mercoledì 25 novembre 2009

Il declino della lingua italiana





La lingua italiana  ... sembra avviarsi verso l’anarchia da quando la rivoluzione culturale del 68 ha decretato la fine di un sistema didattico mirante alla conservazione di una corretta uniformità linguistica nel nostro paese, basata su rigide regole grammaticali e di sintassi.

Può succedere che non si abbia mai avuto voglia di indagare su lacune grammaticali o di semplice punteggiatura che ci trasciniamo dall’infanzia cosi, dopo esserci laureati e magari diventati personaggi pubblici di un certo “spessore”, possa uscirci un “ci azzecca” scritto “c’azzecca” che ovviamente si pronuncia “cazzecca”, come pure c’ha si pronuncia “ca”.

Questo perchè ci è stato insegnato che l’apostrofo indica una “elisione”, cioè il taglio (mancanza) di almeno una vocale per rendere la pronuncia più scorrevole, solo che non ricordiamo che con la “c” non si può fare con tutte le vocali ma solo con quelle a pronuncia dolce (“i” ed “e”) altrimenti si avrebbe anche “c’umilia” e “c’odia”, inoltre va ricordato che l’apostrofo non è una regola ma una opzione (o un’opzione) e che non va abusata come in “un asino” (al maschile non c’è nulla da tagliare), “un’asina” (taglia la “a” di “una”)
Un caso a sè  è,   “un po’ ”   in cui non viene tagliata una sola vocale ma un’intera sillaba da “un poco” (è sbagliato usare un accento al posto dell’apostrofo).

Gli accenti sembrano un altro incomprensibile mistero ma servono solo per distinguere sia la fonetica che il diverso significato della stessa parola.

In italiano, normalmente, l’accento cade sulla penultima vocale per cui di regola viene omesso. Prendiamo un caso tipico:
“Capitano” = grado gerarchico militare.
“Capitano” = 3 persona plurale pres. ind. del verbo “capitare”
“Capitanò” = 3 persona singolare, passato remoto, del verbo “capitanare”.

Generalmente i monosillabi non vanno accentati se non per distinguerli da un possibile diverso significato come in questi esempi:
“e” congiunzione (io e te) / “è” verbo “essere” 3°pers. sing.
“la” articolo (la mamma) / “là” avverbio (là in mezzo al mare)
“do” nota musicale / “dò” verbo “dare” 1°p.s
“fa” nota musicale / “fà” verbo “fare” 3°p.s
“da” prep. semplice / “dà” verbo “dare” 3°p.s
“li” articolo e pronome / “lì” avv. di luogo (sono lì)

Non vanno accentati tutti i monosillabi che non possono avere un altro significato e che non possono essere pronunciati in modo diverso come: “qui”, “quo”.  “qua”, “su”

C'è infine  l’H  che distingue il verbo da altri significati:
“ho”, “ha”, “hanno”  da: “o”, “a”, “anno”

Sono disponibile (con discrezione) in mail o in MP per chi avesse dubbi sulla nostra lingua

Fonte: srs Italo 1942  da Rimini,  all’ ITI di Fermo. /Forum Bar Eden


Della serie: quando i periti industriali di una volta  valevano di più degli ingegneri di adesso e conoscevano  l’italiano meglio dei professori di oggi. 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Condivido tutto, ma non che si possa accentare la terza persona singolare del presente indicativo del verbo fare. Non fà, dunque, ma correttamente: fa