mercoledì 4 gennaio 2012

I FUNERALI DI DON LUIGI MARIA VERZÈ: ILLASI DI VERONA PRONTA A DARE L´ADDIO
AL SACERDOTE-IMPRENDITORE

Don Luigi Verzè

OMBRE & MERITI. Nella chiesa parrocchiale si svolgerà il rito funebre. La salma sarà sepolta temporaneamente nel cimitero del paese. La Guardia di Finanza acquisisce la cartella clinica di don Luigi Le sue condizioni cardiache erano critiche da tempo ma «ha pesato lo stress» per il crac del colosso sanitario milanese
                 
Si svolgono oggi alle 14.30 a Illasi nella chiesa parrocchiale di San Giorgio i funerali di don Luigi Verzè, il sacerdote veronese fondatore dell´ospedale San Raffaele, morto a Milano all´alba del 31 dicembre all´età di 91 anni per arresto cardiocircolatorio.
Nella sua residenza privata in via Olgettina 46 è stata allestita la camera ardente, aperta per sole due ore, dalle 9.30 alle 11.30, per un «omaggio affettuoso». Sono previsti gli interventi di medici e docenti che hanno lavorato con lui, mentre ufficialmente non è prevista la presenza di autorità. Don Verzè sarà temporaneamente sepolto a Illasi, ma la salma sarà poi tumulata nella cappella della Madonna della Vita del San Raffaele, dietro all´altare.

Una morte avvenuta nel pieno della bufera per il crac finanziario dell´ospedale e proprio questo ha indotto la Guardia di Finanza ad acquisire la cartella clinica di don Luigi Verzè. A quanto si è appreso dall´ospedale San Raffaele le Fiamme Gialle hanno fotocopiato i dati clinici relativi a don Verzè nella giornata di ieri. Secondo quanto ha spiegato il portavoce dell´ospedale, Paolo Klun, si tratta di «una prassi consolidata per i casi di persone coinvolte in vicende finanziarie». 


Ma chi era don Verzè? Personaggio controverso, discusso, sempre vicino ai potenti in primo luogo l´ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al quale aveva promesso di riuscire a prolungargli la vita fino a 120 anni, ma anche agli ammalati, ha creato uno dei più importanti ospedali nel campo della ricerca e voleva aprire proprio a Lavagno un nuovo centro di ricerca per monitorare i pazienti a distanza con un microchip sotto la pelle, utilizzando le ricerche del Mit di Boston. È stato ribattezzato in tutti i modi e non tutti erano eleganti: «Sua Sanità»; «il Berlusconi di Dio», «il prete manager».

Don Verzè è sempre stato un prete al di fuori dagli schemi. Lo si vedeva già dall´abito: grisaglia da manager, camicia bianca e cravatta. Fondatore del prestigioso ospedale e dell´Università Vita e Salute, è finito poi indagato nell´inchiesta per la bancarotta sulla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor ed è morto proprio nel giorno dell´asta per la vendita del centro ospedaliero fondato nel ´58. Una morte improvvisa che giunge dopo il tragico suicidio del suo braccio destro, Mario Cal, che il 20 luglio scorso si sparò in ufficio: era appena scoppiato lo scandalo del debito-monstre da 1,5 miliardi di euro accumulato dalla Fondazione. 


Don Verzè, nato a Illasi, nel Veronese, si era laureato in Lettere classiche e filosofia nel 1947 all´Università Cattolica di Milano ed era stato ordinato sacerdote nel 1948. Era cresciuto tra i Buoni fanciulli alla scuola di don Calabria. A Milano, negli anni del dopoguerra, era stato molto attivo come organizzatore di scuole di avviamento professionale e nel 1950 aveva fondato il San Raffaele.
Un attivismo, il suo, non sempre apprezzato dalle autorità ecclesiastiche, infatti nel 1964 la Curia milanese gli aveva comminato «la proibizione di esercitare il Sacro ministero» e nel 1973, la sospensione a divinis. Entrambe le «condanne» erano state in seguito revocate.
Al San Raffaele è stato capace di riunire ricercatori di fama mondiale, creando un polo di eccellenza, così come all´Università Vita e Salute dove nel dipartimento di filosofia sono arrivati pensatori come Massimo Cacciari, Emanuele Severino e Roberta de Monticelli.


