venerdì 5 agosto 2011

Verona. - Le Selci Blu. - Presentati i risultati dell'indagine sui reperti dell'Arsenale. «selci blu, forse uno spray per fotografarle meglio, il colore
 può essere eliminato»

L´assessore con gli esperti che hanno effettuato l´indagine  (DIENNEFOTO)


L’assessore  Erminia Perbellini: «Erano conservate correttamente, non è chiaro cos'abbia causato l'alterazione»
Va a finire che diventeranno un'attrazione, le selci blu del Museo di storia naturale. I presupposti ci sono tutti. Pensate che gli studiosi hanno già battezzato la misteriosa molecola che potrebbe essere colpevole del cambio di colore delle pietre. Il nome? «Juliet», Giulietta. Un marchio doc che a Verona tira sempre. Per dirla subito: la colorazione sembra che si possa eliminare. Con un bombardamento di raggi «ics», già testato, scomparirebbe. Verrà provata su una decina di pezzi e se saranno confermati i primi test. Le cause? Ancora incerte.

È quanto comunicato dall'assessore alla cultura Erminia Perbellini e dal soprintendente ai beni archeologici del Veneto Vincenzo Tinè, con i dirigenti del Museo, illustrando le conclusioni della commissione di indagine sulle selci blu fornite dalle università di Pisa e Firenze. In base a questi dati il danno potrebbe essere stato provocato una cinquantina d'anni fa da qualche studioso che spruzzò uno spray per far assumere un colore vivace alle pietre, per fotografarle.

L'ipotesi di esporre i reperti al pubblico viene suggerita dalle autorità. Chiamala se vuoi «eterogenesi dei fini». Se non fosse che la procura sta ancora indagando per accertare eventuali responsabilità; che si è mossa la commissione cultura del Consiglio comunale; che studiosi di due università hanno svolto indagini; che si sono occupate del caso riviste scientifiche internazionali; se non fosse che il caso è finito in Parlamento e dal ministro Galan; se non fosse per tutto questo ci sarebbe anche da scherzarci su.

I pezzi blu, su 201mila reperti conservati all'ex Arsenale, sono circa 8.000, di cui 590 gravemente danneggiati, cioè tutti blu, gli altri solo a chiazze. «Abbiamo avuto i risultati dell'analisi svolta dal laboratorio del Dipartimento di Chimica di Pisa», dice l'assessore Perbellini, «che confermano che la colorazione è reversibile e non c'è stata alterazione strutturale dei materiali. Ci sono invece posizioni discordanti rispetto allo studio effettuato dall'Università di Padova per quanto concerne la causa della colorazione, che l'ultima analisi non attribuisce ai tappetini sui quali le selci vengono posate per la conservazione, ma ad altre indefinite cause». Anche lo studio di Pisa rileva che i reperti sono conservati in maniera appropriata».

La pista del sabotaggio? Le conclusioni dello studio, illustrate da Tinè, «evidenziano che le condizioni di conservazione nelle cassettiere all'interno dell'Arsenale, possono aver favorito la comparsa della colorazione blu solo ammettendo che una sostanza, tuttora incognita, sia venuta accidentalmente in contatto con la selce o che in passato sia stata utilizzata per evidenziare le proprietà di questi materiali, ad esempio per poterli preparare per un servizio fotografico. L'analisi sottolinea infine che la colorazione può essere rimossa e le selci possono così riacquistare il loro normale aspetto».

Fonte: srs di Enrico Giardini  da L’Arena di Verona di Mercoledì 27 Luglio 2011;  CRONACA, pagina 10




Verona e le Selci Blu. - Interpellanza -  Il  Pd 
a Giancarlo Galan:
«Ma di chi è 
la colpa?»

«A distanza di quattro anni dallo spostamento delle collezioni nell'ex Arsenale sono ancora ignoti motivi e responsabilità dell'inquinamento da idrocarburi che ha provocato la colorazione di blu delle selci preistoriche. Resta tuttora non risolta anche una adeguata collocazione di tutti i reperti del Museo di storia naturale, come da un anno richiedono 40 paleontologi di tutto il mondo, insieme alle prestigiose riviste Science e Nature».
Lo scrivono in una nuova interrogazione urgente al ministro dei Beni culturali Galan il vicecapogruppo del Pd Felice Casson, insieme ai senatori Paolo Giaretta, Maria Pia Garavaglia e Andrea Marcucci. «I reperti furono trasferiti da Castel San Pietro tra febbraio e dicembre 2007», spiega Marcucci, «mentre l'autorizzazione alla Soprintendenza è datata 3 dicembre 2008. Ciò significa che le selci sono state ammassate nel magazzino dell'Arsenale senza catalogazione né inventario. In seguito», aggiungono, «non è stato possibile verificare lo stato di conservazione dei reperti neanche al Conservatore della sezione di preistoria, che solo nel febbraio 2010 ha constatato l'irreversibile alterazione cromatica delle selci. Ne consegue», conclude, «che molte cose non sono funzionate come dovevano e il risultato è stato un danno, anche erariale, incalcolabile». I senatori del Pd chiedono perciò Galan di procedere comunque «a una completa e coerente fruizione degli importanti beni archeologici» da parte di studiosi e pubblico, tuttora impossibilitati ad accedere alle collezioni archeologiche del museo.

