sabato 8 maggio 2010

L’eruzione di Thera (Santorini ) e le piaghe d’Egitto


La peste quinta piaga d'Egitto

Nel diciassettesimo secolo a.C. (circa nel 1600 a.C.)  il  Mar Egeo è stato lo scenario di un evento catastrofico, forse una delle più grandi prove di forza che madre natura ha fatto sperimentare, sul nostro pianeta, alla civiltà umana.
L’eruzione vulcanica dell'isola di Thera (Santorini). Un’eruzione  che alla fine  portò alla disintegrazione  di metà dell’isola ed innescò un'onda di tsunami che non solo irruppe sulle isole più vicine (l'arcipelago delle Cicladi), ma fece sentire la sua pesante devastazione sulle  coste africane libiche, palestinesi e naturalmente, sul delta del Nilo.
Non esistono documenti scritti che narrano l'evento, ma proprio questo silenzio collettivo su un evento così straordinario, qual è stata l'esplosione di Thera, è esso stesso una prova schiacciante: come infatti non pensare che la mancanza assoluta di racconti sull'accaduto non sia essa stessa il muto racconto di uno sconvolgimento epocale, di un repentino e radicale ritorno a civiltà meno evolute, incapaci di raccontarsi  e di raccontare?

Recenti test con il radiocarbonio, hanno dimostrato che Thera esplose tra il 1600 a.C. e il 1627 a.C.
Gli effetti devastanti del cataclisma ricaddero pesantemente sull’Egitto: l’oscuramento dei cieli  le piogge di ceneri vulcaniche terrorizzarono gli egizi, che lessero in tutto ciò una punizione divina. Questo era già accaduto una volta, quando, secondo le credenze egizie, la dea  Sekhmet  aveva cercato di annientare la razza umana.

In quest’ottica le leggendarie piaghe d’Egitto, che Mosè scatenò contro il faraone, assumono un nuovo spessore.

É giusto dire che la Bibbia non fornisce la data esatta degli eventi che videro protagonista Mosè. Ma tutto ciò avvenne all’epoca della distruzione di Thera.
Gli effetti dell’eruzione mostrano una somiglianza impressionante con le piaghe d’Egitto.

L’energia liberata da questa esplosione è stata immensa, pari a 6000 testate termonucleari.
Restando in tema di esplosioni vulcaniche, quella del Krakatoa, avvenuta nel 1886 vicino a Sumatra, che provocò l’oscuramento totale della luce del sole per una settimana  fino ad oltre ottocento chilometri di distanza, era sei volte meno potente di quella di Thera.

Si parla di tenebre, acque del Nilo trasformate in sangue, ulcere e grandine. Ebbene, l’esplosione di Thera produsse una nuvola di ceneri che oscurò la luce del sole.
Le polveri dell’eruzione altamente velenose, assieme alle  varie tonnellate  di ossidi di ferro, una volta precipitati al suolo e disciolte nelle acque del Nilo, non potevano che fare stragi immediate di pesci (Es 7, 20-21),  colorando contemporaneamente l’acqua di ruggine rossa  (Il Nilo tramutato in sangue).
Quando si schiusero le uova delle rane, nelle  acque già ripulite dalla corrente, i girini, non essendoci più pesci  predatori, furono liberi di arrivare a maturazione diventando  rane adulte, invadendo tutte le terre circostanti, come fedelmente riportato dalla Bibbia (Es 8,2 ).
La Bibbia parla di ulcere  che colpirono  le persone e di moria di bestiame (Es 9, 6-12).
Quando esplose il vulcano Mount Saint Helens in America,  nel 1980, centinaia di persone furono ricoverate negli ospedali  di Tacoma e Seattle, per eritemi e ulcerazione dovute al contatto con le polveri acide prodotte dal vulcano, mentre una gran quantità  di bestiame fu trovata morta a causa delle polveri tossiche inalate.

E’  interessante e significativo che la Bibbia parli proprio di “fuliggine di fornace” come causa delle ulcere alla popolazione, solo che l’origine viene attribuita a Mosè,  il quale ne avrebbe lanciato una manciata in aria.
Studiando poi la distribuzione dei campioni di pomice, prelevati dal fondo marino, gli scienziati hanno rilevato la direzione di quella terribile nuvola vulcanica.
Partita da Thera, arrivò in Egitto e lo percorse, arrivando fino a Thebe, nell’Alto Egitto, ma senza passare sopra il delta  orientale del Nilo. Salvando in questo modo sia le regioni abitate dagli ebrei  che la città di Eliopoli. (Bisogna ricordarsi allora che il faraone di stirpe egizia era confinato  nell’Alto Egitto, perchè tutto il  Basso Egitto era sotto la dominazione degli Hyksos  e dei suoi re-faraoni).

In Es 9, 24 si legge: ”Vi fu grandine, ed anche fuoco che si accendeva in mezzo alla grandine”; più avanti versetto 26: “Soltanto nel paese di Goshen, dove stavano i figli di Israele, non vi fu grandine”.

L’invasione, inoltre, di mosconi, di zanzare e cavallette, non è altro che la logica conseguenza di questo disastro ambientale e biologico.

Chiaramente tutto questo non durò qualche giorno, ma mesi.

La  paura  ed il terrore regnavano ovunque: le preghiere e le offerte non placavano l’ira degli dei. Le maggiori divinità del nord Africa, dell’Egitto e della terra di Canaam, gli  dei  Sekhmet, Bahhal- Aammon, Tanit, Ashtarte, Sept, erano insensibili al grido di dolore che si levava dai vari popoli.
Appariva inevitabile che le divinità avessero di mira l’eccidio di tutta la popolazione. Non si poteva più indugiare; si doveva offrire quello che di più caro e prezioso si potesse avere: la vita dei propri figli primogeniti.
Di solito bastava sostituire i fanciulli con una bestia viva (pecore agnelli), ma questa volta pareva non bastare.
I figli vennero  divinizzati, per creare in questo modo il legame diretto con le divinità,  e di seguito sacrificati, in presenza, dei parenti delle vittime, ai quali, davanti all’altare era severamente vietato esternare i proprio dolore, perchè lacrime e gemiti avrebbero sminuito il sacrificio. I bambini posti, sulle braccia di un idolo cavo di bronzo, rotolavano all’interno dove ardeva il fuoco sacrificale.
Tutto il medio oriente era diventato un immenso tophet.
Nemmeno il faraone (di stipe Hyksos)  aveva potuto sottrarsi al sacrificio. (Non bisogna dimenticare che  nelle popolazioni Hyksos la pratica dei sacrifici umani era una prassi molto comune:  Abramo non si è fatto molti scrupoli  nel dover sacrificare Isacco)

Diodoro Siculo, lo storico di Agira, ricorda un particolare di questi sacrifici.
A Cartagine alcune famiglie avevano provveduto a sostituire i propri figli, con figli comprati da famiglie miserabili o relitte.
Il governo di Cartagine, venutolo a sapere, ordinò per redimere l’anatema compiuto, il sacrificio di 200  bambini appartenenti tutti alle famiglie più nobili della città.

Silvio Italico, nel libro IV° della sua epopea, riferisce che il governo di Cartagine decise di sacrificare il figlio di Annibale. La moglie del condottiero, Imilce, di sangue spagnola, si oppose all'atroce decisione e ottenne dal Consiglio una sospensione del sacrificio per poter informare il marito.
Annibale rifiutò di immolare il proprio figlio e, al suo posto, giurò di sacrificare migliaia di nemici.
 E di sicuro ha mantenuto la parola



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