Quella sulla bancarotta non è la prima inchiesta che ha visto don Verzè indagato. In passato aveva subito diverse condanne per corruzione, istigazione alla corruzione e ricettazione anche se dopo tutti i gradi di giudizio, grazie alle prescrizioni, non ha mai subito una condanna definitiva. 
Ora la sua morte, proprio mentre si decidono le sorti della sua creatura portata sull´orlo della bancarotta.
Il San Raffaele è andato all´asta nel giorno della sua scomparsa ma l´aggiudicazione della gara tra i gruppi Humanitas, Polo San Donato, che ha messo sul piatto 305 milioni di euro e l´attuale gestore, la cordata Ior-Malacalza, si deciderà nei prossimi giorni.
Il tutto mentre la procura di Milano continua le indagini sulla bancarotta, dalle quali emergono la creazione di fondi neri attraverso sovraffatturazioni ma anche spese folli, come l´aereo da 20 milioni di euro comprato perchè don Luigi Verzè non gradiva i check-in cui tutti i passeggeri sono sottoposti prima dell´imbarco. 

In molti lo hanno definito «prete amico del potere». Di certo ha sempre reso pubblica la sua ammirazione per personaggi come Fidel Castro e Gheddafi.
Ma il vero amico è stato Silvio Berlusconi. L´ex premier ha sempre ricambiato l´affetto e in occasione del novantesimo compleanno del sacerdote ,aveva raccontato: «Mi confessa e mi dà l´assoluzione senza neppure sentire i miei peccati perchè, conoscendomi, già li conosce. Io a don Luigi auguro l´eternità perchè se c´è uno che se la merita è proprio lui».

Fonte: da L’Arena di Verona  di lunedì 02 gennaio 2012 CRONACA, pagina 6


UN MISTICO
 UN PO´ «MATO»


Sulla bara di don Verzè vengono preparati i suoi paramenti e il messale.  FOTOSERVIZIO GIORGIO MARCHIOR


È avvenuto tutto in maniera frettolosa. Lo ha fatto in modo enfatico la critica massmediatica affamata di scandali, notizie esplosive ed equivoche da prima pagina.
A dire la verità, il personaggio Verzè, tutte queste contraddizioni le ha offerte con abbondanza, talvolta addirittura esibite. E´ difficile inquadrarlo per chi non lo ha conosciuto, come me, da chierico, da professore di lettere, da poeta, da regista di teatro per i burattini, da scalatore delle montagne carsiche. 
Banalità, rispetto all´inventore del "San Raffaele", dell´università del centro di ricerche sanitarie tra le più note del mondo, sono state dette a proposito ed a sproposito. 

Secondo me, don Verzè è sempre stato le due cose: semplice, fantasioso, mistico, matto ("veronesi tuti mati" è un noto e veritiero proverbio) e, contemporaneamente: rettore dell´università, affamato ricercatore del nuovo, profeta convinto di una sanità da reinventare e prospettare su tempi a medio e lungo termine.
Corpo e anima, scienza e fede, umiltà e sfrontatezza, tenerezza e tirannìa, verità ed eresia vivevano gomito a gomito dentro di lui. 

Ha fondato nel 1954 il centro don Calabria di via Pusiano, a Milano, per i ragazzi poveri, difficili, disabili, che erano i grandi amori del don Calabria, ed ha messo in piedi le prime esperienze di integrazione tra handicappati e normali, anticipando di gran lunga il 1968.
Poi, di punto in bianco, è saltato aldilà della tangenziale per realizzare un´esperienza mondiale: alleviare il dolore, vincere la malattia, addirittura la stessa morte, con i mezzi più scientifici, moderni, avveniristici.
Don Verzè non aveva sponde. 
Al compimento del suo novantesimo compleanno, sono andato a trovarlo nella nuova abitazione, in alto, vicino alla cupola più grande di quella vaticana e sotto il suo arcangelo prediletto, san Raffaele. 
Mi ha parlato come se avesse ancora davanti trent´anni di vita e, quello che è grave, lui ci credeva. Mi ha guardato con quegli occhi che spalancava solo con chi voleva. Mi ha chiesto perché non pubblicavo i miei libri con la sua Editrice e mi ha spiegato (ed è qui che io sono crollato) che stava scrivendo un trattato sull´Incarnazione. Ho stralunato io gli occhi, "cosa è - ho detto - una vita di Cristo?", e lui: "no te capìssi gnente". Tra veneti era bello, di tanto in tanto, colloquiare in lingua madre. 
Mi sono alzato, abbiamo fatto insieme una passeggiata intorno all´immenso cupolone e sono tornato nella mia povera Cascina di qua della tangenziale.


