venerdì 15 aprile 2011

IL "COMMERCIO" DELLA SELCE DALLA PREISTORIA AD OGGI: UN’ ATTIVITA’ POCO STUDIATA

Il grande arco naturale del Ponte di Veja

Questa mattina  passo da casa del mio amico Alberto Solinas, perché interessato alle  sue opinioni  in relazione ai brandelli di muro che sono usciti in questo periodo in Piazza Corrubio.
Alberto mi replica, con un sorriso furbesco, che è già una risposta.
- Quegli avanzi di muro, prima che li distruggessero, li ho  osservati  a lungo  e ho avuto la sensazione,  anzi ho  rilevato   le prove archeologiche, che si trattavano dei resti di una chiesa. Ma sai, io non sono l’ “ufficialità”, tanto meno un “barone accademico”, ma solo un libero ricercatore, pertanto se "loro"  dicono che non sono nulla .… non sono nulla.  

Vedi questi quattro fogli sulla scrivania?  Sto aggiornando gli appunti di un vecchio articolo sulla nascita e il commercio della selce,  dall’uomo del paleolitico in poi. L’ho preparato studiando e analizzando tutte le scoperte e i dati archeologici usciti nel veronese, e non solo.  

Sono circa cinquant’anni che lo vado dicendo ai quattro venti e  sono cinquant’anni che “l’ufficialità accademica” mi dà del “visionario”. Nel 1999 questo studio l’ho proposto anche  ai  Quaderni della Lessinia, ma persino là,  “la commissione  scientifica” della rivista  me  l' ha  cassato perché era solo “fantasia…. impresentabile ”. ***

Il problema, come sempre, è  che certe “cose”, devono essere scoperte e studiate da “altri”
-Ah! E’ cosi?  …. Ma, Alberto, sei proprio sicuro che sia così?
-Eh sì, sembra proprio essere cosi! Ma non voglio dirlo io, voglio  lasciare le risposte ad “altri”
-Allora, visto che è solo fantasia, me li puoi  dare questi appunti che li inserisco su internet? Così si ha  l’opportunità, a chi interessa, di dire pubblicamente che sono solo immaginazioni. Altrimenti è la seconda “cosa”!


IL "COMMERCIO" DELLA SELCE DALLA PREISTORIA AD OGGI: UN’ ATTIVITA’ POCO STUDIATA

La grotta Solinas a Fumane di Verona

Un antico mestiere praticato sulle montagne veronesi e vicentine era quello dei Folandieri, coloro che lavoravano  la selce (detta in veronese folénda e in dialetto veneto piera assalina), per trarne delle pietre focaie (lamelle per lo più rettangolari), indispensabili per le armi da fuoco con il meccanismo dell' acciarino, il congegno di scatto nei fucili a pietra. È bene non dimenticare che sulle nostre montagne, fino all'inizio del 1900, si costruivano queste selci per acciarino per tutta l'Europa(1), e le selci venivano usate in casa come strumenti comuni(2).

Se si compie un'indagine più approfondita, si può comprendere che, da quando l'uomo appare sulle nostre montagne, la selce è sempre stata “commerciata”.
Lo scambio di beni, secondo alcuni antropologi,  è un' attività innata nell'uomo. Federico Ratzel, ai primi del '900, scriveva:
“I Popoli naturali, che sono maggiormente soggetti al dominio della Natura e dipendono da questa, per esempio: gli Australiani, i Melanesiani,  i Polinesiani ecc., apprezzano il giusto valore degli scambi ...”(3).  A quel tempo quelle popolazioni rappresentavano il 12 % della popolazione del nostro pianeta.

Stabilito questo principio, risaliamo all' Africa di circa due milioni d'anni fa.  L' Homo abilis costruì i più antichi strumenti in pietra.  Poi ebbe crescenti necessità d'utensili adeguati all'evoluzione culturale. Ciò lo costrinse a ricerche sempre più mirate nella scelta delle rocce scheggiabili con maggior facilità per ottenere i risultati migliori.

Tra queste rocce le più adatte in assoluto sono l' ossidiana, che è un vetro naturale d'origine vulcanica, e la selce.

Le aree geologiche italiane dove si può reperire dell' ottima selce sono, in ordine d'importanza:  il promontorio del Gargano, la Lessinia e l'Appennino Marchigiano. La selce veneta, per essere distinta dalle altre, viene denominata Alpina dagli studiosi ed è reperibile nei noduli selciferi inglobati soprattutto nei calcari del Biancone.

L'uomo paleolitico, cacciatore e raccoglitore, perciò nomade, imparò presto a conoscere le zone dove si muoveva e le loro opportunità.  Dunque  selezionò le aree di rifornimento della selce.  Marco Peresani, dell'Università di Ferrara, scrive che: “... quando le risorse litiche locali non si dimostravano idonee,  i cacciatori-raccoglitori del paleolitico superiore erano in grado di procurarsi materiali anche da notevole distanza (fin oltre 600 km),  raggiungendo le cave dopo lunghi e faticosi cammini”.  Aggiunge poi quest' altra annotazione: “anche se è difficilmente dimostrabile, non è da escludere che questi materiali circolassero come beni di scambio tra gruppi vicini”(4).  
Quest' attività di scambio, tra gruppi di cacciatori – raccoglitori, ci viene dimostrata con il buon senso: non si possono percorrere 600 km per raggiungere le aree ricche di selci.  
A quanto risultava a Maurizio Hoernes, dell'Università di Vienna, nel 1912, i preistorici a lui contemporanei “... vivevano come i cacciatori-raccoglitori dell'Europa occidentale durante i periodi dell' età gliptica (Paleolitico superiore, n.d.s.).  E cioè ... il perfezionamento delle industrie litiche esercitate da specialisti causa d’ iperproduzione, la quale, a sua volta, favorisce scambi commerciali, cosicché già a questo stadio incontriamo alcuni tipi di monete (pelli di cervo, conchiglie ...)”.  Quindi, se teniamo conto di tali dati, il commercio esisteva già almeno 35.000 anni fa(5).

Lo dimostrano le conchiglie marine(6) , molto probabilmente provenienti dalle coste liguri: ne sono state raccolte finora, nella grotta G. Solinas a nord di Fumane, 723 esemplari, tra queste vi sono anche due Rinconelle fossili(7).  Queste ultime rappresentano la prima raccolta di fossili da parte dell'uomo.

La Lessinia è l'altopiano più prossimo alla Val Padana.  Possiamo aggiungere che, in un'area di poco meno di 1000 kmq, compresa tra la valle dell'Adige e quella d'Illasi, abbiamo rocce ricchissime di selce dell'Era Secondaria per uno strato verticale di circa 250 m. .

Finora sappiamo che l' Homo erectus appare in Pianura Padana circa un milione d'anni fa, durante la glaciazione Günziana, avvenuta tra i circa 1,2 milioni e i 700 mila anni fa(8).

