sabato 18 giugno 2011

STORIA DELLA CHIESA MEDIEVALE. (Cap. V.C): LA RESIDENZA PAPALE IN FRANCIA AD AVIGNONE; IL CONCILIO DI VIENNE E LA SOPRESSIONE DEI TEMPLARI

Papa Clemente V

L'ultima fase del Medioevo segna una tappa veramente difficile per il papato, e inaugura uno dei periodi più discussi della sua storia: 1) la vacanza avignonese, 2) lo scisma occidentale, 3) il conciliarismo.

Clemente V e Filippo il Bello.

Il successore di Bonifacio VIII, Benedetto XI, morì a Perugia pochi mesi dopo la sua elezione (1304). Il successivo conclave fu lungo e laborioso, essendo diviso fra i cardinali filo-francesi e i seguaci della memoria di Bonifacio VIII. Si giunse finalmente a un compromesso: furono designati tre cardinali francesi, graditi a Filippo il Bello, ma che non si erano mostrati ostili a papa Caetani.

Dei tre venne eletto l’arcivescovo di Bordeaux, Bertrand de Got, che si chiamò Clemente V (1305-1314): era un francese, ma creato cardinale da Bonifacio VIII e non era suddito di Filippo.

Perché il nuovo pontefice non andò a Roma e si fece incoronare a Lione?  E perché anche in seguito non si trasferì nella capitale della cristianità? Innanzitutto gli erano pervenute notizie poco rassicuranti sulla situazione dello Stato pontificio e dell’ Italia.  Inoltre pensava che, rimanendo in Francia, poteva essere un valido interlocutore tra i due re belligeranti di Francia e d’Inghilterra. In terzo luogo pesarono su di lui le pressioni di             Filippo il Bello, che voleva l’abrogazione dei decreti bonifaciani contro la corona francese e la sua collaborazione nella questione dei Templari.  Il papa aveva poi l’intenzione di convocare a Vienne un concilio: era quindi     opportuno  rimanere in loco. Infine, influirono le buone, condizioni climatiche di Avignone, adagiata sul fiume Rodano  e circondata da dolci colline, le poche ambizioni di questa città.  che non aveva tradizioni, né motivi per ribellarsi, a differenza di Roma...(1)

Del resto, il tesoro papale era al sicuro in Assisi, e poi c’era  sempre l’intenzione di ritornare, appena possibile. In realtà, i suoi sei successori furono tutti francesi di origine e dimorarono ad Avignone, così che Clemente V rimase l’iniziatore del cosiddetto esilio avignonese del papato.

Per curiosità, ricordiamo che dei suoi predecessori sul soglio pontificio, dieci erano morti lontani dall’Urbe e, dal 1085 al  1305, avevano dovuto abbandonare ben trentatré volte le acque  agitate del Tevere! Il trasferimento della curia romana ad  Avignone avvenne gradualmente, e dal 1309 i papi vi risedettero in modo stabile.

Clemente V non si mostrò all’altezza dei suoi compiti: fu troppo arrendevole alle pretese di Filippo il Bello, specie sul  “caso Bonifacio VIII”.  Infatti annullò per la Francia la bolla Unam Sanctam; il re fu dichiarato esente da colpa per l’attentato di Anagni; il Nogaret assolto come innocente; riabilitati i Colonna. Filippo persisteva nel voler aprire un processo contro Bonifacio: solo sacrificando l’Ordine dei Templari e facendo altre concessioni, il papa riuscì ad evitare una profonda umiliazione alla Santa Sede.  Nel Concilio  ecumenico di Vienne (1312) fu sollevata ancora una volta  contro Bonifacio VIII l’accusa di eresia, ma venne respinta come infondata.

Il Concilio di Vienne (1311-1312)

Una vera tragedia, con ripercussioni in campo politico-ecclesiastico e nella storia degli Ordini religiosi, fu la soppressione dei Templari sotto il pontificato di Clemente V.  Principale responsabile, il prepotente Filippo che, geloso dell’autonomia e cupido delle ricchezze dell’Ordine, decise di annientarlo, ricorrendo ad accuse assurde e blasfeme. Quando il papa, nel 1307, acconsentì ad aprire un processo, il re fece imprigionare circa duemila Templari con il loro Gran Maestro e confiscò i loro beni.  Con torture varie vennero costretti a «confessare» i loro delitti; alcuni morirono sul rogo (54 templari in una sola volta a Parigi nel 1310) o in carcere.

