giovedì 28 aprile 2011

Codex Sinaiticus



Datato alla meta’  del quarto secolo, conteneva in origine, sia il Nuovo che l'Antico, insieme alle epistole di Barnaba ed Il pastore di Hermas, tutti scritti in greco .
Ritrovato da Tischendorf nella biblioteca del monastero di Santa Caterina, sul Sinai, nel 1844 fu portato a San Pietroburgo.
Nel 1933 fu venduto al British Museum di Londra ove e’  attualmente conservato.

Fonte. Il tredicesimo apostolo




Codex Sinaiticus


Il Codice Sinaitico o Codex Sinaiticus (Londra, Brit. Libr., Add. 43725; Gregory-Aland no. א o 01) è un manoscritto in greco onciale (cioè maiuscolo) datato tra il 330-350. Originariamente conteneva l'intero Antico Testamento nella versione greca della Settanta, l'intero Nuovo Testamento, e altri scritti cristiani (Lettera di Barnaba, Pastore di Erma). L'onciale è un'antica scrittura maiuscola usata dal III all'VIII secolo nei manoscritti dagli amanuensi latini e bizantini; in onciale sono scritti anche gli altri due codici biblici più antichi: il Codex Vaticanus (IV secolo) ed il Codex Alexandrinus (V secolo).

Descrizione

Nella sua forma attuale, il codice consta di 346½ fogli di pergamena, scritti su quattro colonne. di questi, 199 appartengono all'Antico Testamento, 147½ al Nuovo Testamento più la Lettera di Barnaba e il Pastore di Erma, due antichi scritti cristiani, presenti però in forma mutila.
Circa l'AT, il manoscritto ha subito varie mutilazioni, specialmente nei libri da Genesi ad Esdra. Ciò che rimane è costituito da frammenti di Genesi 23-24; Numeri 5-7; 1 Cronache 9, 27-19,17; Esdra 9,9-10,44; Lamentazioni 1,1-2,20. Integri sono invece i libri di Nehemia, Ester, Gioele, Abdia, Giona, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, Isaia, Geremia. Il manoscritto contiene anche i testi deuterocanonici di Tobia, Giuditta, 1Maccabei e l'apocrifo 4Maccabei (mentre il codice non ha mai contenuto 2 e 3 Maccabei).
L'ordine dei libri del Nuovo Testamento è vangeli, lettere paoline, Atti, lettere cattoliche, Apocalisse.
Il testo del Codice Sinaitico in generale assomiglia molto a quello del Codex Vaticanus. Nell'AT il testo del Sinaitico è più simile a quello del Codex Alexandrinus.

Storia

Le origini del Codex Sinaiticus sono poco conosciute. Si è ipotizzato che sia stato scritto in Egitto. Qualcuno lo ha associato alle 50 copie della Bibbia commissionate dall'imperatore romano Costantino I dopo la sua (probabile) conversione al cristianesimo.
Uno studio paleografico compiuto sul testo nel 1938 al British Museum ha mostrato che il testo è stato oggetto di molte correzioni. Le prime risalgono a un periodo immediatamente successivo alla sua stesura, nel IV secolo. Altre correzioni risalgono al VI-VII secolo, realizzate probabilmente a Cesarea, in Palestina[1]. Secondo una nota presente alla fine dei libri di Esdra ed Ester, tali alterazioni sono state fatte sulla base di un altro antico manoscritto il quale fu corretto dalla mano del santo martire Panfilo (martirizzato nel 309).