Questo fenomeno geologico,  con la conseguente erosione glaciale delle rocce, mise in luce gli strati ricchi di arnioni silicei. Perciò il Monte Baldo, la Lessinia e la parte sud ed est dell'Altopiano d'Asiago, erano, per l'uomo preistorico, una fonte importantissima per il suo rifornimento di selci. Era notevole soprattutto il fatto che tali selci potevano essere reperite in superficie, nei depositi sciolti dalle intemperie, lungo i versanti vallivi e nel fondovalle, lungo i corsi dei progni (torrenti), senza bisogno di scavi in miniera o cave.

La piana di Cà Palui 

Finora sappiamo che nel veronese l' Homo erectus, o uno dei primi esponenti dell'Homo sapiens neanderthalensis,  arriva durante la glaciazione del Mindel iniziata 650 mila anni fa e, circa 500 mila, anni fa inizia a frequentare assiduamente la nostra provincia!(10). La quale diventerà, per la sua presenza, una delle zone europee più importanti per lo studio della preistoria, appunto perché ricca di selce. Però non è da escludere che l'uomo sia presente già alla fine della glaciazione del Günz, quando il miglioramento climatico lo ha condotto a Cà Palui, nei pressi di Trezzolano, nel Comune di Verona-San Martino Buon Albergo: zona ricchissima di selce e manufatti Acheuleani di età compresa tra circa 500 mila e 150 mila anni fa. Lo scrivente, raccolse nel 1985, un ciottolo di quarzite, il classico Chopping-tool, un ciottolo lavorato parzialmente su due superfici. Questo strumento è considerato dagli studiosi come protobifacciale di età pre Acheuleana e collocabile tra le industrie su ciottolo dell'Italia, databili appunto nell'interglaciale Gunz-Mindel, tra i 700- 650 mila anni fa(11).

A questo proposito è bene ricordare che i ghiacci Mindeliani iniziarono a scendere dal Trentino circa 650 mila anni fa, percorrevano solo i vaj (valli) della Lessinia (forse escluso quello d'Illasi) (12).   Perciò lasciarono intatti i depositi preistorici sulle dorsali collinari-montuose dell'interglaciale precedente, come dimostrano le faune fossili raccolte da Angelo Pasa, con elefante antico e Trogontherii  l'antenato dei Mammuth, Cervi, Megaceri, Bisonti, Rinoceronti, Ippopotami, Caprioli, Leoni, Leoni delle caverne, Iene, Orsi e il Machairodus, la tigre a denti a sciabola: naturalmente tutte specie estinte.  
Sono presenti anche dei piccoli roditori (Microtus e Pitymys) che attualmente imperano negli ambienti aperti dell'Europa: dalla tundra alla prateria alpina. Tutte queste faune mostrano, attorno a noi, un ambiente di tipo forestale, arido mediterraneo.

Per quanto riguarda il ciottolo è bene ricordare che la quarzite è una pietra poco adatta alla costruzione di utensili. Essendo ciottoli di tale tipo reperibili solo in pianura  nelle ghiaie dell' Adige trasportate a valle dal Trentino, oggi finite a ben oltre 150 m di profondità, è evidente che l'uomo preistorico si comportava come oggi fanno i Melanesiani: compiono brevi spedizioni nelle aree dove esistono rocce adatte alla costruzione di particolari strumenti, li costruiscono sul posto e portano al campo base solo quelli ben riusciti.  Infatti il nostro uomo preistorico ha usato il ciottolo in quarzite come percussore con cui avrebbe costruito altri strumenti. Poi, prima di tornare in pianura, avrebbe gettato via quel suo primo strumento poco pratico, lasciando senza saperlo, a chi sa interpretare il suo gesto, il suo biglietto da visita.

All'incirca 300 mila anni fa iniziava la grande glaciazione del Riss. A causa di ciò, la Lessinia fu semicircondata dai ghiacci e logicamente si presentava all'uomo di Neanderthal come un ambiente non particolarmente felice per l'esistenza (steppe e praterie con camosci e stambecchi), almeno in rapporto con le condizioni degli abitanti delle pianure (boschi subartici con presenza di caprioli, cervi, bisonti) purtroppo coperti dai depositi fluviali.  Si deve precisare, inoltre, che oltre alla Lessinia, a nord del Po, l'uomo è documentato in pochissime altre località, come sulle colline moreniche bresciane del Garda (2 siti), sul Baldo (5 siti) e sui colli Berici vicentinii (1 sito).  Quest’ ultimo è la Grotta di San Bernardino, che l'uomo frequentava già 250-200 mila anni fa; essendo la selce locale di scarsa qualità, per costruire i suoi utensili si recava a prendere quella ottima sui Colli Euganei, lontani circa 20 km dalla sua grotta(13).

Verso la fine del Paleolitico inferiore, la popolazione umana della Valle Padana sembra scomparsa(14).  Però da noi l'uomo è presente in poche località e le poche ultime industrie Acheuleane dei Lessini sono simili a quelle dell' area emiliano-romagnola, in modo particolare a quelle del territorio Bolognese(15).  
Sempre la Grotta di San Bernardino ci fornisce un dato importantissimo: circa 170 mila anni fa l'uomo di Neanderthal usa costantemente una nuova tecnologia nella lavorazione della selce: quella Levalloisiana, secondo la quale da un blocco di selce si possono ricavare una o più schegge, predeterminate per trasformarle poi in singoli strumenti, quindi con grandi vantaggi  per lo sfruttamento della selce. Cioè, per esempio, da un chilo di selce prima si utilizzavano solo 40 cm di taglio utile, con la nuova tecnologia se ne ricavano 2 m; quindi, con la tecnica Levalloisiana, entriamo nel Paleolitico medio o Musteriano.

Nel Veneto questa età è la più documentata grazie allo studio di importantissimi giacimenti quasi tutti in aree ricche di selce:
Monte Baldo-Lessinia, Altopiano di Asiago, Colli Berici ed Euganei; quasi inesistenti sono in Pianura Padana. La loro presenza in pianura è stata coperta dalle alluvioni dell'ultima glaciazione Würmiana.

La glaciazione Rissiana termina circa 130 mila anni fa;  sulla Lessinia e sull' Altopiano dei Sette Comuni si forma un ambiente forestale aperto, con latifoglie e radure a steppa carsica di tipo mediterraneo a estati aride. L'uomo caccia grossi mammiferi, prevalentemente il daino, il capriolo e il cinghiale, rarissimamente il rinoceronte Mercki e l'elefante antico. Per lo studio di questo fenomeno geologico sono fondamentali gli strati archeologici della Grotta Giovanni Solinas a Fumane: infatti, l'uomo di Neanderthal iniziava a frequentarla proprio in quel periodo.

