sabato 24 dicembre 2011

ARTE CAMPANARIA: IL SISTEMA DI “SUONO VERONESE" NELLA TRADIZIONE CAMPANARIA VENETA

Duomo di Verona: la CAMPANA MAGGIORE I,  di 4454 quintali  (anno 1934)  sostituita nel  2003
La corona è costituita da sei braccia disposte ad esagono, su ognuna è raffigurato un volto di leone con sembianze umane. Nella parte alta del vaso vi è una prima fascia a motivi vegetali. Più in basso, in corrispondenza delle braccia della corona, compaiono sei eleganti cornici ovali a motivi vegetali, contornati da festoni che fuoriescono dalla bocca di un leone. Entro le cornici compaiono le seguenti immagini sacre:
Crocifisso, Sacro Cuore, San Michele Arcangelo, San Giorgio, San Luca, San Cristoforo
Più in basso vi è una prima iscrizione in lingua latina a caratteri maiuscoli:
CHRISTUS VINCIT  CHRISTUS REGNAT           CHRISTUS IMPERAT ANNO REPARATAE SALUTIS MCMXXXIV
La scritta sovrasta una fascia con eleganti motivi vegetali ed angeli che sorreggono tondi con volti di Cristo. In corrispondenza della gola della campana compare una seconda iscrizione:
PIO PP PONT MAX HIERONIMO CARDINALE EPISCVERON SANCTE GAIARDONI ARCHIP HECTORE CAVADINI FUSORE JESUM CRISTUM REGNEM REGUM VENITE ADOREMUS
Sotto la scritta vi è una decorazione a foglie pendenti. Sul bordo della campana si trova una fascia decorativa a motivi vegetali minuti. Questa campana, che sostituiva quella originaria del 1931, non riporta la consueta targhetta con il nome della fonderia, poiché il nome del fonditore compare già nelle iscrizioni sopra riportate.

ARTE CAMPANARIA

Il “SUONO  VERONESE” è il sistema a “campane  giranti" più recente, essendo nato verso la fine del secolo XVIII nella città di Verona, per poi diffondersi nella totalità dei territori veronese e vicentino, in gran parte del padovano, in varie località delle province di Trento, Brescia, Mantova e altre sparse su tutto il territorio nazionale. Il sistema è anche detto "Semi Ambrosiano", dato che deriva in modo diretto dal "Sistema Ambrosiano", un tempo diffuso anche a Verona.

Nel 1755 il fonditore Domenico Crespi da Crema realizzò il primo concerto di cinque campane, intonate secondo la scala musicale diatonica di modo maggiore, per la chiesa cittadina di San Fermo. Le campane, su incastellatura in legno, vennero montate a "Sistema Ambrosiano".

Nel 1776 il fonditore Giuseppe Ruffini realizzò un secondo concerto per la chiesa di San Giorgio in Bràida e le monache Agostiniane che allora officiavano in quella chiesa incaricarono del suono delle campane un gruppo di contadini del vicino rione Campagnola, nacque così il primo gruppo di suonatori, gruppo ancora oggi in attività con il nome di Santa Anastasia.

Quei primi suonatori pensarono di apportare alcune sostanziali modifiche alla montatura ambrosiana, eliminando la spranga di arresto e rendendo in tal modo la campana libera di essere trattenuta in posizione verticale da entrambe le parti, utilizzando la sola forza muscolare, e con la conseguente emissione di un unico squillo ogni qualvolta essa veniva rimossa dalla posizione di riposo.  Era stato quindi sperimentato un nuovo sistema di suono, destinato a perfezionarsi e a diffondersi nel corso del secolo XIX, fino alla definitiva e completa affermazione agli inizi del secolo XX.

Le fonderie di campane, specializzatesi sempre più nella realizzazione dei concerti, iniziarono a dotare le campane stesse di questo sistema di montaggio, contribuendo in modo significativo alla sua diffusione generalizzata sul territorio, e favorendo nel contempo la nascita di numerosi gruppi di suonatori di campane, diretti diffusori di una cultura sempre più ampia di questo sistema e delle sue ampie possibilità musicali.

