martedì 31 maggio 2011

Si digitalizza il tesoro della biblioteca di Santa Caterina (Sinai)

Manoscritti

Antichi manoscritti entrano a far parte dell’era digitale con l’aiuto del figlio di un beduino, custode dei cammelli.
Si chiama Hemeid Sobhy, il giovane di 23 anni, nativo di un villaggio beduino nel Sinai, che da sei mesi aiuta il monaco ortodosso americano padre Justin, responsabile di un ambizioso progetto consistente nel fotografare la collezione di 3,300 manoscritti in 11 lingue nell’antico monastero di Santa Caterina. Per età e importanza, questa collezione è seconda a livello mondiale solo a quella del Vaticano. La fotografia permetterà di mettere a disposizione degli studiosi di tutto il mondo tutto questo materiale.

Hemeid, laureato in ragioneria, economica, gestione e informatica, lavora ora in una tenda coperta di plastica trasparente, adattata ad ufficio. Per preservare l’ambiente dalla polvere è stata dotata di un sistema di filtraggio dell’aria. A sua disposizione ha un computer, una macchina fotografica digitale, due flash, un treppiedi e una custodia di metallo per conservare al sicuro i fragili manoscritti mentre si scattano le foto.

Padre Justin, nato in una famiglia battista che pubblicava libri religiosi, nei suoi studi alla University of Texas fu affascinato dalla storia bizantina e così decise di entrare a far parte della Chiesa Greca ortodossa. Divenuto membro di un monastero in Brookline, ebbe il compito di curare i progetti di pubblicazione. Oggi oltre alla responsabilità di custodire la collezione di Santa Caterina, padre Justin ha il compito di accompagnare i manoscritti nelle rare occasioni in cui escono dal monastero. Lui stesso è molto richiesto come relatore. Il progetto è stato avviato anche grazie a consistenti contributi offerti da alcuni enti: la Saint Catherine Foundation di Londra, nata per aiutare la biblioteca, ha donato 10,000 $, The Flora Family Foundation di Menlo Park, California, 150,000 $, l’editore italiano Mondadori ha contributo con 35,000 $.

La collezione comprende più di 1,8 milioni di pagine, senza includere la scoperta dei frammenti rinvenuti nel 1975 denominati New Finds. I manoscritti, molti dei quali sono ornati con foglie d’oro e colori da sembrare gioielli, risalgono anche al sesto secolo d.C. Contengono prevalentemente testi delle Scritture, della liturgia e sermoni. Non mancano preziose testimonianze di scritti di letteratura classica greca e di ricette mediche.

Il monastero greco ortodosso di Santa Caterina si trova in un luogo isolato ai piedi di una ripida montagna in territorio musulmano nel deserto del Sinai. Forse è proprio per questo che il monastero, con la sua collezione di manoscritti e icone bizantine, si è custodito nel corso dei secoli. Fu l’imperatore Giustiniano a far costruire il monastero nel sesto secolo e a inviarvi 200 famiglie da Alessandria e dalla costa settentrionale dell’Anatolia per garantirne il sostentamento. Oggi sono i loro discendenti, la tribù mussulmana di Jebeliya, a fornire il personale al monastero.

Padre Justin è dell’opinione che, riuscire a fotografare l’intera collezione, non rappresenta un "traguardo realistico", cioè corrispondente alle reali esigenze. In realtà, come avviene per qualsiasi altra collezione, il 90% degli utenti è interessato al 10% del materiale, e riuscire a fotografarne questa percentuale è un "traguardo ragionevole".
Adattamento: R.P.

Fonte: Suzanne Muchnic, Los Angeles Times (5-2-2007)
Fonte: da SBF Taccuino (Studio Biblico Francescano - Custodia Terra Santa  Gerusalemme) del 14 febbraio 2007

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