Il dolore l´ha ucciso. Vittima di se stesso? Non lo so. I profeti non sono mai tanto trasparenti e di facile interpretazione. Don Verzè, nella sua straordinaria illuminazione, rimane sospeso e indigesto per molti di noi. E´ più difficile giudicarlo che capirlo. Io voglio ricordarlo così, "dimenticando" gli ultimi suoi dieci anni: fratello di fede, figlio dello stesso padre don Calabria, santo e peccatore, poeta e scienziato. Furono così tanti altri prima di lui: la storia dobbiamo imparare a leggerla e dobbiamo imparare anche da tante vite di santi difficili, che poi, piano piano, abbiamo trasformato in santini di immaginette.
Preghiamo Dio che l´eredità del "San Raffaele", con il suo forte dna evangelico e scientifico, rimanga e non venga travolto da predoni travestiti da salvatori.* Fondatore Progetto Exodus

Fonte: Da L’Arena di Verona di lunedì 02 gennaio 2012 CRONACA, pagina 6


L’EX SINDACO ILLASIANO GIUSEPPE TRABUCCHI  «MEGLIO 
UN  PROFILO 
BASSO»


A Illasi sono state affisse le epigrafi che annunciano il funerale del sacerdote e professore don Luigi Verzè che si svolge oggi alle 14.30 FOTO AMATO


È voce critica fuori dal coro l´ex sindaco illasiano Giuseppe Trabucchi, che non nega un giudizio sia sull´uomo sia sul sacerdote don Luigi Verzè, in entrambi i casi negativo. «Ha tradito la Chiesa perché considerare Dio, come diceva, socio di maggioranza delle sue imprese economiche, è una bestemmia che non si può perdonare. Il marketing del nome di Dio è offesa per tutti i credenti, non solo per i cattolici». «Per questo come cattolico», prosegue Trabucchi, «trovo del tutto fuori luogo la celebrazione delle esequie presieduta dal vescovo: sarebbe stato più opportuno un profilo più basso. E chiunque con i denari e gli appoggi politici goduti da don Verzè avrebbe fatto altrettanto e meglio del San Raffaele».V.Z.

Fonte: da L’Arena di Verona  di lunedì 02 gennaio 2012 CRONACA, pagina 6



ILLASI DI VERONA.  LA CERIMONIA FUNEBRE:  IL VESCOVO GIUSEPPE ZENTI HA RICORDATO IL FONDATORE DEL SAN RAFFAELE, FIGURA TRA OMBRE E PROGETTI AVVENIRISTICI: «DON VERZÈ FORSE DEBORDAVA,
 MA AI MALATI VOLEVA DARE TUTTO»

 I| Monsignor Zenti benedice il feretro di don Verzè a Illasi - FOTOSERVIZIO GIORGIO MARCHIOR


Sul prete manager «si è detto troppo, anche fuori dalle righe. E si è gettato del fango. Ma senza di lui non sarebbe nata quella struttura d´eccellenza»

Ad esequie come quelle che stiamo celebrando sarebbe stato meglio il silenzio. Di don Luigi, prete e manager, si è detto di tutto, anche fuori delle righe, senza clemenza».
È cominciata così l´omelia del vescovo Giuseppe Zenti nella chiesa parrocchiale di San Giorgio a Illasi, la stessa chiesa dove 13 anni fa don Verzè festeggiò il cinquantesimo di ordinazione sacerdotale, che ieri ha accolto la bara del fondatore dell´istituto San Raffaele di Milano morto a 91 anni nel pieno di una bufera giudiziaria per un debito da un miliardo e mezzo di euro accumulato dalla sua Fondazione.