Verso gli 80 mila anni fa iniziava l'ultima glaciazione: quella del Würm.  In montagna si forma una steppa di tipo asiatico, con inverni rigidi e lunghi ed estati temperate calde con piogge scarse, prevalentemente estive. L'uomo cacciatore-raccoglitore è nomade nelle zone più elevate, caccia prevalentemente stambecchi e camosci, nei boschi sottostanti cervi e caprioli.

Il Riparo Tagliente,  già Coal de le Tesàre

Un gruppo di Neanderthaliani frequentava anche il Riparo Tagliente (delle Tesare)(16)  nei pressi di Stallavena in Valpantena; tra i suoi strumenti vi sono alcune selci corticate che recano segni incisi. Il prof. Piero Leopardi fa notare che non tutti questi segni incisi hanno un significato artistico, come nelle selci raccolte nella Grotta di San Bernardino(17).

Oggi sappiamo che queste incisioni venivano eseguite per la preparazione o l'aggiustamento del nucleo siliceo prima o durante la sua scheggiatura!(18). Dunque, tramite il rinvenimento di queste schegge corticate e raschiate, possiamo dedurre che l'uomo di Neanderthal raccoglieva arnioni di selce sistematicamente, li portava nel suo riparo per la lavorazione, creando cosi una prima officina lirica, dove trasformava gli arnioni in schegge e strumenti finiti, fors'anche in quantità tale da consentirgli scambi con altri gruppi neanderthaliani di pianura. Non ci sarebbe niente di strano, perché si hanno testimonianze di coltivazioni minerarie elementari già alla fine del Paleolitico medio in Egitto, a Taramas, circa 38 mila anni fa, e probabilmente anche in Europa, a Budapest – Farkasrét(19).

La prima massima espansione glaciale Würmiana si manifesta circa 55 mila anni fa. Poi si crea un clima più mite a causa delle migrazioni; dal vicino Oriente, fa notare il paletnologo Alberto Broglio, che uno dei primi gruppi di uomini moderni, probabilmente Cromagnonoidi, simili a noi sia fisicamente sia per attitudini che comportamento,  attorno a 37.000- 35.000 anni dal presente, occupa i territori di caccia dei Monti Lessini (Riparo Tagliente, Coal de la Volpe, Grotta Solinas(20),  oltre a Grotta del Broion,  Paina su i Colli Berici e il Monte Avena nelle Alpi Feltrine n.d.s.).   La Grotta di Solinas di Fumane  è attualmente uno dei siti europei in cui oggi è meglio documentato, sotto l'aspetto comportamentale, l'Uomo moderno ... possiamo conoscere le strategie adottate per l'approvvigionamento di materie prime (costituite quasi totalmente da selce locale) e per la loro lavorazione ... (21).

Di fatto l'uomo moderno possiede una nuova tecnologia per lo sfruttamento massimo del nucleo di materia prima, si staccano prevalentemente lame e lamelle (da un chilo di selce si possono ricavare da 6 a 20 metri di taglio utile).

Sempre nella Grotta Solinas vi è un avvenimento straordinario: si è sempre ritenuto che l'uomo di Neanderthal si sia estinto e, dopo parecchio tempo, sia apparso l'uomo moderno. Cioè, sullo strato terroso con manufatti del Paleolitico medio, si è formato sopra uno strato sterile senza presenza umana, poi ne sussegue un terzo strato con la presenza dell'Uomo moderno.

Questo susseguirsi di strati non avviene in questa grotta: sul pavimento dell'uomo di Neanderthal si stabilisce direttamente l'uomo moderno(22).
Come spiegare questo nuovo dato scientifico che mette in discussione le precedenti conoscenze? La mia supposizione è questa: l'uomo di Neanderthal scambiava la selce con i suoi simili nella Pianura Padana;   questi ultimi vennero in contatto con l'uomo moderno, il quale si è subito interessato della provenienza di questa ottima selce. Perciò arrivò precocemente nella Grotta di Fumane. È da notare che in questa grotta fu rinvenuta un' esigua riserva di grossi nuclei selciferi, pronti per ricavarne strumenti.

Circa le conchiglie rinvenute in questa grotta, è importante notare che rappresentano i gioielli più antichi dell' arco Alpino, assieme a quelle del Riparo Mochi (Ventimiglia).
Come è noto, i gioielli nascono come amuleti a carattere sacro(23). E la religione nasce con l'uomo di Neanterthal, il quale compie i primi riti di sepoltura. In particolare: la conchiglia marina caurica è tuttora legata al mondo generativo della donna e per difendere uomini e animali dal malocchio e dalle streghe; come abbiamo visto, nella Grotta Solinas, sono state rinvenute finora 723 conchiglie(24).  Tra queste conchiglie vi sono due esemplari di Ciprea, che ha una particolare storia. Bisogna ricordarne il nome popolare: Cauri, simile, se non uguale, in tutto il mondo. Infatti, è detta Cauris in Francia e Spagna, Kauri in Germania e nell'Industan. E così via, a dimostrazione della verità di quanto detto sopra.

Ciò per un preciso motivo: infatti è considerata la più antica moneta del pianeta, con prove archeologiche che ci portano fino in Cina.  Il suo commercio era diffuso anche in Europa e lo praticarono i Veneziani fino al Rinascimento, mentre in Africa fu scambiata per tutto il secolo passato. Cento cauri, ad esempio, valevano, secondo i luoghi, da 5 a 20 centesimi oro(25).
Ma c'è un dato ancora più sintomatico: la conchiglia è tuttora usata come moneta dagli aborigeni dell' Australia e in Africa occidentale. Dunque, non è un caso che abbia acquisito il nome scientifico di Cypraea monetaria moneta.
Oggi, nei paesi tropicali, questi cauri sono ancora preziosi gioielli e, in Europa, gli ambulanti negri li vendono come amuleti per le donne, con proprietà inerenti alla fertilità. Non per niente Linneo aveva chiamato questa singolare conchiglia Cyprea in onore della Venere Cipride.

Dunque, non è da escludere che l'uomo di Fumane abbia barattato parecchi manufatti in selce per tale preziosissima, anzi magica, conchiglia, fonte di vita. Tant'è vero che ancora oggi viene usata nei riti di sepoltura nella Nuova Georgia (Isole Salomone), come viatico d'immortalità.

Circa 29 mila anni fa il clima si evolve verso il temperato e si presenta una nuova civiltà che è caratteristica del Paleolitico superiore medio. la Gravettiana. Le presenze umane nell'area alpino-padana sono molto rare: l'uomo è presente nella Grotta Solinas  e della Volpe a Fumane-Sant'Anna D'Alfaedo, nelle Grotte del Broion, Paina e Trene nei Colli Berici.
L'ultimo massimo glaciale inizia circa 25 mila anni fa(26) e la sua massima espansione avviene all'incirca 20 mila anni fa:  ne consegue un ambiente simile a quello all'inizio della glaciazione Würmiana.

