giovedì 14 maggio 2009

Straniero nella Valle dei Re - I faraoni ebrei dell’antico Egitto




di Ahmed Osman

Piu volte il sangue dei patriarchi di Israele si è mescolato con quello delle dinastie dei Faraoni

Quando capii che ero sul punto di risolvere un problema cui molti studiosi avevano invano consacrato le loro menti per più di un secolo, mi sembrò quasi un'ispirazione improvvisa, un inatteso istante di rivelazione. 
Si trattava di stabilire con certezza se uno dei principali personaggi biblici corrispondeva ad un'importante figura storica egizia. È un enigma cui ho dedicato 25 anni della mia vita. Fra l'altro, per compiere questa ricerca ho lasciato la mia terra natia, l'Egitto, e mi sono trasferito a Londra, allettato dalle migliori strutture che il Regno Unito offre per svolgere studi biblici e storici. 
Una fredda notte di quindici anni fa, non riuscendo a dormire, mi alzai dal letto, mi preparai del tè e mi accomodai davanti al caminetto per leggere, come facevo spesso, le storie della Bibbia. L'aprii nel punto del Libro della Genesi in cui è narrata la vita di Giuseppe il Patriarca. 
Nella Bibbia e nel Corano si afferma che il Patriarca Giuseppe fu venduto come schiavo in Egitto. Furono i suoi stessi fratelli a cederlo ad una carovana di mercanti, perché erano gelosi del fatto che Giuseppe fosse il figlio prediletto del loro padre Giacobbe. Un ufficiale egizio comprò il giovane ragazzo ebreo e lo nominò sovrintendente della sua casa ma, qualche tempo dopo, la padrona lo accusò ingiustamente di aver tentato di sedurla e Giuseppe fu mandato in prigione. Due anni più tardi, Giuseppe fu rimesso in libertà grazie al faraone che, a sua volta, lo nominò proprio ministro quando Giuseppe riuscì ad interpretare correttamente un suo sogno premonitore.

Padre del Faraone

A causa di una carestia nella terra di Canaan, i fratelli di Giuseppe si recarono in Egitto per acquistare del grano. Giuseppe riconobbe i figli di Giacobbe, quando arrivarono, ma loro non lo riconobbero, poiché oltre a mantenere segreta la sua identità egli si presentò abbigliato come un egiziano. La carestia a Canaan si protrasse a lungo e spinse i fratellastri di Giuseppe a tornare una seconda volta in Egitto. In quell'occasione, Giuseppe li invitò per un pasto a casa sua e, in un momento di grande commozione, svelò ai propri fratelli la sua vera identità. Questi ultimi si vergognarono di quello che avevano fatto, di averlo venduto come schiavo, ma lui disse loro di non sentirsi in colpa: "Perché Dio mi ha mandato davanti a voi per preservare la vita ed Egli mi ha reso padre del Faraone". 
"Padre del Faraone": fu quest'affermazione che mi turbò, quella notte. Ai funzionari egizi veniva solitamente dato il titolo di "Figlio del Faraone" ma "Padre del Faraone" era un titolo raro e solo poche persone potevano fregiarsene. 
Immediatamente mi venne in mente il nome di Yuya. 
Yuya fu ministro e comandante delle armate su cocchio del faraone Amenothep III (c.ca 1405 - 1367 a.C.) della XVIII dinastia. Fra i suoi vari titoli, Yuya ne aveva uno che apparteneva solo a lui "it ntr n nb tawi" ovvero "sacro padre del Signore delle Due Terre", il titolo formale del faraone. 
Il motivo per cui Yuya ricevette questo titolo eccezionale fu che il re Amenothep III sposò sua figlia Tiye, che ne divenne la consorte più illustre, la Regina d'Egitto. Per questa stessa ragione Yuya divenne il nonno, per parte materna, del re monoteista Akhenaton. 
Giuseppe il Patriarca e Yuya il Vizir sono gli unici cui sia stato applicato questo potente titolo: "Padre del Faraone". Potevano essere la stessa persona?