Ma Zenti non ha voluto parlare del prete manager che pensava sempre in grande. Davanti alla folla che gremiva la chiesa ha parlato del sacerdote, ricordando già prima di iniziare la funzione religiosa «che è consuetudine dei vescovi veronesi da ormai mezzo secolo di celebrare e partecipare ai funerali dei nostri preti che io porto tutti nel cuore perchè un vescovo è con i preti come una mamma e un papà per i propri figli. E affido don Luigi alla misericordia di Dio che invoco anche per noi».


Il vescovo Zenti ha voluto tracciare un ricordo affettuoso di don Luigi Verzè, richiamandosi al valore delle opere lasciate da quest´uomo che aveva a cuore i malati. Non a caso è stato scelto il Vangelo di San Matteo, in cui si sottolinea che ogni opera buona fatta a chi ha bisogno è come averla fatta a Gesù. Ha prevalso più la pietà cristiana che il giudizio sull´uomo «solitario come tutti i geni ma anche disposto a riconoscere di aver debordato». E ha ricordato, monsignor Zenti, che «negli ultimi sei mesi, segnati anche dalla tragedia (il riferimento è al suicidio del suo collaboratore più stretto Mario Cal, ndr), nei media è nata la voglia di squarciare il velo della sua complessa vita. E del fango, anche troppo, è stato buttato sulla sua persona e sul suo operato».


Di lui si poteva però parlare in modo diverso, ha detto Zenti, «e si poteva anche dissentire». E quindi ha proseguito:« È un prete del clero veronese. Senza fare un panegirico e senza la pretesa di una parola definitiva su di lui, perchè la giustizia farà il suo corso, come vescovo cerco di tracciare un suo profilo». Così ha parlato di una persona di «estrema complessità, sbrigativo e indomabile, persino contradditorio, con il culto della razionalità e della libertà. E con una fede radicata nell´Eucarestia. Un indagatore delle ragioni altrui. Solitario come tutti i geni e bisognoso d´amicizia. Discusso, avversato, sicuro di sè, decisionista, navigato ma anche mistico. Un uomo che in questi ultimi anni ha vissuto il clamore mediatico ma ha anche conosciuto i momenti del tabor e del calvario».
Era una persona che pensava in grande, ha proseguito Zenti, «e si intestardiva a creare grandi opere anche oltre le sue possibilità. Detestava la mediocrità».
Ma, ha osservato, «i malati erano i suoi padroni, e perciò viveva per i malati. Se ha avuto degli eccessi la colpa, per così dire, va ad attribuirsi ad un eccesso d´amore per i malati. Per loro ha voluto il meglio del meglio. I malati, soleva dire don Luigi, vanno adorati perchè nei malati c´è una presenza di Gesù, nel limite del genere umano. Si commoveva pensando che il giudizio di Dio passa attraverso l´esame dell´amore. D´oro i tabernacoli, d´oro le strutture per i malati, mi diceva».
L´ultimo ricordo è una lettera del 16 dicembre scorso scritta da don Verzè al vescovo Zenti. «Mi disse che stava portando il peso della sua croce. Così sia, mi scrisse, se Gesù è contento. Era questo il vero don Luigi, distaccato da tutto, anche dalle sue opere, che teneva come unico conforto il crocefisso.

Di lui resta l´ospedale San Raffaele, che senza di lui non sarebbe esistito, una struttura d´eccellenza che ora viene consegnata alle cure della sua associazione, i Sigilli». E ha ricordato l´ultimo articolo di don Verzè, «L´indole di Cristo», pochi mesi fa. «Gli chiesi se fosse una sorta di testamento spirituale. Lui me lo confermò. Consiglio a tutti di andare a rileggerlo. E ora ricordiamolo con gli occhi della fede».