Fonte: da L’Arena di Verona del Martedì 26 Luglio 2011;  CRONACA, pagina 13



Museo di Verona.  –  Le  Selci Blu, la polemica  continua. – Giancarlo Galan replica: « fatto imprevedibile»

Galan replica «selci blu fatto imprevedibile»
Ma continua
la polemica
«L'inedita interazione chimico fisica che ha colorato di blu gli antichissimi reperti preistorici del Museo civico di Storia Naturale di Verona è da considerarsi come un evento assolutamente eccezionale e del tutto imprevedibile». È un passaggio della lunga risposta del ministro Galan a un'interrogazione presentata dai senatori del Pd Maria Pia Garavaglia (veronese) e Andrea Marcucci sul caso delle selci che hanno cambiato colore a seguito del trasferimento da Castel San Pietro all'ex Arsenale.
I parlamentari avevano denunciato l'assoluta mancanza di controlli nel trasloco dei reperti e i capitolati di gara per la fornitura di materiali d'arredo e conservazione. «La risposta del ministro è articolata ma di fatto non interviene sul trasloco», dice in una nota Marcucci. «Il ministro ci informa che è atteso l'ultimo pronunciamento del laboratorio dell'Università di Pisa e che comunque esclude responsabilità della Soprintendenza, ma restano fondati dubbi sulla gestione del capitolato di gara per le forniture e sulla confusione delle autorizzazioni per spostare le collezioni». Per Marcucci «vanno accolte le principali richieste della comunità scientifica, cioè mettere in sicurezza i reperti e coinvolgere, anche per riparare il danno d'immagine, un comitato internazionale per valutare le conseguenze del grave inquinamento sui reperti».

Fonte: L’Arena di Verona di  Sabato 25 Giugno 2011;  CRONACA, pagina 8





«LE SELCI BLU? TORNANO NORMALI CON L'ACETONE»


Alcune delle selci preistoriche diventate blu



REPERTI PREISTORICI. Portate all'Arsenale, alcune s'erano «colorate»

Alessandra Aspes, ex direttrice del Museo di Storia naturale, accusata di danneggiamento. Al giudice ha spiegato : «Per il ministero il fenomeno è reversibile»



«Non ho mai avuto sanzioni amministrative, la responsabile del Ministero, la dottoressa Calandra nella sua relazione ha scritto che il fenomeno è reversibile e che i danni riportati dal 2-3% delle selci non sono permanenti». E l'azzurro sparirebbe trattando le pietre con acetone o sottoponendole ai raggi x.
Questa vicenda l'ha angosciata come angoscerebbe chiunque chiamato a rispondere in tribunale per qualcosa che ha fatto rispettando regole e cautele.
Dal 2010 Alessandra Aspes, studiosa e già direttrice del Museo di Storia naturale, convive con lo spettro di quelle benedette selci - reperti scientificamente importanti perchè testimoniano l'opera dell'uomo preistorico - che dopo il trasferimento da Castel San Pietro all'Arsenale hanno assunto una colorazione azzurrognola, qualcuna più di altre.
Quelle selci «colorate» a macchia di leopardo da due molecole fino a quel momento completamente sconosciute e che per l'occasione vennero ribattezzate, in omaggio a Verona, «Giulietta e Romeo».
Di romantico c'è poco però, perchè all'ex direttrice (lasciò la direzione nel marzo 2010) oltre ad alcune violazioni relative agli obblighi conservativi, e già ampiamente prescritte, si contesta il danneggiamento appesantito dal «dolo eventuale» che presuppone l'accettazione del rischio che ci sarebbero stati danni.
Ieri, davanti al giudice Raffaele Ferraro, per allontanare quello spettro, la dottoressa Aspes ha ripercorso ogni passaggio. Poco prima il suo legale, Marina Iacobazzi, ha depositato consulenze e relazioni, ha dato il consenso affinchè il giudice acquisisse il fascicolo del pubblico ministero (ieri in aula il dottor Nicola Marchiori) ma il processo si conclude in settembre.
E Alessandra Aspes, rispondendo alla domanda sulle cautele adottate, ha iniziato: «Il Comune aveva venduto Castel San Pietro alla Fondazione e dovevamo spostare le collezioni. Il luogo più idoneo fu individuato nell'Arsenale, anche in vista di una unica sede museale. Il locale venne quindi sistemato, controllata l'umidità e l'aerazione, le condizioni erano le stesse dell'altro deposito. Vennero acquistate strutture in metallo, poche amministrazioni se lo possono permettere, con cassettiere in grado di consentire una catalogazione ordinata».
Delibere di giunta che a partire dal 2006 sono a sostegno di ogni operazione, nel 2007 venne data comunicazione del trasferimento alla Soprintendenza e un mese dopo, scaduto il termine per eventuali osservazioni (che non arrivarono)si fece il trasferimento.
Le collezioni venivano da Palazzo Pompei, dagli anni '80 erano a Castel San Pietro in contenitori fatiscenti che non avrebbero retto al terzo spostamento. Per questo la struttura in metallo e la decisione di inserire, sul fondo dei cassetti, i tappetini: «Fu per una ragione molto semplice, ogni gruppo di pietre è contenuto in un sacchetto adagiato in una scatola di cartone, è stato fatto affinchè non scivolassero. Fino al settembre 2009 non accadde nulla, c'era un cantiere e per motivi di sicurezza ci proibirono ma le condizioni del deposito erano le stesse».
Nel febbraio 2010 comparve il colore. «Un fenomeno strano, non uniforme, su 300 cassetti uno sì e uno no presentava variazioni ma non su tutte le pietre. Non poteva esserci contaminazione e venne esclusa anche quella da idrocarburi perchè irrilevante.
Su 280mila pezzi 400 si sono azzurrati e di questi solo lo 0,01 in maniera più intensa». Nessuna contestazione, nessuna sanzione, nessun danno contestato alla studiosa.
«Le selci? Sono rimaste così».


Fonte: srs di Fabiana Marcolini,  da L’Arena di Verona di sabato 20 giugno 2015, CRONACA, pagina 19.




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