Un ebreo nella Valle dei Re

La tomba di Yuya e di sua moglie Tuya fu scoperta nel 1905, tre anni dopo che Theodore M. Davis aveva ottenuto la concessione per condurre degli scavi nella Valle dei Re. Il luogo in cui si trovava la tomba (l'unico sepolcro egiziano trovato pressoché intatto, almeno fino alla scoperta della tomba di Tutankhamon, avvenuta diciassette anni più tardi) causò non poco stupore. Davis fornì il denaro, mentre l'effettivo lavoro di scavo fu compiuto da archeologi britannici. Nella Valle dei Re si trova una stretta vallata laterale, lunga circa 800 metri, che conduce sulla cima del monte. Nel 1904, otto giorni prima di Natale, James Quibell iniziò ad esaminare questa valle laterale. Un mese più tardi decise di far spostare nuovamente gli operai all'imboccatura della vallata: entro il 1° di febbraio avevano già riportato alla luce la sommità di una porta sigillata che chiudeva una scalinata e, nel giro di alcuni giorni, Davis ed il suo gruppo furono in grado di entrare nella tomba, nella quale trovarono i sarcofagi e le mummie di Yuya e di sua moglie Tuya. Sebbene sia Yuya che sua moglie fossero personaggi noti nella storia egiziana, non erano considerati particolarmente importanti dagli studiosi. E, per quanto se ne sapeva, nessuno di loro aveva sangue reale, come sarebbe stato logico aspettarsi, dato che godevano del privilegio di una sepoltura nella Valle dei Re. Per quale motivo dei nobili avevano potuto godere del privilegio riservato solo ai faraoni?
Le prove che, infine, riuscii a trovare mi convinsero che Giuseppe, il figlio di Giacobbe, e Yuya, il ministro egiziano, erano la stessa persona.
Oltre a condividere l'eccezionale titolo di "Padre del Faraone", sia Giuseppe che Yuya erano stranieri in Egitto. Molti studiosi hanno fatto commenti sull'aspetto straniero di Yuya. Ad esempio, Arthur Wigall, uno degli archeologi coinvolti nella scoperta della tomba di Yuya, scrisse: "Fu una persona di grande autorevolezza...ha il volto di un ecclesiastico e qualcosa nell'aspetto della sua bocca mi ricorda l'espressione di Papa Leone III". Henry Naville, l'egittologo svizzero, espresse l'opinione che: "il profilo molto aquilino di Yuya poteva essere semita". Anche le difficoltà incontrate dagli scribi per vergare il suo nome supportano l'origine straniera di Yuya. Sul suo sarcofago, sulle tre bare e sul resto del corredo funebre si trovarono 11 differenti modi di scrivere il suo nome. 
I nomi egiziani, solitamente, indicavano il nome della divinità sotto la cui protezione era stata posta la persona: Ra-mos, Ptah-hotep, Tutankh-amon e così via. Sembra, quindi, che gli Egizi gli abbiano dato un nome derivato da quello del suo Dio, Yhwh (Jehovah) ed è ciò che gli scribi tentarono di scrivere, in diverse versioni ortografiche che comprendevano: Ya-a, Yi-ja e Yu-i. Anche il modo in cui Yuya fu sepolto indica che non si trattava di un Egiziano. Le sue orecchie non erano forate - a differenza di quelle della maggior parte delle mummie della XVIII dinastia, l'epoca in cui Yuya rese servizio, prima sotto Tuthmosis IV e poi sotto suo figlio, Amenothep III - e la posizione delle sue mani, rivolte verso il collo, sotto il mento, è diversa dal tradizionale "atteggiamento di Osiride", nel quale le mani del morto sono incrociate sopra il petto.
Grafton Elliot Smith, l'anatomo-patologo britannico che esaminò la mummia di Yuya nel 1905, sollevò la questione del suo aspetto non egiziano. Nel suo rapporto Smith scrisse: "Il suo volto è relativamente corto ed ellittico…il naso è prominente, aquilino e sollevato…le labbra sembrano piuttosto piene. La mandibola è moderatamente squadrata…quando siamo giunti ad indagare sui caratteri razziali del corpo di Yuya, abbiamo trovato molto poco cui appigliarci quale chiara indicazione delle sue origini ed affinità…la forma del volto (e soprattutto del naso) sono del genere che si trova più comunemente in Europa, piuttosto che in Egitto". 
Il re diede a Giuseppe anche una moglie egizia ed un nome egiziano, il primo elemento del quale è "sef". 
Manetho, uno storico egizio che durante il III secolo a.C. scrisse la storia del suo paese per Tolomeo I, menziona il fatto che uno dei ministri di Amenothep III si chiamava proprio "Sef". Sembra che il nome "Jo-Sef" o "Yo-Sef", in ebraico, e "Yu-Sef", in arabo, fosse composto da due elementi: l'ebraico "Yu", che è un'abbreviazione di Yahweh, e l'egiziano "Sef".