Le prime concertazioni venivano eseguite utilizzando antiche suonate che derivavano dalla scuola lombarda, ma che erano destinate a lasciare progressivamente il posto a nuove composizioni impostate secondo il ritmo gregoriano, con una cadenza assolutamente regolare tra le battute delle diverse campane.  Si delinearono due importanti figure nell'ambito esecutivo: quella del compositore, ossia colui che, dotato di talento musicale, componeva suonate adatte ad essere eseguite con i concerti di campane, e quella del maestro direttore, ossia colui che aveva il compito di dirigere i suonatori durante l'esecuzione concertistica.

L'armamento della campana a "Sistema Veronese" si presenta in apparenza simile a quello del "Sistema Ambrosiano", ma vi sono delle significative varianti.
Il contrappeso di sostegno e bilanciamento, in ghisa, è più leggero rispetto a quello Ambrosiano, e corrisponde a circa il 37-40 per cento del peso del bronzo, in modo da conferire alla campana una velocità apprezzabile, con vantaggi sulla resa melodica ed acustica. A lato del contrappeso vi è la ruota scanalata, avente un diametro circa doppio di quello della bocca della campana. Sulla scanalatura, alla medesima quota dei perni, è fissata la fune di manovra che scende fino alla base del campanile. Il battaglio è di tipo cadente, e il suo peso ideale corrisponde al 2% del peso della campana. Il suo attacco interno si trova all'incirca sulla linea ideale di congiunzione dei due perni del contrappeso.  
I suonatori, per eseguire i loro concerti, rimangono al piano terreno dei campanili, a volte invece operano da un livello intermedio, ma in ogni caso possono solamente udire le campane, non vederle. Una volta disposta la squadra di suonatori, uno per campana, o più di uno quando le campane superano un certo peso, inizia l'esecuzione concertistica.
La prima operazione consiste nella messa in piedi delle campane, agendo a strappi successivi sulla fune di manovra e facendo descrivere al bronzo oscillazioni sempre più ampie, finché esso raggiunge la posizione di equilibrio con la bocca verso l'alto, posizione che viene poi mantenuta grazie all'abilità del suonatore.
Il  raggiungimento della posizione verticale, detta anche  "a bicchiere", può essere ottenuta contemporaneamente da tutte le campane, ma la migliore tradizione vuole che la partenza avvenga in modo progressivo, iniziando singolarmente dalla campana minore, poi dalla seconda, poi dalla terza, e così via fino ad arrivare alla maggiore. Ogni volta che una campana viene messa in movimento per raggiungere il suo vertice, le altre che l'hanno preceduta eseguono note scalari. Quando tutte le campane sono in piedi si eseguono le note scalari dalla minore alla maggiore, allo scopo di orientare i suonatori sulla velocità della propria campana in modo da sincronizzarla con le altre.

Per l'esecuzione della suonata vera e propria ci si affida al maestro direttore, il quale ha il compito di indicare la successione delle campane prevista dallo spartito musicale Lo spartito è costituito da una serie di numeri che sostituiscono le note musicali, ad ogni numero corrisponde una singola campana, e il maestro direttore scandisce a voce la successione numerica imposta dalla suonata.
È compito di ogni suonatore, ogni qualvolta venga chiamato il numero corrispondente, richiamare la propria campana dalla posizione di riposo, farle compiere una rotazione completa di 360 gradi con l'emissione di un unico squillo, per poi fermarla nuovamente dalla parte opposta a quella di partenza.
L'abilità del maestro direttore, unitamente alla valenza dei suonatori, determina la riuscita più o meno perfetta della concertazione, tenendo conto che le campane maggiori impiegano un tempo superiore a compiere la rotazione rispetto alle minori, mentre la suonata esige un tempo assolutamente regolare tra le battute.

