lunedì 2 agosto 2010

Andrea Conti: Da un giovane una lezione di vita.

Andrea  Conti con la figlia Veronica

Paralizzato da un incidente ma pieno di gioia di vivere.  La bontà da premiare di un atleta mancato

Cerro Veronese. Il fisico atletico, una faccia cordiale che invita alla confidenza. Una buona dose  di autoironia e, soprattutto, la capacità di sdrammatizzare sempre.
Sulla sedia a rotelle, che da tre anni è diventata il suo posto di comando, un adesivo spiritoso: "la bestemmia, gira gira, casca in testa a chi la tira". Un modo per dire che ad arrabbiarsi non si risolve nulla. L'importante è avere delle ragioni e degli ideali con i quali far fronte alle emergenze della vita. E quella di Andrea Conti, come vedremo, è qualcosa di più di un' emergenza.
Già da bambino, Andrea è nato nel 1970, dimostra doti atletiche non comuni. Si impegna nel podismo e nell' atletica leggera. A Cerro, il paese dove è nato e dove risiede, lo chiamano il "Cova veronese".
Il futuro è carico di promesse: primo nei campionati provinciali studenteschi, 4° in quelli assoluti del Veneto, un'azienda veronese che lo sponsorizza e che lo porta in una grande "scuderia", insieme a Gelindo Bordin.  Lo sport sembra essere la nota emergente della vita di Andrea. 
D'estate, libero dagli impegni scolastici, fa il guardiano ai campi da tennis: tra un impegno e l'altro, una partita di allenamento e l'opportunità di essere sempre dentro al giro. Ed è proprio andando al suo lavoro estivo che Andrea resterà segnato per sempre. Un banale incidente in motorino.
Rimane immobile sull'asfalto: sente che il suo corpo non risponde più. È perfettamente lucido e già intuisce quella che sarà la diagnosi tremenda e inappellabile: rottura della settima vertebra cervicale.
Per sei mesi si rifiuterà di cedere alla ragione: con ogni mezzo cerca di sperare contro le ragioni senza speranza della realtà. Poi una rassegnazione lucida e la ricerca di ripensare e riorganizzare il proprio futuro, con modalità diverse da prima. Lo aiuterà moltissimo, in questo lavoro di recupero, la presenza della fede. Ma non è una fede compensatoria, ci dice Andrea. Credevo anche prima dell'incidente che mi ha immobilizzato. Caso mai, questa fede, si è acuita e ha cercato nella Bibbia altre risposte alla situazione che si era venuta verificando. La risposta completa si ha con il ritorno a scuola, al "Pasoli", dove frequenta la quarta ragioneria. "È stata per me una grande testimonianza di solidarietà. Per due anni, quasi una gara, da parte della mia famiglia, della gente di Cerro e dei miei compagni di scuola, oltre che degli insegnanti".
Andrea è  rimasto un vulcano di iniziative, un ragazzo pieno di interessi e di stimoli, a conferma di una sportività che parte prima dalla mente che dai muscoli. Lo abbiamo incontrato in prossimità del Natale, perchè quello che sta scrivendo con il suo modo di vivere e di interpretare la vita, è una pagina di cronaca, ma anche di speranza, che interessa tutti. Il suo è un inno alla vita e una lezione.

- Andrea, quali sono le ragioni che ti spingono ad andare avanti, in una situazione così difficile?

«Dio! Lui, senza dubbio. In Gesù Cristo e nel messaggio della Bibbia ho sempre trovato la risposta ai problemi che andavano sorgendo. Quando sono tornato dall'ospedale, dopo l'incidente, ho letto, in due mesi e in modo sistematico, tutta la Bibbia... Mi sono fermato soprattutto sul libro di Giobbe. La sua vicenda ha delle similitudini con la mia. Ebbene c'è in questo libro una frase che si è impressa nella mia vita come una coscienza: "...se da Dio accettiamo il bene, perchè non dovremmo accettare anche il male?". E poi ho cominciato a frequentare un gruppo di preghiera. Trovo inattese risorse da ogni incontro che facciamo».

- Quali sono i tuoi interessi, come riesci a passare il tempo?

«Ho trovato una grande passione, quella della musica e del canto. (Andrea ha composto un inno musicale per le manifestazioni sportive del palaghiaccio di Boscochiesanuova, oltre a brani musicali religiosi ndr). Eppoi l'immobilità mi ha portato a scrivere, a comporre poesie, a manifestare così il mio mondo interiore...».

- Andrea sappiamo che tu vai a fare degli spettacoli, dove ti esibisci cantando...

«Si è vero. Vado talvolta nelle case di riposo a portare un po' di allegria. È una gioia indescrivibile rendersi conto di aver fatto felice qualcuno. Ultimamente ho suonato e cantato nella casa di riposo delle Suore Canossiane a Poiano. Il loro volto, il loro grazie riconoscente, la coscienza di aver fatto qualcosa di utile sono gratificazioni indescrivibili. Vorrei, per il futuro che questo diventasse un modo per realizzare la mia esistenza. Dovrei... professionalizzarmi, trovare qualcuno che mi aiutasse a curare la voce... per offrire agli altri qualcosa di sempre migliore».

- Come vedi i giovani della tua generazione?

«Mancano un po' di ideali. Vivono alla giornata senza punti di riferimento capaci di orientare la loro vita. Anche a livello morale c'è un grande vuoto. Sembra che fatichino a distinguere ciò che fa crescere e ciò che fa male all'uomo. Forse la colpa non è neanche loro, ma di un mondo adulto che è stato poco maestro».

- Quali aspetti positivi vedi nel nostro tempo?

«C'è ancora molta gente buona. Basta guardarsi intorno. E poi c'è molta gente impegnata, nel volontariato, sul piano morale e religioso... E poi ci sono storie straordinarie di rinascita umana e morale. Persone allo sbando che hanno iniziato una nuova vita. L'uomo è una miniera di potenzialità, di ricchezza.  Quando lo credi arrivato al termine, può rinascere, ripartire da zero. Questo è frutto della grazia e dell' intelligenza. E questo è sorgente di grande speranza».

- Quali sono i tuoi obiettivi a breve scadenza?

«Magari trovare un lavoro. E poi, come dicevo prima, potermi rendere utile, per quello che posso fare».

- Andrea, un tuo augurio ai lettori di "Verona Fedele"...

«Tutto il bene possibile. Ma, soprattutto, vorrei invitare tutti a guardare i portatori di handicap senza compatimento. Che si accostino alla pari, stabilendo con loro rapporti corretti, come tra persone normali. Solo in questa maniera chi ha qualche limitazione potrà dare la parte migliore di se stesso. È un errore molto grosso quello di chiudere il portatore di handicap entro la gabbia di una compassiòne sentimentale e melliflua».

- ...e un tuo pensiero che ci faccia compagnia...

«È una frase che hanno insegnato anche a me. Deve diventare il motivo accompagnatore della nostra vita: "l'amore sia la realtà centrale della tua vita, il respiro che non ti lascia mi, anche quando tu non te ne accorgi"».

Fonte: srs di Mons. Bruno Fasani  da Verona Fedele del 22 dicembre 1991

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