Ritrovamento

Il Codex Sinaiticus fu ritrovato da Konstantin von Tischendorf presso il Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai, in Egitto, tra il 1844 e il 1859.
Durante il primo viaggio presso il monastero, nel 1844, trovò in un cesto 43 fogli di pergamena contenenti testi di Geremia, Neemia, 1 Cronache ed Ester. Un monaco gli disse che "erano rifiuti che dovevano essere distrutti bruciandoli nel forno del monastero".[2] I monaci, diffidenti, pure conoscendo l'esistenza di altre pagine del Codice, si rifiutarono di fargliele esaminare. Tischendorf ottenne però in dono i fogli ritrovati che pubblicò in fac-simile nel 1846. Nel 1853 una seconda spedizione si rivelò infruttuosa, tranne che per il ritrovamento di due frammenti del Libro della Genesi.
Nel 1859 Tischendorf effettuò una terza visita al convento grazie all'aiuto dello Zar Alessandro II di Russia, dal quale dipendevano allora tutti i monasteri greco-ortodossi. Un monaco mostrò allo studioso un manoscritto che aveva trovato casualmente nella sua cella, nascosto tra vari oggetti. Si trattava di un'altra parte del Codice, contenente gran parte dell'AT e tutto il NT con l'Epistola di Barnaba e parte del Pastore d'Erma. Tischendorf che non era riuscito a convincere i monaci a lasciargli il manoscritto iniziò a trascriverlo nel Monastero stesso. Successivamente riuscì a farselo inviare al Cairo in un altro monastero greco-ortodosso per continuare a copiare il testo. Infine Von Tischendorf riuscì a far 'regalare' il manoscritto allo Zar, dietro a un compenso di 9000 rubli. [3] Nonostante questo pagamento, il Codice è attualmente considerato dal monastero come rubato, un punto di vista contestato da molti studiosi in Europa[4].

Il 13 settembre 1862, in un articolo apparso su The Guardian, il celebre falsario Costantino Simonidis affermò di essere il vero autore del "Codex Sinaiticus" e di averlo scritto sul Monte Athos nel 1839; lo definì "l'unico povero lavoro della sua giovinezza". Affermò anche di avere visitato il Sinai nel 1852 e di avere visto qui il suo codice. Simonidis dichiarò di avere realizzato il Codex Sinaiticus su incarico dello Zar di Russia (Nicola I, defunto nel 1855). Egli fu incarcerato per questa sua affermazione e il mondo accademico non gli credette (salvo poche eccezioni). Tuttavia rimangono dubbi sull'autenticità del "Sinaiticus" (per la spinosa questione si veda ad esempio il volume di Mark Jones "Fake? The art of deception", British Museum, 1990).
Nel maggio 1975, durante dei lavori di ristrutturazione nel monastero, venne scoperta una camera sotto la cappella di san Giorgio, nella quale erano contenuti molti frammenti pergamenacei tra cui 12 pagine del Codice Sinaitico.
Per diversi decenni il codice è stato conservato presso la Biblioteca Nazionale Russa di san Pietroburgo. Nel 1933 l'Unione Sovietica vendette il codice alla British Library per 100,000 sterline.
Il codice è attualmente diviso in 4 porzioni ineguali: 347 fogli sono presso la British Library a Londra; 12 fogli e 14 frammenti (a cui bisogna aggiungere un frammento individuato da uno studente greco tra la rilegatura di un manoscritto del XVIII secolo) [5] sono presso il monastero di Santa Caterina; 43 fogli sono nella Biblioteca della Università di Lipsia; frammenti di 3 fogli sono presso la Biblioteca Nazionale Russa di San Pietroburgo.

Note


1.    ^ Bruce Metzger, The Text of the New Testament, its Transmission, Corruption and Restorationtt, Oxford University Press, 1992, p. 46.
2.    ^ Skeat, T. C., "The Last Chapter in the History of the Codex Sinaiticus." Novum Testamentum. Vol. 42, Fasc. 3, Jul., 2000. p. 313
3.    ^ Vedi Constantin von Tischendorf, The Discovery of the Sinaitic Manuscript, Extract from Constantin von Tischendorf, When Were Our Gospels Written? An Argument by Constantine Tischendorf. With a Narrative of the Discovery of the Sinaitic Manuscript [New York: American Tract Society, 1866].
4.    ^ Vedi Ihor Ševčenko's article 'New Documents on Tischendorf and the Codex Sinaiticus', published in the journal Scriptorium, xviii (1964) pp 55-80."
Bruce A. Metzger, The Text of the New Testament: its Transmission, Corruption and Restoration, Oxford University Press, 1992, p. 45.


