mercoledì 7 dicembre 2011

GIORGIO NAPOLITANO: IL RE DELLE MACERIE


Il virtuoso e misurato Governo dei tecnici, forte di una maggioranza bulgara e trasversale nelle aule parlamentari (a proposito, si è finalmente capito che destra e sinistra, tolto di mezzo Berlusconi, sono praticamente culo e camicia e che non c’è alcuna differenza tra Bersani ed Alfano, Pd e PDL?) colpisce con l’ennesimo salasso la povera Italia per indebolirla e tenerla intubata all’Europa.

Non conta che quest’ultima ci stia utilizzando come una flebo per rinvigorirsi a nostro danno. Il privilegio vale lo sfregio, almeno per i nostri politicanti da salottino e da congrega degli idioti i quali, ammantati di progresso e senso di responsabilità, conservano la credibilità di facciata soltanto fino a che non si voltano di spalle, allorché vengono in evidenza i segni delle suole sul sedere, residuo di pedate internazionali ricevute dai banchieri di Bruxelles e dalla banda dei pirati neri guidata da Obama.  Di fronte a questo sfacelo, aver assistito al teatrino dei professorini che rifiutavano le scrivanie ministeriali del passato, appartenute a Mussolini o a Togliatti, accresce lo sdegno e la rabbia.

Questi burocrati arroganti ed ignoranti che meriterebbero di stare dietro alla lavagna con i ceci sotto le ginocchia si lamentano per il tavolo da lavoro che non sarebbe all’altezza della loro morale pulizia e democratica morigeratezza. E’ proprio vero che più si è corti di gambe e di cervello più si deve rimpicciolire la Storia per sentirsi dei giganti. Ma la Storia si vendica sempre dei nani con la testa troppo vicina al suolo che vivono di pensieri terra terra e di nessunissimo orizzonte ideale.

Così accadrà anche per il nostro Napolitano il piccolo, artefice di un colpo di mano in piena regola che ha stordito la nazione e l’ha messa nelle mani di troppi signori, con intenzioni diverse ma ugualmente ferali. Re Giorgio, incoronato in America per tiranneggiare sulle macerie di Roma, è stato nominato personaggio dell’anno dalla stampa statunitense, ma trattasi di refuso essendoci una consonante di troppo. Vedrete in quale orifizio recondito verrà relegato costui dai posteri e come gli eventi s’incaricheranno di sporcare definitivamente il suo nome.

Nel diluvio di applausi verso il despota costituzionale, una giornalista non ancora assuefatta al clima tecnocratico pudico e spudorato ha urlato una verità nel deserto delle coscienze politiche e nello spazio vuoto di uomini coraggiosi. C’è poco da entusiasmarsi se “il preferito di Kissinger, il primo ad ottenere un prezioso visto per entrare negli Usa, ma anche Presidente della Camera all’epoca della liquidazione della Prima Repubblica, poi, nel 1996, Ministro degli Interni, ancora una volta il primo post comunista, posizione politicamente delicata che comprende il ruolo di controllo dei servizi segreti…(M.G. Maglie, Libero del 4/12)” sia diventato artefice di un terremoto istituzionale che ha disintegrato, in una botta sola, Costituzione e dignità del Paese.

E c’è pochissimo da compiacersi per un esecutivo tecnocratico, sorto repentinamente sulle ceneri della II Repubblica, che è frutto di una strategia “concordata con il Quirinale, con l’Eliseo, con la Cancelleria federale di Berlino e con la Casa Bianca” (Giuliano Ferrara, Il Giornale del 4/12) . L’ordine dei padroni è tutto da invertire ma il pessimo risultato non cambia di una virgola. Signore e Signori, da oggi in poi ricordate sempre che quando la sobrietà diventa principio di Stato e di Governo non significa che ci si comporterà seriamente. Significa soltanto che i medesimi organi, non avendo il controllo di se stessi e non disponendo più né di sovranità né di forza per reagire, si sono seriamente consegnati ai conquistatori esterni. Ed è giusto che ai funerali non si rida, soprattutto se sono della patria.

Fonte: srs di di Gianni Petrosillo, da  Conflitti e strategie, del 5 dicembre 2011.

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