La cerimonia funebre, concelebrata con un nutrito gruppo di sacerdoti, è stata scandita dai canti sacri interpretati con grande suggestione dalla corale «Le piccole Dolomiti». Verso la fine ha preso la parola l´assistente di don Verzè, Gianna Zoppei, che ha ringraziato i partecipanti al funerale per l´affetto mostrato a don Verzè. La salma è stata poi portata nel cimitero di Illasi, nella cappella di famiglia, in attesa di essere tumulata nella cappella della Madonna della Vita del San Raffaele, dietro l´altare.

Fonte: srs di Elena Cardinali, da L’Arena di Verona di martedì 03 gennaio 2012 CRONACA, pagina 6


AMARCORD.  RITENEVA ECCESSIVO GIRARE CON UN BOLIDE, E COSÌ IL PATRON ENZO GLI FECE UN REGALO... VIAGGIAVA SU UNA MERCEDES
CON IL MOTORE DELLA FERRARI

Don Verzè alle elementari: è il primo da sinistra in prima fila, vicino all´insegnante don Eliseo Contri. Silvia Tosi è in seconda fila, seconda da sinistra. In prima fila, seconda da destra, la sorella di don Verzè



«Sicuramente ha fatto del bene, ma la povertà non è stato il suo forte: amava frequentare i ricchi»
Un prete singolare don Luigi Verzè e quanto meno insolito, non solo per quello che ha costruito ma anche per quello che ha guidato. Si diceva allievo prediletto di san Giovanni Calabria, che aveva fatto della povertà e della scelta degli ultimi la sua vocazione, come ti aspetti che sia da un uomo di Chiesa, ma alla sequela del Maestro si era avviato in carrozza. «Amava le auto di grossa cilindrata», racconta Gianni Tebaldo, che è stato fino alla pensione titolare di una stazione di servizio a Illasi, dove un paio di volte al mese il sacerdote arrivava a rifornirsi all´arrivo o prima di ripartire per Milano. «Era intimo di Enzo Ferrari e negli anni Ottanta avrebbe desiderato tanto guidare la Rossa, ma ammetteva che non era proprio conveniente per un prete. Così aveva trovato il compromesso di guidare una Mercedes, che grazie ai favori e per interessamento diretto del mago di Maranello era stata predisposta con il motore 12 cilindri di una Ferrari F40», rivela Tebaldo. «Una debolezza che gli si può perdonare perché in una vita va considerato tutto: il bene e il male e quello che don Verzè ha fatto pende verso il bene, ma bisogna ammettere che la povertà di don Calabria non era proprio il suo forte», aggiunge. 


Di famiglia di possidenti benestanti (la sorella maggiore Maria era andata sposa a un membro della famiglia Pasqua di Bisceglie), aveva frequentato il ciclo delle elementari a Illasi e i compagni di classe Silvia Tosi e Pietro Giuliari lo ricordano a scuola della maestra Eugenia Chiamenti come «taciturno e buono». «Bravo, ma come eravamo grosso modo tutti, non era certo sopra gli altri per intelligenza, da quello che si capiva allora», aggiunge Silvia, che con lui frequentò anche la quarta e la quinta, con don Eliseo Contri che li preparò all´esame finale. La foto dell´anno scolastico 1929-30 ritrae il piccolo Luigi o Nino, com´era chiamato in famiglia, accanto al sacerdote insegnante, quasi un segno premonitore.

Poi il seminario lo allontanò dai compagni di classe con i quali ha voluto comunque festeggiare il cinquantesimo compleanno e il suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale invitandoli tutti al ristorante dopo la celebrazione della messa. 


In piazza fuori della chiesa dove si svolgono le esequie, ci sono tanti compaesani ma anche curiosi e gente che viene da lontano, come Giuliano, guardia forestale di Borgo Valsugana, compaesano di Raffaella Voltolini, infermiera e suo braccio destro al San Raffaele: «Veniva in paese e amava farsi accompagnare nei giri in montagna sul Lagorai. Era curioso di storie di alberi e animali». 