Fonte: Wikipedia


Il ritrovamento del Codex sinaiticus

Constantin von Tischendorf

Il racconto del fortunoso ritrovamento del codex sinaiticus è esempio di una delle tante avventure vissute dai filologi e dai “cacciatori di manoscritti”, alla ricerca delle fonti della nostra storia.

II Codex Sinaiticus ha una storia romanzesca. Fino al 1844 nessuno sapeva della sua esistenza, ed esso dormiva i suoi sonni indisturbati, ricoperto da un denso strato di polvere, in un confuso e negletto deposito di pergamene e carte, cioè nella biblioteca del celebre monastero greco-ortodosso di S. Caterina alle falde del Sinai, il biblico monte di Mosè. I vecchi monaci di quel tempo non sospettavano neppur lontanamente quale tesoro di antichi monumenti letterari fosse contenuto nei vari rotoli membranacei o cartacei, che stavano affastellati in quel deposito; giacevano là da secoli, quei rotoli, nessuno li consultava e non servivano a nessuno. Cosicché un giorno pensarono bene i monaci a farli servire in qualche modo. Sulla porta di quella biblioteca sta scritta in greco la riflessione salomonica: Vanità di vanità, e tutto è vanità. Probabilmente da questo aforisma i monaci presero l'idea di utilizzare in maniera corrispondente l'enorme materiale che stava là senza alcun profitto. La vanità è, notoriamente, simboleggiata dal fumo; il fumo si ottiene dal fuoco, con cui cuociamo le vivande e facciamo altre cose utili: perciò i monaci, seguendo l'ammonimento dell'aforisma, cominciarono a utilizzare per il fuoco delle loro cucine le oziose pergamene della biblioteca.
Per fortuna, lo scempio non sembra che durasse a lungo. Nella primavera del 1844 il grandissimo paleografo e ricercatore di codici, Constantin von Tischendorf, capitò al monastero del Sinai mentre s'aggirava alla ricerca di documenti per incarico di Federico Augusto re di Sassonia; frugando un po' dappertutto, egli un giorno trovò in un cesto di rifiuti destinati ad alimentare i fornelli delle cucine quarantatre fogli pergamenacei coperti di scrittura greca unciale, che ai suoi occhi esperti apparvero immediatamente di valore singolarissimo. Egli li riconobbe subito come fogli staccati di qualche preziosissimo codice, che conteneva la versione greca della Bibbia, detta dei Settanta, e sembrava essere il più antico o almeno fra i più antichi allora conosciuti. Non è a dire la contentezza dell'appassionato studioso, che sapeva di metter mano su un tesoro. Tornato a Lipsia, ove oggi stanno depositati i quarantatre fogli da lui acquistati in quell'occasione, egli li pubblicò nel 1846 sotto il nome di Codex Friderico-Augustanus, dal nome del suo mecenate.