E inizia l'ultima fase del Paleolitico superiore con l'Epigravettiano.

Riparo Soman

La presenza dell'uomo - finora - scompare dal Veronese e resta solo nelle Grotte di Paina e Trene(27). La presenza dell'uomo riappare sui nostri altopiani prima di 16 mila anni fa, al Riparo Tagliente e, in Val Lastaro di Conco, sull' altopiano dei Sette Comuni. Questo "nuovo" arrivo dell'uomo forse è stato causato per il motivo che era iniziata la fine della glaciazione Würmiana e lo scioglimento delle nevi perenni sulle nostre montagne aveva messo in luce parecchi arnioni di selce.

Nelle Alpi, circa 15 mila anni fa, i ghiacci raggiungono le quote altimetriche prossime alle attuali. Le nostre aree si presentano con un paesaggio simile a una steppa fredda, arida e secca. L'uomo, in Valpantena, tra i grandi mammiferi, cacciava lo stambecco, l'uro (un tipo di bovide scomparso), il bisonte e l'alce.
Circa 1000 anni dopo il clima migliora e si fa più caldo e la Valdadige è più ospitale, come lo sono anche i nostri altopiani.  Infatti la Valdadige finalmente si è liberata dal dominio dei ghiacci e oltre che nel Riparo Tagliente, circa 14.200 anni fa, finalmente troviamo l'uomo anche nel fondovalle dell'Adige, all'imboccatura della Val Lagarina a nord di Ceraino: il Riparo Somano.
Gli animali che questo cacciava sono in ordine a scalare camosci, cervi, stambecchi e cinghiali. Fauna tipica di un ambiente temperato umido con querceto misto in valle e in montagna una prateria con boschi di pino. La caccia al camoscio e allo stambecco ci fa capire che l'uomo saliva in Lessinia sia per la caccia che per la raccolta di arnioni silicei, e le vie che lui percorreva sono le attuali.

Sebbene il Riparo Soman fosse lontano dalle fonti di selce, in compenso si trovava in un posto ideale per il “commercio” della selce, perché la via fluviale dell' Adige permetteva il contatto con altri gruppi umani nella Pianura Padana. Non è da escludere che altri abitanti nella Val Lagarina - finora non documentati - salissero lungo la Val Fredda al Passo delle Fittanze, dove esistono due campi base, poi lungo la valle Aliana e della Nogare giungevano sul  pianoro della contrada delle Barozze con un terzo campo base; infine scendevano lungo il Vajo della Marciora giungendo al Ponte di Veja, oppure, salendo la Val dei Ronchi, giungevano nella zona di Malga S. Giorgio.

All'incirca 14 mila anni fa il clima diventa più freddo, ma l'uomo non abbandona i due ripari: il Soman e il Tagliente; anzi, lo troviamo nuovamente in Val Lastaro.

Gli eventi climatici cambiano nuovamente verso il temperato all'incirca 13.500 anni fa.
Al Riparo Tagliente, la località più importante dell'Epigravettiano nella Pianura Padana - una sepoltura, con conchiglie e opere d'arte mobiliare -, troviamo, tra gli spuntoni crollati dalla volta del riparo, quelle che si considerano tre officine litiche datate a circa 13.270, 13.070 e 12.650 anni fa(28), però assomigliano più a buche di rifiuti silicei e avanzi di pasto.
Infatti sono stipate di lame e schegge non ritoccate, tolte per il decortimento dell' arnione, cioè non utilizzabili per farne strumenti(29).  Fra questi rifiuti silicei, invece, sono stati trovati pochissimi nuclei, perché erano commerciati e strumenti rotti o mal riusciti. Perciò, è evidente che nel Riparo si producessero nuclei preparati per ricavarne lame per essere trasformate in strumenti ed utensili,  per essere il tutto “commerciato”.
Che queste officine prestoriche fossero solo buche di rifiuti silicei, se ne accorge facilmente un occhio esperto di lavorazione delle selci per farne pietre d'acciarino per i fucili d'una volta. Egli vedrebbe che negli scarti di lavorazione degli acciarini ci sono lame non utilizzabili per ricavarne acciarini, residui di nuclei dai quali non si possono più ricavare lame utili, parecchie pietre da acciarino mal riuscite o rotte e le microschegge prodotte dalla fine scheggiatura di ritocco per ottenere la pietra per 1'acciarino.

Non è da escludere che questi uomini preistorici si comportassero come quegli uomini dell'800, descritti da Attilio Benetti, che costruivano pietre per acciarino(30):
I folendari erano divisi in due categorie: i cataori (trovatori) e i bataori (battitori) ... erano specializzati nel preparare pietre da acciarino per i fucili o per il fuoco ... Quando l' officina era zeppa di scarti silicei il bataor prendeva alcuni di questi cumuli e li gettava nelle diaclasi dei vicini affioramenti calcarei del Rosso ammonitico.  Durante le ricerche condotte sotto la direzione di Lawrence H. Barfield al Ponte di Veja nel  1988, indicai alcune di queste chiarissime discariche preistoriche nelle diaclasi(31).

Altri insediamenti preistorici si trovano sull'Altopiano di Tonezza-Folgaria, ai Fiorentini e il Riparo La Cogola; sull' Altopiano dei Sette Comuni, con il Riparo Battaglia, Val Lastaro, Pian della Marcesina e il Riparo Dalmeri(32).
Quest'ultimo si trova nel Comune di Grigno, dà direttamente sulla Valsugana ed è particolarmente interessante per il nostro argomento: contiene un gran numero di fauna cacciata e abbondantissima industria litica (strumenti e nuclei, ricavati da selce disponibile abbondantemente nelle vicinanze del riparo), 25 conchiglie marine e una ventina di selci col cortice graffito; probabilmente si tratta dei soliti graffi che servivano per vedere se la selce è idonea alla scheggiatura. Tutti questi elementi descritti sono indice che nel riparo si producevano strumenti, lame e nuclei in sovrabbondanza, per la necessità di una piccola comunità; è logico che una parte fosse “commerciata” con altri gruppi umani nella Val Lagarina o nella pianura.

In conclusione, è chiaro che le conchiglie raccolte nei depositi preistorici sono indizio d'una nuova economia iniziata dall'uomo: quella del commercio, che s'aggiunge alla precedente di caccia e raccolta.