La posizione verticale della campana prevede due varianti, dovute al fatto che la fune è attaccata alla ruota all'altezza dei perni.
Vi è una prima posizione, detta "diritta", in cui il suonatore tiene bloccata nelle mani una singola sezione di corda, e una seconda posizione, detta "capola", nella quale il suonatore blocca nelle mani un ulteriore tratto di corda detto appunto "capola" o "laccio", che è destinato a formarsi o a sciogliersi ad ogni rotazione del bronzo, alternativamente dall'una o dall'altra parte.
Gli errori che compromettono la buona riuscita di una concertazione possono innanzitutto essere causati dai "contrattempi", ossia da ritardi o anticipi più o meno gravi nella successione delle battute, considerando anche il fatto che le suonate, oltre alle battute singole, prevedono l'esecuzione di accordi musicali, nei quali due, tre, o anche quattro campane devono suonare simultaneamente.
Un altro errore, detto "calata", avviene quando lo strappo impresso alla fune è meno vigoroso del necessario, e la campana, non avendo il necessario slancio, ritorna indietro emettendo uno squillo ulteriore fuori programma, o anche più di uno se il suonatore non pone rimedio tempestivamente al suo errore.
Al contrario, se lo strappo impresso alla fune è troppo vigoroso, il suonatore non è in grado di arrestare la campana nella posizione esatta.
Se la campana è piccola il battente va ad adagiarsi sulla parte opposta del bronzo, e con il giro successivo verrà emesso un doppio squillo, detto "ribattuta".
Se invece la campana è di grandi dimensioni e il suonatore non è più in grado di farla fermare, avviene il "ribaltamento" che pregiudica irrimediabilmente la concertazione.

In ambito musicale il "Sistema Veronese" permette di eseguire suonate di accettabile contenuto musicale ed artistico, il cui repertorio è divenuto nel tempo sempre più ampio grazie all'opera di valenti compositori.  Come già detto, lo spartito musicale è composto da numeri che nel caso delle battute delle campane sostituiscono le note musicali.

I primi suonatori, che operavano con concerti composti da soli cinque bronzi, numerarono le campane secondo il sistema musicalmente corretto, assegnando il n. 1 alla campana maggiore ed il n. 5 alla minore. In seguito l'ordine venne invertito, pertanto la campana maggiore divenne il n. 5 e la minore il n.1.

Quando si iniziarono ad ampliare i concerti con l'aggiunta della sesta campana più piccola, questa venne denominata "sestina". Quando invece i concerti vennero ampliati ulteriormente a nove bronzi, venne assegnato il n. 9 alla campana maggiore ed il n. 1 alla minore.
All'eventuale decima campana più piccola si assegnò il n. 0.

All'inizio del secolo XX il maestro Pietro Sancassani (Verona, 1881-1972) condusse una tenace opera di introduzione di nuove suonate, che rispetto a quelle più antiche comprendevano in senso più ampio la musicalità possibile con i concerti campanari. Il Sancassani si fece promotore di una intensa campagna per l'ampliamento e il rinnovo dei concerti, fino ad allora composti quasi esclusivamente di soli cinque bronzi, date le superiori possibilità melodiche ottenibili con un numero di note superiore.  

Un sacerdote intenditore di musica, Monsignor Giuseppe Maggio (Verona, 1866-1930), assieme a Mons. Ernesto Dalla Libera (Vicenza, 1884-1980) ebbe grandissimi meriti nell'affermazione ufficiale del "Sistema Veronese", avendo inserito e facendo apprezzare le esecuzioni concertistiche nei Congressi di Musica Sacra di Vicenza del 1923 e di Verona del 1929, oltre ad avere promosso l'inserimento di suonate ispirate a brani religiosi.

Un altro sacerdote, Don Germano Alberti (Verona, 1888-1977), frequentemente consultato dalla fonderia Cavadini per il collaudo musicale dei nuovi concerti, creò esemplari composizioni che dimostrarono la sua capacità di cogliere interamente le doti armoniche del bronzo.
Mario Carregari (1911-1997), maestro della Società Campanaria di Santa Anastasia, ricercatore di Arte Campanaria e ovunque richiesto per la sua competenza tecnica, nobilitò il "Sistema Veronese" continuando la campagna intrapresa da Sancassani per l'ampliamento ed il rinnovo dei concerti di campane, oltre ad inaugurare con la Santa Anastasia un elevato numero di nuovi concerti anche al di fuori della Regione Veneto.  
In ambito compositivo il Carregari dimostrò grandissima abilità, avendo composto suonate adatte non solo alla difficoltà ma anche alla tonalità e alle caratteristiche armoniche di ogni singolo concerto.  

Nel 1983 si è costituita in Verona la "Associazione Suonatori di Campane a Sistema Veronese", che riunisce un grande numero di gruppi di suonatori delle province di Verona, Vicenza, Padova e Brescia allo scopo di tutelare e diffondere ogni aspetto legato all'Arte Campanaria. Molti concerti vengono ancora oggi ampliati con l'aggiunta di nuove campane, i più numerosi raggiungono e superano il numero di dodici bronzi, e si va diffondendo l'introduzione di ulteriori campane in semitono, che aprono la strada a composizioni musicali sempre più ricche e complete.