Oggetti nella tomba 

Nel resoconto biblico su Giuseppe il Patriarca si narra che, quando fu nominato ministro, egli ricevette tre oggetti dal faraone, quali insegne del suo incarico: un anello, una catena d'oro ed un cocchio. Nella tomba di Yuya sono stati trovati anche questi tre oggetti. L'anello reale, in verità, era scomparso dalla tomba di Yuya, ma rimangono prove scritte che dimostrano che Yuya era il possessore dell'anello del re. Questo si evince chiaramente dai titoli di Yuya: "possessore del sigillo del re del Basso Egitto" e "possessore dell'anello del re del Basso Egitto". Un altro ritrovamento significativo avvenuto nella tomba è quello di una catena d'oro caduta all'interno del sarcofago di Yuya, sotto la testa della mummia, quando i ladri tagliarono il filo che la teneva ferma al suo posto. Nella tomba è stato scoperto anche un piccolo cocchio.
Riguardo la morte e la sepoltura di Giuseppe, il Libro della Genesi riferisce che morì all'età di 110 anni: "Lo imbalsamarono e lo posero in un sarcofago, in Egitto". 
A partire dal 1865, però, quando lo studioso britannico Charles W. Goodwin suggerì che l'età di Giuseppe indicata dal narratore biblico non era reale ma rispecchiava semplicemente una tradizione egiziana, questa idea si è consolidata sempre più fra gli egittologi. 
Sir Grafton Elliott Smith, l'anatomo-patologo che esaminò la mummia di Yuya dopo il suo ritrovamento, scrisse nel suo rapporto che Yuya non aveva meno di sessant'anni, al momento della sua morte. Smith non era in grado, basandosi solo sull'aspetto del volto, di giudicare l'età esatta ma Henry Naville, che tradusse la copia di Yuya del "Libro dei Morti", scrisse nel suo successivo commento che: "…l'artista intendeva indicare che, quando morì, Iouiya (Yuya) era un uomo molto anziano, quindi lo descrisse così". 
Tali apparenti discrepanze riguardo l'età si spiegano facilmente. Poiché all'epoca la durata media della vita era di soli 35 anni, gli antichi Egizi ritenevano che un'età avanzata fosse segno di saggezza e coloro che raggiungevano un'età avanzata erano considerati delle persone sacre. 
Sia Giuseppe che Yuya erano considerati saggi dal faraone. Di Giuseppe egli disse: "Nessuno è discreto e saggio quanto te". Yuya è descritto nel suo papiro funebre come "L'unico saggio che ami il suo Dio". 
Tradizionalmente, l'età che gli Egizi attribuivano agli uomini che vivevano abbastanza da divenire saggi era di 110 anni, indipendentemente dalla loro età effettiva (un'età legata al valore simbolico del numero 11, sinonimo di Forza e Saggezza N.d.R.). Anche di Amenhotep, figlio di Habu, un mago egizio del tempo di Yuya, si disse che era vissuto fino all'età di 110 anni, sebbene le più recenti informazioni in nostro possesso gli assegnino un'età di circa 80 anni.

La città dalle molte porte 

Non è unicamente il confronto tra il racconto della vita di Giuseppe il Patriarca contenuto nell'Antico Testamento e gli annali storici egiziani ad indicare che Giuseppe e Yuya erano la stessa persona. Secondo il Corano, prima del loro secondo viaggio in Egitto i fratellastri di Giuseppe ricevettero un consiglio da loro padre Giacobbe: "Oh, figli miei! Non entrate tutti dalla medesima porta: entrate da porte differenti…"
Questo consiglio indica che la città che visitarono nelle loro missioni commerciali aveva molte porte e quindi poteva essere Menfi, la sede della residenza reale a sud delle piramidi di Giza, oppure Tebe, sulla sponda orientale del Nilo. 
Nelle tradizioni ebraiche troviamo la stessa storia: "I suoi fratelli, temendo l'occhio malvagio, entrarono in città da dieci diverse porte" (Midrash Bereshith Rabbah 89). Poiché è scritto che Giacobbe espresse la sua preoccupazione prima che i suoi figli partissero per la loro seconda missione, è ragionevole supporre che egli sentì parlare delle caratteristiche di Tebe in occasione del ritorno dal loro primo viaggio. 
Tebe era nota in tutto il mondo antico come "la città dalle molte porte" ed il poeta greco Omero la menzionò, intorno all'VIII secolo a.C. chiamandola "la città dalle cento porte". Questi non erano riferimenti a porte che si aprivano su di una profusione di mura intorno alla città, bensì agli ingressi dei suoi molti templi e palazzi. 