Il  quadro generale di questa nuova attività “commerciale” ci viene completato dal solito accampamento di Val Lastaro, dove fu rinvenuta una buca scavata tra le diaclasi affioranti dal terreno, nella quale furono depositati dall'uomo primitivo 56 noduli di selce pronti per un prossimo loro sfruttamento(33).  Secondo lo studioso Alberto Broglio(34)  alcuni di questi noduli erano decorticati sul posto dove erano stati rinvenuti(35),  altri erano trasportati all'accampamento; una parte veniva trasformata in strumenti, l'altra portata al campo base in valle.  
Ricordando Attilio Benetti(36), egli dice che, per costruire le pietre per l'acciarino, le professioni erano due: quella dei bataori - che abbiamo  visto e quella dei cataori che vediamo: i cataori erano dotati di una Krakesa(37) sulla quale legavano una cassetta che serviva a contenere le selci, ed una zappa per levare la cotica erbosa dai detriti di falda o dei depositi alluvionali.  La loro specializzazione consisteva nel raccogliere gli arnioni ed i noduli di selce, badando che avessero la corteccia sottile e scartavano le specie di selce vetrose,  da essi chiamate folende mate, che per troppa fragilità non erano adatte ... Dunque il cataor epigravettiano, non potendo portare a valle nel campo base quei preziosissimi noduli di selce, li sotterrò in modo da poter recuperarli in un secondo tempo.

Più o meno 12.800 anni fa il clima si deteriora, la temperatura si abbassa ma, nella Valdadige, resta temperato, e l'uomo riappare al Soman e a Val Lastaro.  Il clima cambia nuovamente 12.000 anni fa, diventa preboreale,  moderatamente temperato arido. L'uomo abbandona il Soman e, sembra, anche la Lessinia e l'Altopiano di Asiago.

All'incirca 11.000 anni fa si presenta, nella Valdadige, una nuova civiltà: è quella Mesolitica.
L'uomo in piccoli gruppi, inizia a colonizzare con sedi relativamente stabili il fondovalle nei pressi di Trento. La sua vita doveva essere facile, guardando i resti dei suoi pasti; aveva di tutto sottomano, tranne la selce necessaria per costruire gli strumenti piccolissimi - chiamati appunto microliti -, quindi necessitava della selce dei nostri altopiani, che è evidenziata tra i suoi strumenti, come è dimostrato al Museo Civico Archeologico di Modena. Evidentemente  gli abitanti della pianura avevano ancora contatti con la montagna.

Nel 1983 viene scoperto il Riparo Soman e si conferma ciò che si supponeva: i nostri cacciatori, raccoglitori e “commercianti”,  oltre a svolgere una vita simile a quella dei parenti trentini, avevano a portata di mano la selce ed erano al centro di un  vasto raggio “commerciale”, assieme a quelli di Val Lastaro e Cima XII, di questa materia prima con centinaia e centinaia di abitanti(39):  nel Trentino-Altoadige, nella Lombardia e in Svizzera, a Mesocco nei Grigioni(40), nel Veneto, in Friuli-Venezia Giulia e a sud del Po.

All'incirca 9.800 anni dal presente, il clima diventa di tipo boreale caldo-arido, attorno al Soman domina il querceto misto con la relativa fauna.  Più o meno 8.300 anni fa il clima diventa di tipo atlantico, più caldo e umido; in Valdadige aumenta il querceto misto. Gli ultimi abitanti del Soman sviluppano il baratto della selce in nuove regioni: nel Piemonte  e sull'Appennino Emiliano; nel Soman si raccolgono conchiglie.



Tranciante (nucleo di tipo Corbiac) proveniente dal Buso de la Rana (Malo); la base è di cm 10,5 e il peso di g 680. Si potevano ricavare circa 17 m di taglio utile (Disegno di P. Parenzan). Broglio A., Trancianti di industrie NeoEneolitiche del Veneto, Atti della XI e XII riunione scientifica, Ist, Ital. di Preistoria e Protostoria, Firenze 1968, pp. 53-59; Solinas A. op. cito 1987, pag 317.

Nel nostro territorio, il passaggio dalla civiltà Mesolitica a quella Neolitica lo conosciamo attraverso i depositi archeologici nel Riparo di Romagnano III(42), poco a sud di Trento.
Difatti gli ultimi cacciatori Mesolitici sono presenti circa 7.800 anni fa e i primi agricoltori e affermati “commercianti” Neolitici si insediano nel Riparo circa 300 anni dopo (7500); usavano entrambi la nostra selce. Ma sulla Lessinia la loro presenza non esisteva  (gli ultimi Mesolitici li troviamo sul Monte Baldo )(43).
Ciò non era possibile, perché i primi Neolitici riconoscibili, attraverso la cosiddetta cultura di Fiorano Modenese, usavano quasi totalmente la nostra selce e alcuni studiosi ritengono che gli abitanti dei villaggi di Fiorano, per l'ottima posizione geografica e sul fiume Secchia, la commerciassero in tutta la Pianura Padana!(44).  Questo problema fu affrontato con il compianto Prof. Bernardino Bagolini e, in parte, fu risolto: probabilmente i Mesolitici erano venuti in contatto con i primi agricoltori e scambiavano la nostra selce con le conchiglie(43).

 Finalmente,  nel 1984(46), trovai i primi strumenti del Mesolitico recente e dell' antico Neolitico alle Spiane di Mezzane(47).  Sempre nello stesso anno venne individuata la località di Cà Nova di Stallavena(48).  Il problema era stato risolto: l'uomo, a causa della selce, non aveva mai lasciato la Lessinia.  Ma non veniva “commerciata” solo la nostra selce,  nel villaggio di Piancada(49), situato a est di Latisana, datato a circa 6.760 anni fa (la selce veronese rappresentava 80% di quella usata): fu raccolto anche un riccio di mare fossile della Lessinia! (50).


Attorno ai 5.500 anni fa troviamo quattro oggetti fondamentali per il commercio della selce: il tranchet e il pic; l’ossidiana; e il nucleo tipo Corbiac(51), Il pic e il tranchet appaiono circa 9.000 anni fa nel Mesolitico irlandese, nelle capanne di Mount Sandel(52), dove vi era anche un' estesa buca simile all’ “officina” del Riparo Tagliente.

Un Pics (a six)  alto  cm. 7,6  e un Tranchets (a dx), alto cm. 6,0   provenienti dall'accampamento mesolitico di Mount Sandal (Irlanda) (tratto da "Le scienza" n128 dell'ottobre 1981).

Per comprendere l'uso di tranchet e pic basta vedere la miniera preistorica di selci di Rijkholt nei Paesi Bassi, dove gli unici strumenti usati per l'estrazione della selce sono i circa 2.500.000 tranchets usurati, abbandonati al suo interno.  
Questi ultimi strumenti sono i più comuni che si trovano sparsi in tutta la Lessinia, mentre in alta montagna si trovano quelli più belli e integri(53); la loro assenza è quasi totale in pianura e sul Lago di Garda. Questo significa che i nostri preistorici usavano zappe per estrarre i noduli silicei dal terreno, come facevano i cataori dell’800.  Se a queste note aggiungiamo quelle scritte dal Venturi, abbiamo un’ulteriore conferma dell'uso principale di tranchets e pics.

