giovedì 8 luglio 2010

Verona: Nel giallo delle selci blu ora entra anche il RIS


All’assessore Erminia Perbellini vengono mostrate le selci che hanno preso il colore blu. (FOTO MARCHIORI) 


L’assessore alla Cultura Perbellini, in sopralluogo all’Arsenale, replica alle accuse di incuria:  «I reperti conservati in modo ottimale».  Ma a chiarire il mistero sono stati chiamati i carabinieri del nucleo scientifico

Reperti archeologici accatastati ad ammuffire in scantinati semidiroccati? «Falsità che offendono prima di tutto chi lavora alla conservazione di un patrimonio di enorme valore». L’assessore alla Cultura Erminia Perbellini replica piccata alle accuse piovute dal maggiore quotidiano italiano. E nel pomeriggio, a sorpresa, apre le porte a giornalisti e fotografi dei locali dell’ex palazzina comando dell’Arsenale, dove sono depositati centinaia di migliaia di resti.

«Non mi arrabbio quasi mai, ma di fronte a certe affermazioni non posso non indignarmi» esclama l’assessore. Sulla sua scrivania è aperto a pagina 23 il Corriere della Sera, con un articolo di fuoco, a firma Gian Antonio Stella, iniziato in prima pagina. Il titolo non lascia spazio a dubbi: «La preistoria finita in magazzino». Vi si descrive un «panorama indecoroso». Una situazione, a detta del quotidiano milanese, nata dalla vendita e successivo sgombero dei palazzi storici, Castel San Pietro e palazzo Gobetti in cui gli antichi reperti erano conservati. «Un panorama indecoroso. Che insulta», scrive Stella, «la ricchezza del nostro patrimonio e ci espone al sarcasmo di tutti quei musei del mondo che farebbero pazzie per avere una fetta di questa nostra torta lasciata andare a male». Il riferimento è alle centinaia di selci che misteriosamente hanno assunto un colore bluastro dopo il trasloco. Un vero e proprio giallo. Tanto che Comune e Soprintendenza, dopo aver messo all’opera i laboratori delle università di Trento e Firenze, hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale, che potranno avvalersi delle sofisticate attrezzature del Ris di Parma.

«Il fatto più curioso», osserva Nicoletta Martinelli, tecnico della sezione preistoria del Museo di storia naturale, «è la rapidità del fenomeno, visto che nel giugno del 2009 non presentavano alcuna anomalia. Ci risulta che sia il primo caso al mondo e la cosa è tanto più strana in quanto le selci sono il tipo di reperti che danno meno preoccupazioni... siamo davanti ad un inedito problema di conservazione che diventerà oggetto di interesse scientifico». L’assessore allarga le braccia. «Perché ci siamo rivolti ai carabinieri? In questi casi non bisogna scartare nessuna ipotesi». Neppure che il danneggiamento sia stato intenzionale, quindi. Le analisi di laboratorio hanno trovato tracce di idrocarburi. Ma le stanze in cui sono conservati i reperti sono protette da sistemi di allarme i cui codici di accesso sono in possesso solo dei responsabili del museo.

Angelo Brugnoli, responsabile dei servizi del Museo di storia naturale, mostra le tre grandi stanze al piano terra dedicate alla preistoria, alla geologia e paleontologia e alla zoologia. I locali con i materiali biologici sono climatizzati per mantenere costante la temperatura. I pezzi sono collocati in scaffali, armadi e speciali contenitori ermeticamente chiusi, attrezzature costate circa 100mila euro. Al piano superiore, dove si trovano anche gli uffici, il tecnico responsabile della sezione botanica Francesco Di Carlo mostra le teche contenenti 260mila campioni. «Il primo erbario per importanza in Italia a livello di musei civici», sottolinea. Per eliminare parassiti e larve che li distruggerebbero in poco tempo, a rotazione i vegetali vengono messi in freezer a meno 40 gradi. Allo stesso piano ci sono anche le collezioni preistoriche risalenti a ritrovamenti degli ultimi decenni. C’è anche uno scheletro recuperato nella necropoli di Franzine Nuove, dell’Età del bronzo. «Tutto materiale già elencato e catalogato che con il trasloco abbiamo sottoposto a verifica e revisione» fa sapere Nicoletta Martinelli.