L'epoca di Yuya e Giuseppe 

Poiché il nome del faraone che scelse Giuseppe come suo ministro non è riportato nei libri sacri, gli studiosi hanno cercato altri dettagli nella storia di Giuseppe, per tentare di stabilire l'epoca dei fatti. Essi notarono che i "cocchi" erano nominati tre volte nel Libro della Genesi: quando lo nominò suo ministro, il faraone regalò a Giuseppe un cocchio. Poi, Giuseppe usò un cocchio per uscire ad accogliere suo padre Giacobbe ed il resto della tribù d'Israele, quando arrivarono in Egitto. Infine, quando gli Ebrei andarono a seppellire il loro padre Giacobbe a Canaan, Giuseppe prese con sé "sia cocchi sia cavalieri". Il resoconto biblico della nomina di Giuseppe al suo alto incarico afferma che il faraone gli fornì un altro cocchio da corsa. Ciò suggerisce che egli fosse responsabile delle armate su cocchio, un'idea supportata anche dal ritrovamento del cocchio custodito nella tomba di Yuya. 
Nell'antico Egitto, come altrove, era usanza collocare nella tomba oggetti che avevano avuto un significato speciale nella vita della persona deceduta. I primi archeologi, tuttavia, furono tratti in inganno quando tentarono di stabilire l'epoca in cui visse Giuseppe, alla luce di questa nuova informazione. 
Fino a dieci o vent'anni or sono, infatti, si credeva che i primi ad introdurre l'uso del cocchio in Egitto fossero stati i sovrani Hyksos, i quali governarono l'Egitto per circa un secolo e mezzo, prima che i reggenti della XVIII dinastia li scacciassero. Poiché gli Hyksos stessi erano di origine canaanita, risultò ovvio collocare Giuseppe l'ebreo nel periodo del loro dominio in Egitto. Tuttavia, ormai sono stati condotti degli scavi in tutti gli insediamenti Hyksos presenti sul delta orientale del Nilo ed in nessuno di essi sono stati trovati resti di cocchi né, tantomeno, riferimenti scritti o disegnati ad essi. Pertanto, è oggi un fatto generalmente accreditato che furono proprio i re egiziani della XVIII dinastia i primi ad introdurre l'uso del cocchio. 
Si è anche stabilito che fu solo verso la fine della XVIII dinastia, l'epoca in cui visse Yuya, che le armate su cocchio furono considerate come una milizia separata e distinta dalla fanteria e Yuya, in qualità di primo ministro di Amenhotep III, è la prima persona a noi nota che ricevette i titoli di Deputato di sua Maestà per le Armate su Cocchio, oltre che Ufficiale della Cavalleria.

Una mummia incompresa

L'identificazione di Yuya con il Giuseppe biblico ci permette una serie di considerazioni. Nel Libro della Genesi, l'ultima parte della storia di Giuseppe afferma che quando Giuseppe morì: "lo imbalsamarono e fu collocato in un sarcofago in Egitto". 
Basta guardare la mummia di Yuya, ora conservata nel Museo del Cairo, per convincersi che si tratta proprio della mummia di Giuseppe. Stabilire che Yuya era effettivamente Giuseppe il Patriarca e sapere esattamente in che periodo visse ha portato all'identificazione di una schiera di altri personaggi biblici quali personaggi storici egizi, compreso David, dalla cui casata sarebbero nati il Messia promesso, Salomone, Mosè ed il vero fondatore delle dodici tribù d'Israele. 
L'Antico Testamento ci fornisce due versioni contrastanti sulla durata del soggiorno ebraico in Egitto: quattrocento anni o quattro generazioni. Quale di queste sia quella esatta è stato argomento di considerevole dibattito tra gli studiosi. Tuttavia, una volta chiarita l'identità di Yuya e di queste altre figure storiche, è divenuto evidente che la durata esatta del soggiorno in Egitto fu di quattro generazioni, cioè non più di cento anni. 
Se il Visir Yuya ed il biblico Giuseppe dalla veste multicolore, come credo e affermo nel mio libro "Stranger in the Valley of the Kings" (Freethought Press, 1987 - che verrà presto pubblicato in Italia dalla Newton & Compton), sono davvero la medesima persona, ciò getta nuova luce sull'improvvisa comparsa del monoteismo in Egitto durante il regno della regina Tiye e di suo figlio Akhenaton. 
In quest'ultimo secolo, dal momento della scoperta della sua tomba, il personaggio di Yuya è stato, in gran parte, dimenticato. Oggi la sua mummia, la cui importanza storica e religiosa è assolutamente incompresa, giace nascosta in una solitaria cassa di legno fuori dalla vista dei visitatori, in un angolo del primo piano del Museo del Cairo, paradossalmente dominato dalla colossale statua di sua figlia Tiye che siede accanto al faraone Amenhotep III. Io gli ho fatto visita, in una sorta di simbolico pellegrinaggio, non appena mi sono convinto di averlo correttamente identificato come il biblico Giuseppe il Patriarca, che ebbe un ruolo essenziale nel condurre gli Ebrei da Canaan fino a stabilirsi in Egitto.

Fonte: srs di Ahmed Osman,  da  I faraoni ebrei dell’antico Egitto

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