Si perde ormai il numero dei cosiddetti pseudo giornalisti economici, che fanno a gara a dire io l’avevo detto e così via: in realtà in Italia sono stati realmente solo pochi operatori a lanciare il segnale di ‘May Day’, mentre la quasi totalità di analisti, giornalisti, gestori e consulenti continuava ad elogiare le opportunità e potenzialità del mercatismo. 
La matrice di analisi che mi ha portato a profetizzare con largo anticipo quanto oggi sta accadendo si è basata sull’evoluzione e consistenza di tre variabili macro: la discutibile politica per la prima casa adottata dagli Usa, lo scenario sui tassi di interesse e soprattutto i processi di delocalizzazione selvaggia consentiti dal Wto”.

E’ possibile affermare che il sistema bancario italiano è più sicuro?

“Dobbiamo doverosamente fare un distinguo: il panorama bancario italiano non è omogeneo in quanto presenta in prima linea tre grandi gruppi bancari (di portata internazionale), attorniati da una dozzina di banche satelliti, di medie dimensione, alle quali si contrappone una prateria di piccole realtà bancarie (credito cooperativo, banche popolari e casse rurali), che hanno mantenuto la loro vocazione storica di vicinanza e contiguità con il territorio, evitando i processi di crescita forzata ed il ricorso alla budgetizzazione di tutta l’attività commerciale. Sulla base di questa distinzione possiamo affermare che le prime stanno vivendo un momento di profondo stress finanziario, dovuto a fenomeni di contagio con i mercati internazionali, mentre le seconde, prese nella loro generalità, si possono considerare finanziariamente immuni dal punto di vista della presunzione di maggior affidabilità patrimoniale”.

Perché gli italiani sono ritenuti finanziariamente i più ignoranti di Europa?

“Il pubblico risparmiatore italiano è stato abituato per decenni ad investire nell’immobile o sui titoli di stato: questo ha prodotto intere generazioni di cassettisti, che non hanno mai dovuto preoccuparsi di come investire il loro denaro in quanto esistevano soluzioni piuttosto remunerative e prive di rischio.
Da quando il rendimento dei titoli di stato è sceso velocemente,  molti hanno iniziato a provare l’investimento azionario in quel periodo con potenzialità attraenti. Ricordiamo inoltre che i fondi comuni di investimento e la figura del promotore finanziario sono stati introdotti piuttosto di recente, rispettivamente nel 1986 e nel 1991”.

Cosa pensa dei Tremonti bond?

“Rappresentano una strada obbligata per il nostro Paese: con questi strumenti ibridi è possibile, infatti, rafforzare matrimonialmente le realtà bancarie maggiormente in tensione di liquidità e garantire allo Stato una forma di blando controllo nelle politiche di affidamento del credito. L’attuale ridimensionamento del credito industriale è una diretta conseguenza di questa fase epocale, in quanto il sistema bancario, per riallineare velocemente i quozienti di solidità patrimoniale (il cosiddetto coretier) a parità di riserve e mezzi propri (che non possono essere aumentati in poco tempo), è obbligato a sottodimensionare gli impieghi e le posizioni a rischio. Il processo di vigilanza e controllo sul territorio a cura di Comitati istituiti presso le Prefetture consentiranno di verificare come le banche beneficiarie di questi interventi di sostegno provvedono a supportare il sistema delle piccole e medie imprese.

Lei mi sembra favorevole alla nazionalizzazione delle banche…

“E’ il mio personale parere, in quanto le istituzioni bancarie rappresentano un’infrastruttura per l’economia di ogni Stato: non è possibile pensare che soggetti privati (i banchieri) possano mettere l’economia a servizio dell’attività bancaria come sta avvenendo e non il contrario ovvero le banche a servizio dell’economia”.

Dove conviene informarsi?

“Le più grandi testate di informazione mediatica in Italia vedono come principali appaltatori pubblicitari proprio i grandi gruppi bancari: ognuno di voi faccia le opportune considerazioni. Abbiamo avuto modo di vedere come dai grandi uffici studi alle prestigiose agenzie di rating, nessuno dei grandi interlocutori di mercato sia riuscito a prevedere od allertare su quanto poteva accadere: proprio per questa ragione d’ora in poi non dovrebbero più di tanto essere presi in considerazione significativa.
L’informazione finanziaria indipendente e priva di censura purtroppo si reperisce solo attraverso la rete: per esempio gran parte del mio lavoro e di quello di altri miei colleghi è visionabile dal mio portale o dalle mie videopillole su Youtube. Invito  comunque chi desidera intraprendere un percorso di crescita in cultura finanziaria di comprarsi qualche manuale, che spiega al neofita la speculazione di borsa e soprattutto il funzionamento e comportamento delle variabili macroeconomiche”.

Un vero e proprio lavoro…

“Lentamente in Italia sta emergendo una classe di professionisti, a cui io stesso sento di appartenere, che si prefigge lo scopo di informare il pubblico risparmiatore su quanto sta accadendo attorno a lui. Rattrista sapere che questa attività o questa funzione non è adeguatamente svolta dalla stampa di settore e dagli operatori del risparmio gestito”. 

Il Fondo Interbancario di tutela dei depositi pensa a proteggere i depositi dei risparmiatori e correntisti italiani. Una sua estrema applicazione pratica può consentire il salvataggio di quanto depositato?

“Iniziamo con il menzionare come questo fondo non sia un fondo quanto un consorzio bancario ovvero tutte le banche aderenti si impegnano ad intervenire collegialmente per supportare l’istituto che si trovasse in default finanziario. Tuttavia il loro aiuto presuppone un meccanismo di intervento ex post, che comporta il reperimento ed il versamento dei fondi da parte di tutte le altre banche, solo dopo che si è verificato lo stato di insolvenza.
Negli altri paesi europei il meccanismo ha un intervento ex ante ovvero i fondi a riserva vengono raccolti alla fine di ogni anno solare ed accantonati dal relativo fondo. Ne consegue che, a mio avviso, in caso di default di un grande gruppo bancario in Italia questo meccanismo garantista potrebbe incepparsi”.

Quando riusciremo a vedere un bagliore di luce e pensare di uscire dalla crisi?

“I mercati azionari sono un termometro dell’economia e indicano la profittabilità attesa delle aziende quotate e pertanto la capacità di fare profitto negli anni a venire. Solitamente la borsa anticipa di 12/18 mesi quello che accade all’economia reale: ci possiamo pertanto aspettare una rilevante contrazione dei fatturati aziendali, un aumento della disoccupazione, un crollo del gettito fiscale ed una sostanziale difficoltà degli Stati a supportare il proprio meccanismo di welfare sociale. Se nei prossimi due trimestri non si verificheranno eventi detonatori sui mercati finanziari e i grandi gruppi bancari europei riusciranno a superare gli stress test che li attendono, potremmo presumere un sensibile recupero del sentiment macroeconomico per la fine del 2010. Ci vorranno comunque tre anni prima di ritornare ad una situazione di equilibrio planetario, sia per quanto concerne le tensioni finanziarie che il ridimensionamento dei Pil dei rispettivi paesi coinvolti”.

Fonte:di Francesco Guazzolini- Realtà Industriale delle Marche - CONFINDUSTRIA PESARO URBINO: 

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