domenica 17 aprile 2011

LE GUERRE COLONIALI: GLI ITALIANI NON DEVONO SAPERE



In Italia spesso abbiamo assistito a censure di films, tagli di parti essenziali, tagli di scene d'amore ritenute non consone alla maturità  degli italiani, ricordiamo il film "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti; «Il Gattopardo», sempre di Luchino Visconti, censurato nelle scene politiche dalla parte dei Borbone.

Tantissimi sono stati i films censurati. La gente ignara però non sa che molti films sono censurati dalle case distributrici “per ordine superiore” o censurati direttamente dallo Stato in quanto gli italiani, semplicemente, non devono sapere.

Abbiamo assistito a film come "Platoon", come "Apocalisse Now" sulla guerra imperialista americana, abbiamo assistito a film come "Soldato blu" e "Piccolo grande uomo" contro l'esercito americano e le stragi perpetrate dai suoi generali.

Gli italiani però non possono vedere o quasi film contro i garibaldini sul massacro di Bronte come quello di Florestano Vancini «Bronte», oppure l'ultimo di Pasquale Squitieri "E li chiamarono Briganti" un carme contro il Risorgimento, contro l'esercito del generale Cialdini ritenuto assassino nel Sud per le porcherie commesse dalla sua truppa. In questi casi le case di distribuzione, forse per far piacere ai politici di turno li boicottano.

In Germania, che pure non è tanto critica col suo passato nazista vedono nelle sale "Scindler's list", a noi italiani ci è stato negato di vedere un film crudo e veritiero nei minimi dettagli, trattasi di "Ornar Mukhtar" il leone del deserto" con Anthony Quin, Gastone Moschin, Raf Vallone che racconta la storia dei partigiani libici scannati dall' esercito savoiardo.
Il liberale Raffaele Costa rispose ad una interpellanza parlamentare dicendo che "Il film non poteva essere proiettato sugli schermi italiani perché offendeva il nostro esercito".
Costa, di formazione piemontese, liberale e colonialista, non sa che quello non era un esercito italiano,  quello era un esercito fascista e savoiardo e gli italiani veri si sentono offesi dalle gesta di quegli assassini difesi ancora oggi dalla casta militare e politica del nostro Paese.
 Raffaele Costa e altri come lui non sanno di sedere in un parlamento repubblicano, nato in libertà, sulle ceneri del fascismo e di Casa Savoia.

Continuate pure e non far conoscere le sconcezze di quegli assassini e di quell' esercito che non ci appartengono, ci stiamo pensando noi, ormai siamo in molti a farlo, la vostra fine politica è segnata, un nuovo Stato sorgerà sulle ceneri di questo, una vera repubblica antifascista e anti savoiarda sarà consegnata agli italiani. Una nuova classe politica si sta delineando, vi è un Sud vivo, vi è un Sud che conosce il suo male, da dove è venuto, da chi è stato massacrato. Il riscatto del Sud e quello della vera Italia è alle porte. È solo questione di tempo.

Il film in questione racconta: " ... come il generale Graziani interpretò - campi di concentramento, sterminio chimico - gli ordini di Mussolini. Nel dicembre del 1928 viene nominato governatore unico delle colonie il generale Pietro Badoglio che mette in chiaro le sue intenzioni: «Nessun ribelle avrà pace: né lui, né la sua famiglia, né i suoi arredi, né i suoi armenti. Distruggerò tutto, uomini e cose". (Gianni Lanes, l'Unità, mercoledì 14 novembre, 2001, pag 29).

Omar Muhktar

Amici libici, fratelli del Mediterraneo, Omar Muhktar, il leone del deserto è anche il nostro eroe, dovete sapere che quegli assassini dell'esercito piemontese che l' on. Raffaele Costa, e quelli come lui si sono affannati a chiamare italiano, erano i nostri nemici: scannarono oltre un milione di meridionali nel 1860 e dintorni.
Le parole di Badoglio ricalcano pari pari quelle del massacratore della mia città Enrico Cialdini e di altri come lui, tutti assassini, tutti criminali di guerra. Noi, veri italiani, vi chiediamo scusa a nome loro visto che non hanno nemmeno il coraggio di chiederle ai loro fratelli meridionali.