La decisione definitiva sulla loro sorte doveva pronunciarsi nel Concilio di Vienne (XV ecumenico). Questo si svolse per:

- trattare la questione di Bonifacio VIII, dichiarata chiusa;
- indire una crociata per la Terra Santa; si raccolsero somme e promesse vaghe dai re di Francia e d’Inghilterra;
-promuovere la riforma della Chiesa, che fu oggetto di solerti deliberazioni, ma attuata solo in parte con decreti conciliari;
- studiare il problema della povertà nell’Ordine francescano (b. Exivi de paradiso); condannare certe idee di Pietro Olivi;
-sopprimere il movimento delle Beghine;
- introdurre l’insegnamento delle lingue orientali nelle università.

La massima parte del tempo e dell’interesse fu concentrata sui Templari.  La maggioranza dei Padri conciliari era del parere che la colpevolezza dell’Ordine non fosse sufficientemente dimostrata.  Ciononostante, Clemente V, dietro pressioni di Filippo, presente al Concilio, ne decretò la soppressione con bolla del 1312, motivandola con ragioni di ordine amministrativo: prigionia perpetua per alcuni grandi dignitari dell’Ordine, per altri il rogo.  Un giudizio storico su Clemente V e sull’affaire dei Templari non può essere che severo da tutti i punti di vista.

Conclusione

L’esperienza conciliare della cristianità medievale risulta, quindi, come un intreccio di fattori di continuità e di rottura rispetto alla tradizione precedente. I concili della chiesa latina testimoniano, da un lato, la persistenza di un contenitore istituzionale indispensabile, specie nelle situazioni di crisi, e capace di garantire al papa un consenso ed una autorità sempre più vaste ed indiscusse; anzi, sarà anche grazie ad essi ed al loro sostegno rispetto alle ambizioni del potere imperiale, che si potrà perdere coscienza, dalla metà del XIII secolo in poi, del peso avuto dall’istituzione conciliare nella genesi della “monarchia papale”, di un regime di cristianità imperniato sull’autorità del pontefice.

Tuttavia i contenuti conciliari vengono profondamente mutati: alla conclusione del nostro rapido percorso ciò che connota il concilio è ormai il papato, che ha surrogato una ecumenicità impraticabile e neppure desiderata. La funzione genetica del concilio rispetto al diritto canonico verrà a mutare profondamente quando, in misura macroscopica dal Lateranese III in poi, le decisioni assembleari di valore giuridico universale verranno prese in attuazione di precedenti decretali papali. Solo nelle nicchie del diritto e della teoria politica si conserverà la coscienza della alterità fra papa e concilio, grazie alla quale si potrà risolvere lo scisma d’occidente.

Un ulteriore dato di lungo periodo è costituito dal modo di intendere lo scisma del 1054: distante dalla concezione della separazione come lacerazione dell’unità con la chiesa greca, la tradizione conciliare occidentale risente della drammatizzazione dello scisma, riscontrabile nell’inserimento stabile del tema, dal Lateranense IV in poi, nell’agenda conciliare della chiesa latina. E una drammatizzazione che nasce dall’orrore che si prova per gli errores dei greci e per la loro durata: colpisce, infatti, l’inconsapevolezza occidentale delle mutazioni avvenute dal 1054 in poi proprio in seno alla chiesa latina, il che rendeva sempre più difficile, se non impossibile, il costituirsi di un gruppo fra i cristiani d’oriente disposto ad un vero confronto teologico e non ad una resa strumentale e necessariamente effimera. Nei concili, non meno che nei teologi, che toccano la questione, manca la tematizzazione della trasformazione avvenuta nello stesso concetto d’unità utilizzato dai latini (e non era cosa di piccolo momento, se Umberto di Romans arriverà a sostenere l’esigenza di avere un solo papa non in rapporto all’unità della Chiesa, ma alle necessità di avere un centralismo efficace e sicuro!).

Questi fattori di sviluppo non percepito spiegano il passaggio, verificabile sul lungo periodo, dalla simbiosi fra papa e concilio dei primi concili gregoriani alla contraddizione latente, che i due secoli successivi si sarebbero incaricati di far esplodere.


NOTE

1)  Avignone, o meglio il Contado Venosino, entrato in possesso della Santa sede nel 1272, al tempo di Gregorio X, era un pezzettino dello Stato Pontificio in Francia (Provenza). Per questo con il venir meno delle condizioni e le garanzie sociali in Roma i papi lasciarono l‟Urbe per insediarsi ad Avignone. Il Contado sarà “venduto” alla Francia nel 1791, in piena tempesta rivoluzionaria.


Fonte: Appunti.  Biennio filosofico.  Anno Accademico 2010-2011


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