Egli, Venturi, infatti, a metà '800, se la prendeva in modo assai arrabbiato con i cavatori di arnioni per ricavarne poi pietre per acciarini in quanto, zappando senza ritegno in  mille luoghi, rovinavano il manto erboso(54).
Il vasto  “commercio” della selce veronese ci viene confermato dall' ossidiana rinvenuta nel Castelliere di Bellori e dalla capanna della Pieve di Colognola ai Colli, di probabile provenienza sarda(55).  Perché, da quell'isola, provengono le ossidiane raccolte a Monte Covolo presso Villanova sul Clisi (Brescia), sulla Rocca di Manerba sul Lago di Garda e nella Grotta Giuseppe Perin nei Colli Berici.  
Il nucleo tipo Corbiac è un grosso arnione di selce lavorato in modo che si potessero ricavare lame o schegge per trasformarle poi nel voluto strumento. Questo arnione è stato “commerciato” fino a tutta l’età del Bronzo.

Punte di freccia rinvenute ni ripari veronesi ( Museo di Storia Naturale di Verona)

Oggi sappiamo - attraverso Otzi(56) - che l'età del Rame è stata anticipata di circa 500 anni, cioè alla fine del IV millennio a. C.  In questo periodo l’industria della selce conobbe il massimo della sua produzione. L'abilità dei nostri preistorici era tale che arrivarono a imitare i costosissimi pugnali e le alabarde in rame con la selce. Questi particolari pugnali silicei presero sfortunatamente il nome dalla cultura  di Remedello (Brescia), perché furono qui raccolti per la prima volta, nel 1884, mentre potrebbero essere ora chiamati più opportunamente della cultura Lessinica.  
Essi sono diffusi in tutta la Padania, da Trieste a Cuneo, e su per il Brennero fino oltralpe. Ne troviamo uno anche al lago di Bolsena(57), e molto probabilmente a Piano di Sorrento(58).
 Non ci sarebbe nulla di strano perché nel Museo di Stanghella (Padova) è esposta una punta di freccia raccolta nelle vicinanze, tipica della cultura del Gàudo, località poco a nord di Paestum.
Si può ipotizzare che i nostri pugnali abbiano seguito il commercio dei vasi campaniformi. In tale prospettiva si può ricordare pure che presso il Museo Archeologico di Cagliari è esposta una grande lama di selce color giallo-bruno proveniente dalla necropoli di Anghelu Ruju, ma ricavata dagli arnioni degli strati del biancone lessinico(59).

Con l'età del Bronzo, circa 3.800 anni fa, all'inizio il “commercio” della selce doveva essere la risorsa principale delle nostre collettività in Lessinia-Monte Baldo. La nostra selce era la più usata nei numerosi villaggi terramaricoli dell'intera Padania(60).

Verso i 3.200 anni fa, scomparivano i villaggi terramaricoli e, con essi, anche la nostra millenaria commercializzazione della selce entrò in crisi. Iniziava l'età del Ferro 2.900 anni dal presente; il commercio preistorico della selce pressoché scompare. Però la selce preistorica continuò a essere commerciata come amuleto(61).

NOTE

1)  SOLINAS G., Selci preistoriche o di ... mezzo secolo fa, Rivista di Scienze Preistoriche, 1953.  
-SOLINAS G., Selci lavorate per acciarino: Sibrium, Centro di studi preistorici ed archeologici, Varese, Musei Civici di Villa Mirabello X 10, 1970.
-SOLINAS G., Selci lavorate per acciarino nell'Italia settentrionale e in Francia, in "Studi Trentini di Scienze Naturali", val. XLVITI, n° 2, 1972.
-SOLINAS G., Il Canonier di S. Anna e le selci strane di Breonio, Lessinia quaderno I, Verona 1975.

2)  BENETTI A., Manufatti di selce preistorici e storici a Camposilvano nei Lessini Veronesi, “Studi Trentini di Scienze Naturali”, vol. 54, Trento 1977.

3) Ricchissimi di notizie per il nostro argomento sono i testi di antropologia, etnografia e preistoria scritti alla fine dell'800 e ai primi anni del '900.   .

4) PERESANI M., Storie di cacciatori previdenti, Archeologia viva, n. 82, 2000, p. 76.

5)  Oggi utilizzando gli studi di etnoarcheologia e sulla cultura popolare possiamo confermare questo “commercio” di beni fino dal lontano paleolitico ai giorni nostri. Come dimostra J.G.D. CLARK in Europa preistorica: gli aspetti della vita materiale, Sansoni editore, 1962. Inoltre, teniamo presente che era ancora vivo il baratto a Campofontana nel 1950: all'osteria si scambiava un uovo con un bicchiere di vino.

6) Fiocchi C., La parure dei primi uomini moderni, “La Lessinia - ieri oggi domani”, Quaderno Culturale n° 19, 1996, pp. 89-98.

7)  Notizia datami dal dotto Fabio Gurioli.

8)  PERETTO C., I primi abitanti della Valle Padana cronologia e tipologia delle industrie del Paleolitico inferiore, in PERETTO C. (a cura di), I primi abitanti della Valle Padana: Monte Poggiolo, Jaca Book, Milano 1992, p. 230.

9)  Il prof. Giacomo Giacobini, docente di Paleontologia umana all'Università di Torino in Homo erectus e Homo sapiens arcaico, scrive nel testo L'evoluzione del genere Homo,  Jaca Book, 1990, p. 68: «già 400 mila anni fa i fossili umani iniziano a presentare caratteri di tipo neandertaliano ».

10)  CHELIDONIO G.,  SOLINAS A.,  Homo erectus: un "veronese" di quasi mezzo milione d'anni fa, Civiltà veronese n° 4, anno II  febbraio 1986, Scudo Editrice, pp. 9-27.
ASPES A., BORGHESANI G., CASTAGNA A., LONGO 1., NICOLIS F.,  SALZANI L., SIMEONI G., ZORZIN R.; Carta archeologico-preistorica del Comune di Verona, Bollettino del Mus. Civ. St. Naturale Verona, Geologia Paleontologia Preistoria, anno 2002, volume 26, p. 48.

11)   CALBOLI G.,  GALIBERTI A., Scoperta di un'industria su ciottolo nel Gargano settentrionale (Puglia), in I primi abitanti della Valle Padana: Monte Poggiolo, Jaca Book, Milano 1992, p. 117.

12)  CORRA  G., Le glaciazioni pleistoceniche nel Baldo, nei Lessini e nei rilievi circostanti, Azimut Edizioni, 2000. p. 71.128.