In Libia come nel 1860 contro i meridionali

Nel 1860 i generali piemontesi scannarono i nostri partigiani, i loro familiari, donne e bambini, senza pietà alcuna in quella che fu la prima guerra coloniale piemontese.
Nel 1928  l'esercito fascista e savoiardo riprese a spese dei libici ciò che aveva sperimentato sui nostri avi chiamati briganti perché combattevano per la loro patria e per la chiesa cattolica. " ... con tremila uomini, a volte ridotti a mille, con 2600 fucili antiquati, amar affronta 20 mila nemici dotati di mezzi più moderni: aerei, autoblindo, mitragliatrici, cannoni, radio, ordigni chimici. Il «Leone del deserto» colpisce, poi si ritira, svanisce nel nulla da buon partigiano .. fedele alla propria fama, Graziani introduce la pena di morte mediante impiccagione per il reato di semplice connivenza con i ribelli (proprio come con i manutengoli dei partigiani del Sud chiamati briganti, nda.).

Libia - Cinquantamila impiccati

Ma non basta, ed ecco l'atroce soluzione per spezzare i legami tra la popolazione civile ed i guerriglieri: tutti gli abitanti del Gebel, 100 mila persone, un ottavo dell'intera popolazione libica. Vecchi, bambini e donne vengono deportati ed internati in 15 campi di concentramento - famigerati lager col vessillo tricolore di Soluch, Sidi Ahmed, El Magrun - i loro beni espropriati, i villaggi distrutti.
 Nelle lunghe, terribili marce a cui vengono costretti gli arabi a partire dal giugno 1930, chi non ce la fa o semplicemente si attarda viene immediatamente ucciso. «non furono ammessi ritardi durante le tappe - si legge in una relazione riservata dell'Asmai (governo italiano).
Chi indugiava veniva passato immediatamente per le armi. Tutti quelli che cadono a terra sfiniti o che arrancano a fatica vengono abbattuti dai "valorosi" soldati italiani.
È la marcia di 110 chilometri per i Marmarici e gli Abeidat.
Le deportazioni in ristrette aree desertiche della Sistica, durano tre anni, nei quali i libici vengono decimati dalla fame, dalla fatica del lavoro forzato, dalle malattie. Nei campi di concentramento circondati da filo spinato e mantenuti sotto il tiro delle armi da fuoco, chi è sospettato di connivenza viene impiccato, spesso insieme alla propria famiglia, bambini compresi. Alla fine saranno 50 mila a non sopravvivere ...

Non si esita ad usare gas micidiali

... le forze del ribelle amarsi assottigliano sempre più. L'esercito a guida fascista pur di aver ragione della resistenza libica non esita ad usare i micidiali gas (proibiti dalla Convenzione di Ginevra del 1925 ). Un dispaccio del governatore Badoglio al vice governatore Sicciliani del 10 gennaio 1930 ordina senza mezzi termini: «Continui rastrellamenti ... Per amar al-Muhktar occorre una buona sorpresa con aviazione e con bombe iprite». Ordigni all'iprite e al fosgene - aggressivi chimici fabbricati a Bussi sul Tirino (Abruzzi), Rho (Lombardia) e Foggia (Puglia) ... " (Gianni Lanes, l'Unità, mercoledì 14 novembre, 2001, pag. 29).

Eccidio  di Debre  Llbanos in Etiopia

Il 19 febbraio del 1937, il Viceré d'Etiopia Rodolfo Graziani volle essere magnanimo con le popolazioni abissine. Per ingraziarsele e per compiere un gesto di grande generosità decise di far distribuire ai poveri della città la somma di 5 mila talleri.
Graziani - dice lo storico Angelo Del Boca- voleva festeggiare la nascita di Umberto, principe ereditario di casa Savoia, la cerimonia si svolse sui gradini del piccolo Ghebì, la vecchia residenza di Hailè Selassiè, oggi sede dell'Università di Addis Abeba. Due giovani eritrei, ma forse erano più di due, mischiati tra la folla dei mendicanti, lanciarono diverse bombe a mano contro Graziani. Le vittime furono sette, ma il viceré fu solo ferito.