LE CAMPANE


La campana è uno strumento a forma di vaso rovesciato, in bronzo, in grado di produrre squilli sonori quando viene percossa da un battaglio o da un martello. Il bronzo è una lega metallico composta mediamente dall'80% di rame e dal 20% di stagno, due metalli teneri la cui unione nella lega permette di ottenere un materiale di grande durezza qual è appunto il bronzo.
La campana è uno strumento antichissimo, i primi rudimentali esemplari vennero prodotti in Cina nel XIII secolo a.C., mentre nel secolo IV d.C. il vescovo di Nola San Paolino avrebbe utilizzato per primo le campane per scopi religiosi, collocandole in cima alle torri. Il nome latino campana deriverebbe da Campania, regione dove si trova Nola, ma potrebbe derivare anche da aes campanum, nome con cui era noto il bronzo puro, dotato di elevate caratteristiche di sonorità.

Fino all'epoca rinascimentale i bronzi non avevano un suono ben definito, in quanto non erano ancora stati compiuti adeguati studi sugli armonici e sulla morfologia, che sono elementi fondamentali per una buona resa fonica. I sistemi di suono erano rudimentali, inoltre erano veramente poche le torri che possedevano più di una campana, mancavano quindi sia le motivazioni che i mezzi per promuovere uno studio o per pensare che un gruppo di campane potesse costituire uno strumento musicale.

La forma delle campane più antiche era piuttosto strana se paragonata a quelle moderne, si potevano trovare campane poligonali, come quella conservata a San Zeno Maggiore a Verona, risalente forse al 1149, o campane a forma di elmo, come quella conservata nel Museo di Castelvecchio, sempre a Verona, e risalente al 1081. Intorno al 1200 si iniziarono a fondere campane razionalmente sagomate, con curvatura tronco conica svasata verso il basso, e con il bordo rinforzato per sopportare meglio i colpi del battaglio.

Nella seconda metà del secolo XIII fu attivo a Verona il fonditore Magister Jacobus, o Mastro Jacopo, autore di varie campane dalla tipica forma medievale allungata, con la misura dell'altezza superiore a quella del diametro, medesima caratteristica riscontrabile in tutte le campane realizzate in quell'epoca dai fonditori italiani ed europei.

Nel secolo XV con la comparsa dei primi carillon nella regione delle Fiandre maturò un certo gusto nel suonare le campane, ed i fonditori iniziarono la loro specializzazione nella fusione e nell'accordatura. Inoltre la forma della campana medievale, stretta ed allungata, lasciava progressivamente il posto alla forma rinascimentale più corta e maggiormente svasata, con la quale era più facile ottenere un timbro definito e una risposta armonica appropriata.

A Verona operò un importante fonditore rinascimentale, Maestro Orlando Checherle (1470 - 1514), negli anni a cavallo tra i secoli XV e XVI, seguito dalla dinastia dei Bonaventurini attiva per tutto il secolo XV, dalla dinastia dei Levi operante dalla metà del secolo XVI alla metà del secolo XVII, e dal fonditore Bartolomeo Pisenti che esercitò la propria attività nel corso di tutta la seconda metà del secolo XVII.

Tutte le campane prodotte in questi secoli, molte delle quali tuttora funzionanti su diverse torri campanarie, raggiungono un livello che nel tempo si è sempre più perfezionato, non solo per la qualità del suono ma anche per la bellezza e la varietà delle decorazioni ed immagini sacre, presenti in bassorilievo sulla superficie esterna del bronzo e costituenti corpo unico con la campana stessa. Dopo quest'epoca la forma della campana non subì più significative variazioni ma solo perfezionamenti di lieve entità, e dal secolo XVIII si può iniziare a parlare di campane moderne, in cui il diametro della bocca è pari all'altezza comprensiva della treccia.