13)  BROGLIO A. (a cura), Paleolitico, Mesolitico e Neolitico dell'Italia nord-orientale, Guide archeologiche, XIII Congresso internazionale delle Scienze Preistoriche e Protostoriche, Forlì 1996, p. 43.

14) PERETTO C.,  Il Paleolitico inferiore, in AA.VV. (a cura di ASPES A), Il Veneto nell'antichità preistorica e protostoria, Verona 1984, p. 213.

15)  PERETTO C., I rinvenimenti del Paleolitico inferiore nei Lessini, in AA.VV. (a cura di ASPES A), Preistoria Veronese, contributi e aggirnamenti, Mem.  Mus. Civ. St. Naturale di Verona (II serie). Sez. Sci. dell'Uomo n° 5, 2002 p. 19.

16)  SOLINAS A., Precisazioni, in “La Lessinia - Ieri oggi domani”, quaderno culturale 1982, p. 255.

17)  LEOPARDI P., Graffiti e segni paleolitici del riparo Tagliente, Boll. Museo Civ. St. Naturale di Verona, VII, 1980, pp. 601-656.

18)  PIPERNO M., LEROI, GOURHAN A.,  Dizionario di preistoria, G. Einaudi editore, vol. I, Torino 1991, voce "nucleo".

19)  DI LERNIA S., GALIBERTI A.,  Archeologia: mineraria della selce nella preistoria, Quaderni del dipartimento di Archeologia e storia delle arti, sezione Archeologica - Università di Siena. Edizioni all'insegna del giglio, Firenze 1993, p. 25.

20)  Queste località furono segnalate da Giovanni Solinas negli anni 1956, 1962, 1963.

21) BROGLIO A., Appunti sul ritrovamento di pitture paleolitiche nella Grotta di Fumane (Monti Lessini, Verona), Conferenza stampa 18 ottobre 2000, Mus. St. Naturale di Verona; Guidi A., PIPERNO M., Italia preistorica, Editori Laterza, 1992, p. 239.

22)  BROGLIO A., PERESANI M., Risultati preliminari delle nuove ricerche al Riparo di Fumane (a cura di P. BRUGNOLI e SALZANI L.), Annuario storico della Valpolicella, 1991- 1992-1993, pp. 44, 60.  

23) VILLIEIRS E., Amuleti talismani: ed altre cose misteriose, Editore Hoepli, Milano 1989, pp. 7, 8, 110.

24) BELLUCCI G., Il Feticismo primitivo in Italia, Tradizioni popolari Italiane, Perugia 1919, p. 38. Da poco tempo hanno riaperto il loro importantissimo museo a Perugia (n.d.s.). Nell'anno 2002 in una parte nascosta della grotta, nella galleria C, è stato rinvenuto un mucchietto di 33 conchiglie non forate, come se fossero state dentro un sacchettino.

25)  Enciclopedia G. Treccani, voci Ciprea e Cauri.

26)  Tutte le date sono state calcolate sul carbonio 14C calibrate secondo il programma CALIE 3.0.3.


27) BROGLIO A. S.c., IMPROTA S., Nuovi dati di cronologia assoluta del Paleolitico  superiore e del Mesolitico del Veneto, del Trentine e del Friuli, Atti Ist. Veneto Sci. Let. Arti, Tomo CLII (1994-1995), Venezia, pp. 1-45; BROGLIO A. s.c., IMPROTA, op. cit., (1994-1995), pp. 13-23.

28)  FONTANA F., GUERRESCHI A., LIAGRE JÉRÉMIE, Riparo Tagliente. La serie epigravettiana, Preistoria Veronese, contributi e aggiornamenti, Mem. Mus. Civ. St. Nat. di Verona (II serie), Sez. Sci. dell'Uomo, n° 5, 2002, p. 43.

29)  SOLINAS A., Il primo “commercio” che transitò per la Valdadige,  La Valdadige nel Cuore, Gruppo Culturale "El Casteleto", anno 2002, op. cit., pp. 39-48.

30)  BENETTI A., Manufatti di selce preistorici  e storici a Camposilvano nei Lessini  Veronesi, Studi Trentini di Sci. Nat., Trento 1977, vol. 54, p. 204.

31)  BARFELD L.H., Indagini stratigrafiche e di superficie al Ponte di Veja, Annuario Storico della Valpolicella, 1990-1991, p. 36.

32)  DALMERI G., LANZINGER M.; Ricerche paletnologicbe e paleoambientali al Riparo Dalmeri (Trento), Preistoria Alpina - Mus. Tridentino di Sci. Nat., vol. 25, Trento 1991, pp. 223-229.

33)  PERESANI M., Flint Exploitation at Epigravettian Sites in the Asiago Plateau (Venetian Prealps), Preistoria Alpina, Mus. Tridentino di Sci. Nat., vol. 28 (1992), Trento 1994, pp. 193-205.
BROGLIO A., CASTELLETTI L., FRIGO G., MARTELLO G., MASPERO A., PERESANI M., Le site épigravettien de Val Lastari sul l'Haut Plateau d'Asiago (Préalpes de la Vénétie), Preistoria Alpina, Mus. Tridentino di Sci. Nat., vol. 28 (1992), Trento 1994, pp. 207- 225.

34)  BROGLIO A., Un accampamento di 11.000 anni fa, Veneto, ieri, oggi, domani; Anno III, n° 27, marzo 1992, p. 64.

35)  Questa operazione può essere provata, perché in alta Lessinia trovo spesso nei mucchietti di terriccio mosso dalle talpe schegge silicee corticate.

36) BENETTI A., op. cit., 1977, p. 204.

37) Krakesa, da Krake = albero contorto e Kese = formaggio. Era una specie di sostegno a spalla ricavato da un  legno contorto in modo da poter essere adibito al trasporto del formaggio.

38)  FRIGO G., MARTELLO G.V., I siti mesolitici a sud di Cima XII (Altopiano dei Sette Comuni), Preistoria Alpina, vol. 27, (1991), Trento 1994, pp. 163-171.

39) Negli ultimi anni sono stati individuati in queste regioni parecchi insediamenti Mesolitici Sauveterriani datati da circa 11.000 a circa 8.600 anni fa, e Castelnoviani da circa 8.600 a circa 7.000 anni fa. Essendo la nostra selce la migliore della Valle Padana per costruire gli strumenti di quel tempo, è logico che fosse usata negli insediamenti mesolitici.

40)  ZURBUCHEN M., Ein Vorbericht über das Feuersteinvorkommen in der Provinz Trento und seine Verwendung in prähistoriscber Zeit, Preistoria Alpina, vol. 20, Trento 1984, pp. 333-338.

41) ANGELUCCI D., CREMASCHI M., NEGRINO F., PELFINI M., Il sito mesolitico di Dosso Gavia - Val di Gavia (Sondrio - Italia): evoluzione ambiente e popolamento umano durante l'Olocene antico nelle Alpi Centrali, Preistoria Alpina, n° 28/1, 1992, pp. 28-30.

