sabato 24 settembre 2011

UN SIMBOLO PER UNA NAZIONE: UN VIAGGIO A BOSCO CHIESANUOVA PER RISCOPRIRE LA BANDIERA TRICOLORE DI ANGELO MASOTTO

Luisa Cadaluppi con la storica bandiera


Da lontano una macchia violacea. Più mi avvicino, più la riconosco: è proprio lei, la lavanda, così bella e rigogliosa...proprio come mi era stata descritta. Sì, sono nel posto giusto, sulle fresche alture di Boscochiesanuova, a casa della signora Luisa. Con un sorriso mi accoglie, e adagio mi guida nel suo piccolo, ma ricchissimo, mondo degli antenati. Iniziano a prendere forma nella mia mente immagini di un passato in fondo non troppo lontano ...
Ecco sopraggiungere due figure a cavallo: è il re, Vittorio Emanuele III, e a seguire un uomo con i baffi e l’uniforme della Guardia Regia. Poco dopo lo rivedo, alto (dicono 1,97 metri!), giovane, accanto alla moglie e alla figlia Renata, ancora bambina. Poi a cavalcioni su un cannone. A fianco dei regnanti d’Austria. E ancora nel deserto, accompagnato da un arabo e da un ebreo.

Angelo Masotto, classe 1881, è un uomo di un certo rilievo, un’autorità.

Angelo Masotto in un ritratto dell'epoca

Nato a Quaderni, di famiglia benestante, ha tutti i requisiti per intraprendere la carriera militare: prima granatiere, la sua altezza (aveva un letto su misura!) e la sua “costituzione adeguatamente armoniosa” gli consentono di accedere nel ristrettissimo corpo delle Guardie del re.
Nel 1911 è inviato in Libia, e dalle calde terre desertiche spedisce brevi reportage di guerra a un giornale italiano. E forse scrive alla moglie, l’insegnante incontrata nel suo paese natale, che per nove anni corteggerà con una lettera a Natale e una a Pasqua!
Sempre leale con la sua patria, Angelo diventerà presto Ufficiale dei Carabinieri a cavallo e nel 1922 sarà inviato a Caltanissetta, per una missione di epurazione della mafia. Il soggiorno siciliano però gli sarà fatale. Colpito da una forma di paratifo e curato a pere cotte, a soli 44 anni lascerà per sempre i suoi cari.

Con gli occhi lucidi e con lo sguardo assorto, la maestra sembra perdersi nel ricordo. Ma d’improvviso la sua voce si rianima: l’amore per la patria, che nessuno nella sua famiglia ha mai tradito, fa vibrare la sua voce di orgoglio.
Passano pochi attimi, e d’un tratto mi trovo sola nella stanza. Occhi fieri mi scrutano dalle pareti bianche. Sostengo timidamente il loro sguardo, cercando di frugare nella mente di chi ha lottato e rischiato la propria vita per un ideale, che oggi è quasi dimenticato.
Mi incuriosisce il contrasto così profondo tra l’amnesia nazionale attualmente diffusa e quell’apprensione e attaccamento alla patria che muoveva un tempo gli animi della gente ...
Un rumore improvviso mi ridesta dai miei pensieri: è Luisa, che ricompare trascinandosi dietro un lungo contenitore cilindrico. Dalla custodia estrae l’oggetto che mi ha spinto fin qui, a Bosco.
Ecco finalmente srotolarsi davanti a me il tricolore, impresso su una stoffa lunga quasi due metri. È lì, davanti a me, il simbolo concreto e tangibile di quel sentimento patriottico: la bandiera italiana. Un simbolo rappresentativo mantenuto sempre vivo nei decenni successivi all’Unità e in cui Angelo credeva fermamente. Un simbolo, però, la cui linfa originaria era stata stravolta. Dopotutto la nazione non è un dato di natura, ma “uno stato di coscienza e di formazione storica”, che si trasforma nel tempo. Una sorte che non ha risparmiato l’ideale risorgimentale.
La promozione di una nazione italiana attraverso l’indipendenza e l’unità, concepita come nazione del popolo sovrano, di cittadini liberi ed eguali di fronte alla legge, della cui dignità umana si voleva garantire il rispetto, ha subìto variazioni significative di tonalità dal Risorgimento al Fascismo. Ma, ciò nonostante, i dispositivi retorici sono stati riproposti sistematicamente, cercando di mantenere lo stesso effetto sulle persone. L’invocazione ai martiri, al sacrificio, alla santità delle guerre nazionali, ha continuato a persuadere molti uomini.
Come è stato sottolineato negli studi storici, gli eroi maschi dovevano essere capaci di difendere la libertà e l’onore della nazione armi alla mano. «Nelle narrative nazionali il loro contatto con il sacrificio avveniva solo ed esclusivamente all’interno di un contesto bellico».
E le occasioni certo non mancarono, con il succedersi di guerre che hanno segnato la storia mondiale agli inizi del Novecento.
Così, il giovane Francesco Ruffoni che parte, convinto, per unirsi all’impresa garibaldina, è lo stesso giovane Angelo Masotto, che orgogliosamente, a cavallo, porta la bandiera del regno in difesa del proprio re. Volti diversi, ma accomunati e incoraggiati dallo stesso ideale. E la bandiera come simbolo, al pari dei rituali, delle cerimonie, dei gesti e degli atti pubblici, evoca momenti passati, suscita sentimenti forti, crea opinioni condivise: forma un senso di appartenenza comune.
La signora Luisa mi accompagna alla porta. Le stringo la mano. E mentre la guardo, mi tornano alla mente le parole di Simone Weil, ora più vere che mai:
«non privare nessun essere umano dei suoi metaxy, cioè dei suoi beni relativi e confusi (casa, patria, tradizioni, cultura) che riscaldano e nutrono l’anima e senza i quali, eccetto per la santità, una “vita umana” non è possibile».

CURIOSITÀ
La bandiera da parata di Angelo Masotto, prodotta a Trento, misura 195cm x 3m, l’elsa 70 cm e l’asta 310 cm.

I “codici pantone” del tricolore italiano sono:
Fern Green (verde felce) 17-6153;
Bright White (bianco acceso) 11-0601;
Red Scarlet (rosso scalrlato ) 18-166

Fonte: srs di Giovanna Tondini; da Pantheon di agosto-settembre 2011

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