Nell'Italia Settentrionale, nel secolo XVIII, iniziarono a diffondersi i primi concerti di campane in regolare scala musicale diatonica di modo maggiore per opera di valenti fonditori come Domenico Crespi da Crema e Giuseppe Ruffini operante a Verona. Il Crespi fu l'autore del primo concerto di cinque campane di Verona, tuttora funzionante sul campanile di San Fermo Maggiore. Fino ad allora sui campanili cittadini erano collocate al massimo quattro campane, che producevano accordi di tipo saltuario (prima, terza, quinta, ottava).
Il Ruffini diede l'impulso definitivo per l'affermazione nella città e nel territorio veronese dei concerti in regolare scala musicale, questa felice scoperta determinò a Verona la nascita di un nuovo sistema di armamento e di suono delle campane, il "Sistema Veronese".
Assieme alla comparsa delle società campanarie e alla conseguente nuova possibilità delle suonate solenni che il nuovo sistema poteva offrire, determinò il rinnovo delle campane presenti su quasi tutti i campanili. Il suo sviluppo ebbe luogo nell'intero secolo XIX e per tutta la prima metà del secolo XX.
Dalla scuola del Ruffini uscirono validi fonditori come i Chiappani, i Partilora, e soprattutto Pietro Cavadini, capostipite di una dinastia di fonditori attiva dal 1794 al 1974 e affermata come una delle migliori fonderie d'Italia, al cui nome è legata la maggior parte delle campane attualmente presenti sul nostro territorio.


I PRINCIPALI FONDITORI DI CAMPANE OPERANTI A VERONA


Maestro Jacopo (Magister Jacobus):
fonditore attivo a Verona nella seconda metà del secolo XIV, autore di numerose campane dalla caratteristica forma allungata tipica dell'epoca medievale, alcune delle quali conservate nel Museo di Castelvecchio, come la grande campana per l'orologio della Torre del Gardello, del 1370, la campana di Santa Maria Mater Domini del 1385. Un'altra sua opera, custodita nella chiesa di Sant'Elena, è una campana fusa nel 1384 per la Cattedrale di Verona.

Maestro Orlando Checherle:
importante fonditore rinascimentale, attivo negli anni a cavallo tra i secoli XV e XVI.La sua opera più nota è una campana ancora oggi funzionante sul campanile di San Zeno Maggiore, fusa nel 1498. Un'altra sua importante opera, datata 1501, è custodita nel Museo di Castelvecchio.

Antonio Zeno:
fonditore contemporaneo di Maestro Orlando, del quale non si conservano opere, realizzò una campana per Santa Anastasia nel 1488, assieme al francese Michel De Franza.

I Bonaventurini:
dinastia di fonditori veronesi, attivi per tutto il corso del secolo XVI. Il capostipite fu Don Bonaventura, autore di una rifusione del "Rengo", la grande campana della Torre dei Lamberti, avvenuta nel 1521. Il nipote Alessandro realizzò nel 1557 il "Rengo" attualmente funzionante sulla torre. Le campane dei Bonaventurini sono caratterizzate da forme e proporzioni molto eleganti, e da partiti decorativi che denotano una significativa evoluzione nell'arte fusoria.

I Levi (De Levis):
dinastia di fonditori proveniente dal bergamasco e attiva a Verona dalla metà del secolo XVI alla metà del secolo XVII. Si conservano loro opere tuttora funzionanti su vari campanili, come ad esempio le due campane a Madonna di Campagna, del 1567, ed una campana del 1677 per San Giovanni in Foro. L'artefice più famoso della famiglia è stato Giuseppe Levi, autore di campane e di oggetti in bronzo di pregevole fattura, conservati in musei d'Europa, d'America e in collezioni private.

Bartolomeo Pisenti:
dopo la scomparsa dei Levi questo fonditore dominò senza concorrenti l'arte fusoria a Verona nella seconda metà del secolo XVII. Molti campanili cittadini ospitarono sue opere oggi scomparse, come ad esempio Santa Anastasia, la Cattedrale, San Giorgio in Braida, mentre a San Nicolò sono ancora funzionanti due bronzi del 1682. La sua opera più significativa, tuttora in uso, è il "Campanone" fuso nel 1653 per la torre civica di Bergamo. Il Pisenti aveva propria fonderia nell'attuale Via Mazzini, nel luogo dove oggi si trova la farmacia "Due Campane".

Lucio De Rossi (De Rubeis):
fonditore padovano stabilitosi a Verona, fu attivo nella prima metà del secolo XVIII divenendo il successore del Pisenti, al quale erano ispirate le sue opere. Fu l'autore di numerose eleganti campane per chiese e monasteri della città e della provincia.

Angelo Poni:
allievo di Lucio De Rossi, anch'esso attivo nella prima metà del secolo XVIII, si conservano sue opere in varie chiese ed oratori della provincia veronese.