42)  BOSCATO P.,  BROGLIO A,  CATTANI L., PERINI R., SALA B.,  Excursions dans les sites paléolithique et mésolithiques du Bassin de l'Adige, des Dolomtes et du Haut - Plateau d'Asiago, Preistoria Alpina, vol. 28/2 (1992), Trento 1994, p. 277.

43)  BAGOLINI B., NISI D., Monte Baldo, Preistoria Alpina, vol. 12,1976, pp. 237-41.

44) FERRARI A., MAZZIERI P., Fonti e processi di scambio di rocce silicee scheggiabili, in AA.VV. (a cura di Pessina A. e Muscio G.), Settemila anni fa il primo pane, Comune di Udine, Mus. Friulano di St. Naturale di Udine, 19,98, p. 167.

45)  BAGOLINI B., Le attività economiche nella preistoria del Trentino, Economia Trentina, n. 4, 1976, p. 108.

46) SOLINAS A., Primi manufatti certi del mesolitico recente e dell'antico neolitico rinvenuti in Lessinia, “La Lessinia - ieri, oggi, domani”, Quaderno culturale 1985, nn. 1-2, p. 177. Questa località è tuttora ignorata - come altre attorno a San Martino Buon Albergo - perché sull'ultima pubblicazione (op. cit., 2002, p. 62) non sono state inserite tra le località della Cultura di Fiorano.  SOLINAS A., Evoluzione del paesaggio nella preistoria, AA.VV. (a cura di PASA M.), San Martino Buon Albergo, Comune di San Martino Buon Albergo, Biblioteca Comunale 1998, pp. 35-49.

47)  Il prof. Bagolini si rammaricò di non potere inserire questa notizia nel testo da lui scritto Il Veneto nell'antichità, preistoria e protostoria, op. cit., a p. 323, perché era in stampa.

48)  ASPES A., Le tracce della Preistoria, in AA.VV., Grezzana e la Valpantena, Pro Loco di Grezzana - Comune di Grezzana, 1991, p. 78.
Lo studio del materiale archeologico fu presentato per la pubblicazione in una rivista locale nel 1987 ma fu contestato, perciò è tuttora inedito. Nel gennaio del 1990 assieme a soci dell'Archeoclub d'Italia, sodalizio di Verona, raccolsi materiali archeologici provenienti da scassi edili in località Campagne di Lugo, tra cui un bulino distale e la parte superiore d'ascia in pietra levigata cioè della Cultura di Fiorano, e venne immediatamente consegnato al dott. Luciano Salzani del nucleo operativo della Sovrintendenza Archeologica di Verona. Nella primavera dello stesso anno si riscopre la famosissima località di Campagne di Lugo.
SALZANI L., Abitato neolitico in località Campagne di Lugo, Quaderni di Archeologia del Veneto, vol. IX, 1993, p. 83.

49)  IMPROTA S., PESSINA A., La Neolitizzazione dell'Italia Settentrionale, il nuovo quadro cronologico, op. cit., 1998, pp. 108-113.

50) PESSINA A., FERRARI A., FONTANA A., Le prime popolazioni agricole del Friuli, op. cit., 1998, p. 144.

51)  SOLINAS A, La Preistoria nella Valle di Avesa, in AA.VV., Avesa 2 e la sua valle, Verona 1987, p. 316.

52)  WOODMAN P.C., Un campo mesolitico in Irlanda, Le Scienze, ottobre 1981, n° 158, p. 104.     
DOUGLAS T., BRlNCH PETERSEN E., Un accampamento Mesolitico in Danimarca, Le Scienze, maggio 1987, n° 225, p. 82.

53)  SOLINAS G., Storia di Verona, Verona, 1981, p. 45. SAURO U., SAURO L.,  Il paesaggio degli alti pascoli, in AA.VV., Gli alti pascoli dei Lessini Veronesi, 1991, p. 182.

54) VENTURI L., Propagazione del Rhus continus, in "Memorie dell'Accademia d'agricoltura commercio ed arti di Verona", vol. XVII, 1847, p. 167.
SOLINAS G., op. cit., 1953.

55)  BARFIELD L.H., THORPE O.W., WARREN S.E., The sources and distribution of archaeological obsidian in Nortbern Italy, Preistoria Alpina, vol. 15, 1979, p. 81.

56) L'uomo rinvenuto nel 1991 presso il rifugio del Similaun nelle Alpi Venoste. Quando a Verona fu presentato per la prima volta  dichiarai in pubblico che le selci di Òtzi erano della Lessinia.  Mi fu risposto che attraverso le fotografie non si possono fare certe affermazioni, invece poi...  

57)  FUGAZZOLA DELPINO M.A., PELLEGRINI E., La struttura ipogeica di Fosso Conicchio (Viterbo), in AA.VV., Simbolo ed enigma, il bicchiere campaniforme e l'Italia nella preistoria europea del III millennio a. C,  catalogo della mostra tenuta a Riva del Garda nel 1998, p. 199.

58)  La gentilissima dotto Flaminia Arcuri, che studiò l'industria litica di quella località, mi mostrò velocemente un pugnale bifacciale in selce grigia ricca di flocculi non proveniente da quella locale, raccolto nella tomba n° 1.  Archeologia a Piano di Sorrento, catalogo della mostra, 1990, p. 86.

59)  In Sardegna la selce di quel colore non esiste, la lama è riprodotta fotograficamente nel volume Ichnussa. La Sardegna dalle origini all'età classica, Garzanti, 1985, appendice, n° 21.

60)  PERESANI M., L'uso della selce nelle Terramare, in AA.VV., Le Terramare, la più antica civiltà Padana, Electa, 1997, p. 517.

61)  SOLINAS G., Le selci preistoriche come amuleti dal Paleolitico al giorno d'oggi, "Natura Alpina", Trento, 1969.


Fonte: da srs di Alberto Solinas; Estratto da: CIMBRI - Tzimbar  vita e cultura delle comunità cimbre; Anno XV - n. 32 Luglio-Dicembre 2004, Rivista semestrale del Curatorium Cimbricum Veronense  c/o Museo dei Cimbri - Giazza (VR)

*** La lettera di rifiuto dell'articolo da parte  della "commissione degli esperti"  de  LA LESSINIA  IERI OGGI DOMANI perché:

In relazione al colloquio intercorso tra di noi al telefono io non metto in dubbio il fatto che tu (come tuo Padre) per molte cose sia stato un "anticipatore".  Ma non basta scrivere cose nuove, occorre anche saperle presentare secondo i canoni della letteratura degli esperti del settore. In altre parole occorre sapersi far accettare dagli  esperti. 






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