Ma la contentezza del Tischendorf non poteva certo esser completa, così come stavano le cose. I quarantatre fogli ricuperati contenevano parte dei libri biblici I Cronache (Paralipomeni), Geremia, Neemia ed Esther; ma tutto il resto, che era il più e il meglio, era rimasto certamente al monastero, cioè in pericolo di finire da un giorno all'altro nei fornelli di cucina. Che il resto del codice stesse ancora al monastero, il Tischendorf era certo, non solo per il ritrovamento occasionale dei 43 fogli, ma anche perché egli aveva visto con i propri occhi altri frammenti dello stesso codice contenenti passi di Isaia e di I e IV Maccabei; tuttavia non aveva potuto ottenere il permesso, nonostante le sue insistenze, di portare con sé anche questi altri frammenti (forse perché ancora non erano destinati ai fornelli). È inutile dire che, pur nella lontana Lipsia, l'idea del prezioso codice rimase fissa nella mente del Tischendorf, ed egli non disperava di rintracciarlo e salvarlo. Ad ogni modo, venendo via dal monastero, egli aveva avvertito i monaci del grande valore commerciale di quei frammenti che non aveva potuto ottenere; così aveva salutarmente ammaliziati quegli ignoranti.
Nel 1853 il Tischendorf tornò al Sinai, portatovi dalla sua grande idea fissa; ma questa volta fu anche meno fortunato, giacché poté trovare ed ottenere soltanto un paio di  brevi frammenti, sempre dello stesso codice, che contenevano un passo del Genesi, e la finale di Isaia seguìta dall'inizio di Geremia. C'era da perdersi d'animo, tanto più che il Sinai - specialmente a quei tempi - non rappresentava certo un viaggio di piacere. Ma il Tischendorf insistette, e nel 1859 sotto il patronato dello Zar di Russia tornò a S. Caterina. Questa volta il suo viaggio sembrò essere, da principio, anche più infruttuoso, perché nonostante le sue industrie egli non riuscì ad aver nulla né a saper nulla del sospirato codice (l'ammaliziamento dei monaci era diventato feroce). Era il 4 febbraio 1859, e il giorno appresso egli doveva ripartire. La sera, parlando il Tischendorf con un servo del monastero ed accorgendosi che era espertissimo dei locali e degli oggetti, portò il discorso sul codice, e quello ingenuamente gli manifestò che un codice di tal genere esisteva effettivamente e si trovava in un locale così e così. Il paleografo, raggiante, poté avere fra mano il codice, ed ebbe l'immensa emozione di vedere che era proprio quello ch'egli cercava da tanto tempo e che il suo valore scientifico era anche superiore a quello ch'egli immaginava. Il codice, infatti, conteneva non solo il greco dei Settanta per l'Antico Testamento, ma offriva anche il testo greco dell'Epistola di Barnaba e quello del Pastore di Erma, che fino allora erano sconosciuti.
Davanti a tale scoperta il Tischendorf non si contenne: prevedendo di non ottenere il codice, passò l'intera notte a ricopiare il testo di Barnaba, giacché stimò - come egli stesso dice - che sarebbe stato “un delitto il dormire” in quella notte, benché per la mattina appresso fosse irrevocabilmente stabilita la partenza. La mattina pregò e scongiurò per ottenere il codice, ma inutilmente, e dovette partirne senza. Sennonché giunto al Cairo, fece un nuovo tentativo, e questa volta felicemente. Presso i monaci greco-ortodossi di quella città egli fece valere il nome dello Zar, che l'aveva inviato e che era il gran protettore della chiesa ortodossa; dimostrò con eloquenza che sarebbe stato un graditissimo omaggio inviare allo Zar il codice, affinché fosse ricopiato e pubblicato, e poi naturalmente sarebbe stato restituito. I monaci del Cairo, allora, s'interposero presso quelli del Sinai; il codice fu concesso, allo scopo che fosse studiato e pubblicato in Europa, e poi tornasse alla sua sede, e il Tischendorf lo portò con sé in Russia.
L'edizione del codice apparve di fatti nel 1862, ma in seguito il codice non tornò mai più al Sinai; in sua vece partirono dalle casse dello Zar 7000 e 2000 rubli, rispettivamente per i due conventi ortodossi, con alcune rutilanti decorazioni per i monaci, mentre il codice veniva deposto nella biblioteca imperiale di Pietroburgo.
L'Inghilterra, che oggi lo possiede, ne può andare legittimamente fiera; e il provvedimento per cui essa ne è divenuta la proprietaria mostra che i grandi popoli, anche in mezzo alle ristrettezze economiche, non distolgono mai lo sguardo dai valori della scienza e dello spirito.

Fonte: srs di  Giuseppe Ricciotti; da christianismus.it

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