Domenico Crespi:
fonditore di una importante dinastia cremasca, operò a Verona per alcuni anni immediatamente successivi alla metà del secolo XVIII. In terra lombarda fu determinante per l'introduzione dei concerti in scala musicale diatonica maggiore, e a Verona fuse le prime cinque campane scalari della città, in FA maggiore, ancora oggi funzionanti sul campanile di San Fermo Maggiore.

Giuseppe Antonio Larducci:
attivo nella seconda metà del secolo XVIII, ebbe la fama compromessa a causa delle rotture che alcune sue campane subirono dopo poco tempo dall'installazione. Si dedicò prevalentemente alla realizzazione di bronzi di piccole dimensioni, ammirati per la pregevole fattura.

Giuseppe Ruffini:
fonditore originario di Reggio Emilia, operante nella seconda metà del secolo XVIII. Fu determinante per la definitiva introduzione dei concerti in scala musicale diatonica di modo maggiore, grazie anche agli studi compiuti sulla fonica delle campane e alla pregevole qualità dei suoi prodotti.  Il concerto fuso nel 1776 per San Giorgio in Braida diede i natali al sistema di suono denominato "alla veronese", nello stesso anno il Ruffini realizzò un prestigioso concerto di otto campane per Colognola ai Colli. Suo valido collaboratore fu Anton Maria Partilora, il cui nome compare su diverse campane accanto a quello del maestro, mentre i suoi allievi furono Bartolomeo Chiappani e Pietro Cavadini.  La produzione del Ruffini interessò anche le province limitrofi a quella veronese, in particolare quella trentina e quella mantovana. Le sue campane vengono considerate capolavori assoluti per la ricchezza del partito decorativo.  La fonderia era situata nei pressi della Porta Nuova.

Pietro Partilora e Antonio Selegari:
il già citato Anton Maria Partilora effettuò fusioni assieme al Ruffini, mentre il nipote Pietro fu il titolare di una propria fonderia tra il 1802 ed il 1821. Realizzò numerosi concerti di campane in città ed in provincia, e la sua fonderia era ubicata nella contrada del "Cigno" in parrocchia di Santo Stefano.  Alla sua morte, nel 1821, la direzione della fonderia venne presa dal collaboratore Antonio Selegari, che continuò l'attività del suo predecessore fino al 1850 circa.

I Chiappani:
famiglia di fonditori trentini, il cui capostipite Bartolomeo era stato allievo del Ruffini. A Verona operò un ramo della fonderia Chiappani durante la prima metà del secolo XIX, condotta da Luigi Ifino al 1837 e dal figlio omonimo Luigi  Ifino al 1852 circa. La fonderia venne aperta dapprima nei pressi di Santa Maria in Organo, successivamente all'interno della chiesetta sconsacrata di San Pietro Martire in Via Sant'Alessio, situata tra Santo Stefano e San Giorgio in Braida.

I Cavadini:
è la famiglia di fonditori veronesi in assoluto più prestigiosa. Il capostipite Pietro, allievo del Ruffini, iniziò l'attività nel 1794 aprendo una fonderia a Montorio Veronese, fonderia che dal 1812 si trasferì a Verona in contrada San Nazaro. Eredi di Pietro Cavadini furono i due figli Francesco e Luigi I, mentre un terzo figlio, Giovanni divenne il titolare di un proprio stabilimento fondendo a sua volta campane tra il 1830 ed il 1850.   I Cavadini realizzarono campane per la maggiore parte delle chiese del territorio veronese, ma la loro produzione interessò in modo particolare anche le province limitrofe oltre a varie località del territorio nazionale, e la qualità complessiva dei lavori effettuati consacrò questa fonderia come una delle migliori in assoluto operante in Italia. Tra le campane significative uscite dalla fonderia Cavadini ricordiamo il concerto di Asiago (1822), Colognola ai Colli (1873), S. Andrea di Mantova (1891), Cattedrale di Palermo (1893), ancora Asiago (1922), Cattedrale di Verona (1931), Sesto San Giovanni (1937), e la Campana dei Caduti di Rovereto (1938). L'ultimo rappresentante della ditta, Luigi II, prima della chiusura definitiva avvenuta nel 1974, realizzò importanti concerti per Fornace di Trento (1962) e Valdagno (1966).

Fonte: Associazione  suonatori di campane  a sistema veronese



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