La vendetta fascista fu immediata. Mussolini ordinò "un radicale ripulisti" ed il federale di Addis Abeba, «Guido Cortese, scatenò una bestiale rappresaglia.
Dice Del Boca che: "Per tre giorni soldati italiani, bande armate di fascisti, ascari eritrei ebbero mano libera. Rastrellarono i quartieri poveri della città: bruciarono i tucul con la benzina, usarono bombe a mano contro chi cercava di sfuggire ai roghi".
 Tutto ciò che era dei poveri veniva eliminato: capanne, casupole, bestiame, beni. Perfino la chiesa di San Giorgio venne incendiata alla presenza del Cortese. Del Boca indica in seimila i morti ma gli etiopi ci fanno sapere che furono almeno 30 mila.
Leggiamo sul sito internet del comune di Filettino, paese di nascita di Graziani che il massacro fu senza fine, il viceré decise di eliminare tutta l'intellighentia etiopica e che" ... i tribunali militari diventarono macchine di morte. Tra febbraio e giugno furono fucilati alti funzionari governativi, notabili del Negus, intellettuali, giovani etiopici che avevano studiato all'estero. A marzo Graziani ordinò lo sterminio degli indovini e dei cantastorie che stavano annunciando, nelle loro profezie, la fine dell'occupazione italiana.
Il comandante dei carabinieri in Etiopia, Azolino Hazon, tenne una tragica contabilità: annotò nella sua contabilità che i soli carabinieri avevano passato per le armi 2.509 indigeni.

Non è finita. Gaziani- rivela Del Boca - vuole catturare i due attentatori. Avendo avuto notizie dai servizi segreti che i due terroristi si sarebbero addestrati nella città sacra di Debre Libanos, Graziani non ebbe esitazione alcuna, ordinò al generale Maletti di occupare il monastero più importante d'Etiopia. Debre Lìbanos, città conventuale, due chiese in muratura, tremila tucul, centro della religione copta, nel centro della regione dello Shoa è destinata al martirio dal viceré fascista. Graziani ordina una feroce repressione - osserva Del Boca - un'autentica razzia. Vuol far sparire la città sacra dei copti, vuole distruggere il vaticano degli etiopi. Il generale Maletti è un esecutore zelante: nella sua marcia verso Debre Libanos brucia 115.422 tucui, 3 chiese, 1 convento e uccide 2.523 etiopici.  Una contabilità da macabro ragioniere.  Maletti occupò Debre Libanos il 19 maggio del 1937 e subito dopo ricevette un messaggio da Graziani" Abbiamo le prove della colpevolezza dei monaci, li passi per le armi tutti, compreso il vicepriore".

Chi ci ha fatto conoscere nei minimi particolari quello che accadde a Debre Libanos sono gli storici Campbell e Sadik: hanno studiato i fatti, raccolto testimonianze, hanno ascoltato i racconti dei superstiti, hanno soggiornato a lungo nel convento in questione.

Leggiamo sul sito internet del comune di Filettino che: « .. .I giovani, i monaci, i diaconi di Debre Libanos furono portati dagli uomini di Maletti in uno stretto vallone a venti chilometri dalla città. E' la gola di Zega Weden. I monaci vennero spinti sull'orlo del crepaccio, schierati su una fila con alle spalle i precipizi. Vennero uccisi a colpi di mitragliatrice. Erano troppi per i fucili delle truppe.  Via via che cadevano, gli ascari al servizio dell'esercito cosiddetto italiano gettavano i corpi nel crepaccio.
Un ragazzo di 14 anni scampò a quel genocidio fingendosi morto: ha raccontato i fatti ai due storici che scesi tra la rocce del crepaccio di Zega Weden han trovato le ossa e le prove di detto eccidio. I generali dovrebbero essere adusi a fare le guerre e a vincerle, quelli dell'esercito cosiddetto "italiano", lo dimostra la storia, erano capaci solo ad uccidere vecchi, bambini, monaci, preti, donne e uomini inermi.  Per vincere in Etiopia l'esercito fascista usò i gas nervini. Graziani disse che quello di Debre Libanos fu " …. un romano esempio di pronto e inflessibile rigore" e da buon criminale di guerra si è addossato tutte le responsabilità di quel massacro. I monaci e i ragazzi morti in quel massacro furono circa 1600. I due terroristi sono ancora liberi, ne siamo sicuri.

Fonte: liberamente tratto da srs di Antonio Ciano; “Le stragi e gli eccidi dei Savoia (Esecutori e Mandanti)”  2006 

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