«Il materiale ora esposto al palazzo Pompei è di un migliaio di pezzi, solo una minima parte dei circa 2,5 milioni, insetti compresi, che possediamo e che sono a disposizione degli studiosi» spiega Brugnoli. Molti scaffali sono vuoti. «Alla faccia di chi parla di materiali accatastati», si scalda l’assessore Perbellini, «come vedete qui ci sono spazi ancora disponibili, perché vogliamo diventare attrattori di nuove collezioni».
Va bene, ma se il Comune è intenzionato a vendere anche lo storico Palazzo Pompei, dove sarà trasferito il museo? L’assessore non si sbilancia, ma l’ipotesi Arsenale, che ora ospita il deposito, sembra per ora accantonato. Per il restauro dell’edificio servirebbero almeno 80 milioni di euro e questi sono tempi di vacche magre. «È da almeno 35 anni che si dice che l’attuale sede si trova in una posizione infelice, servirebbe un’area comoda per i pullman, magari con la possibilità di costruire un acquario e un planetario, la palazzina dell’Arsenale la vedo più adatta ad un ampliamento degli spazi del museo di Castelvecchio, un’idea potrebbe essere il nuovo Polo culturale della Fondazione Cariverona degli ex Magazzini generali. È un’ipotesi, ma l’unica cosa certa è che non intendiamo smantellare un bel niente, checché se ne dica...».
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Fonte: srs di Enrico Santi,   da L’arena di Verona di l Mercoledì 07 Luglio 2010, CRONACA, pagina 10
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Verona. Per le selci  blu, intervengono i Ris « L’ordine è di fare chiarezza»

Gli esperti mostrano una selce blu all’assessore Perbellini (a sinistra)

Ieri l’incontro per discutere del mistero dei reperti divenuti azzurri.
Tinè: analisi anche sugli oggetti preistorici all’ex Arsenale

VERONA - Sarà il Reparto di Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri a risolvere il giallo delle selci blu. Un mistero che sta diventando un caso scientifico.

A spiegarlo è il Soprintendente ai Beni Archeologici del Veneto Vincenzo Tinè reduce da un incontro congiunto ieri pomeriggio tra Soprintendenza, Comune di Verona, direzione e funzionari del Museo di Storia Naturale.
Obiettivo: «Avere quante più risposte scientifiche possibili sul fenomeno in modo da poter incrociare i dati» spiega Tine.

Bocche cucite in Comune,  con l’Assessore alla Cultura Erminia Perbellini che si limita a constatare la necessità «di fare in tutti i modi chiarezza, per capire i tempi, le modalità e le cause nelle quali abbia preso origine il fenomeno del viraggio cromatico che ha riguardato una parte importante del nostro patrimonio verso il quale abbiamo il dovere di tutela».

Dopo la scoperta delle selci preistoriche diventate blu a febbraio, con la denuncia del fenomeno da parte di Laura Longo, conservatrice del dipartimento museale a cui fa capo il materiale che da circa tre anni si trova in un locale dell’ex Arsenale (materiale in parte di pertinenza comunale e in parte statale), risale a maggio l'ispezione richiesta dalla Commissione Cultura del Comune. Dai due laboratori di analisi coinvolti, uno legato all’Università di Padova e uno a Firenze, esiti non proprio concordi:  per entrambi la causa del viraggio sta nella presenza di  idrocarburi, ma quello di Firenze ipotizza l’intenzionalità del «contagio».
Intenzionalità da sempre esclusa con decisione da parte del soprintendente Vincenzo Tinè che nei giorni scorsi aveva auspicato un chiarimento soprattutto su eventuali responsabilità.
Ora Tinè esclude sia dolo che responsabilità: «Al museo va restituita dignità e riconosciuta la serietà del suo lavoro. il fenomeno si è sviluppato in tempi rapidi e tutto ciò che si doveva è stato fatto».

Tine spiega ancora che «ieri, di comune accordo con l’assessore  Perbellini, è stata presa la decisione di allargare lo spettro delle analisi, sia agli altri oggetti preistorici conservati nel medesimo ambiente, anche quelli che non hanno subito il viraggio, sia coinvolgendo altri enti per le analisi ambientali. Oltre al laboratorio Spisal dell’UsI del Veneto già ingaggiato dal Comune, il Ministero vuole ingaggiarne dunque altri, tra cui il Ris dei Carabinieri».

Fonte: srs di Camilla Bertoni da Il Corriere della sera - cronaca di Verona di martedì 6 luglio 2010

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