Armando Zambaldo, marciatore olimpico di Montreal ´76 e suo fratello Bruno, vivevano a Milano ai tempi in cui don Verzè era direttore dell´Opera don Calabria, che Armando ha frequentato negli anni Cinquanta alla scuola di avviamento industriale: «Come direttore era molto attivo ed efficiente. Poi è stato mandato via», racconta Armando. Lo hanno ritrovato nei prati di là del Parco Lambro dove sarebbe nata Milano 2 e prima il suo ospedale: «È sempre stato uno che ha preferito frequentare i ricchi: trovava il modo di farsi finanziare i suoi progetti», riconosce Bruno, la cui moglie continua ancora a svolgere volontariato con i bambini malati all´interno del San Raffaele, «ma certo che costruire un albergo per i parenti dei malati a 120 euro a notte per una camera più colazione, non è proprio una scelta da poveri». 


Chiede l´anonimato, «perché faccio un lavoro dove sarei facilmente identificato», una persona che non ha una grande considerazione per don Verzè: «L´ho conosciuto a casa di un grande proprietario terriero. Era venuto per fare il mediatore ed era molto interessato a quelle proprietà. Ha insistito molto perché vendesse e poi su quei terreni si è scatenata la speculazione. È triste morire così», è la sua considerazione, «ha fatto grandi cose ma anche grandi sbagli e si è ridotto così perché ha frequentato gente che non lo ha aiutato a capire dove sta il bene».

Fonte: srs di Vittorio Zambaldo, da L’Arena di Verona di martedì 03 gennaio 2012 CRONACA, pagina 6


QUI MILANO.  PIERINO  ZAMMARCHI CHOC: «HO PAGATO TUTTI» 

 Sopra, don Luigi verzé; sotto, a sinistra Pierino Zammarchi, a destra Giuseppe Rotelli

L´imprenditore si è presentato alla camera ardente al San Raffaele. E Rotelli si affretta a smentire. L´inchiesta tiene banco nel giorno dell´addio. Pozzetto, Al Bano, Cacciari, Fazio hanno reso omaggio all´amico

Prima dei funerali di Illasi, la salma di don Luigi Verzè è stata un paio d´ore nella camera ardente allestita all´ospedale San Raffaele di Milano, la sua creatura,. E da qui è uscita tra gli applausi per arrivare appunto a Illasi dove sono sati celebrati i funerali. 


La salma del fondatore dell´ospedale San Raffaele, morto sabato scorso a 91 anni nella sua residenza privata milanese, è stata nella camera ardente allestita al Ciborio che si trova sotto il cupolone con l´angelo all´interno della struttura ospedaliera e qui tra i primi ad arrivare è stato il cantante Al Bano, visibilmente commosso. Al Bano ha difeso don Verzè, che si trovava al centro dell´inchiesta per il crack miliardario del San Raffaele con contorno di fondi neri. «Andava oltre i problemi finanziari, era un uomo senza una lira in tasca. Dal milione di lire di Don Calabria ha fatto quello che ha fatto, i soldi erano l´ultimo suo pensiero» ha detto al termine della commemorazione. Insomma, secondo Al Bano adesso il prete veronese ha «un po´ di pace che merita. E´ stato un uomo che va oltre le parole». Su di lui, ha detto, «ho letto cose veramente vergognose» ma, a suo parere, il sacerdote «parlerà e vivrà sempre» anche dopo la morte «grazie alle cose che ha fatto». 


Vittorio Malacalza, che fa parte della cordata con lo Ior per acquisire il controllo dell´ospedale San Raffaele, al suo arrivo alla camera ardente ha affermato: «È stato un uomo eccezionale, vedete tutto quello che ha fatto». Rilancerete l´offerta di Giuseppe Rotelli? «Stiamo ancora valutando l´offerta», ha risposto Malacalza riguardo l´offerta di oltre 305 milioni lanciata dall´imprenditore ospedaliero Giuseppe Rotelli. Siete pronti a raccogliere l´eredità di Don Verzè? «Forse - ha detto - non ne saremo degni». 


E proprio su questi temi ieri c´è stato anche un colpo di scena quando alla camera ardente è arrivato l´imprenditore edile Pierino Zammarchi: «Io ho lavorato anche per Rotelli al San Donato e anche lì si pagava una percentuale». Zammarchi, che è coinvolto nell´inchiesta della Procura di Milano sul dissesto finanziario del S.Raffaele per cui ha lavorato per anni, tira quindi in ballo anche un altro big della sanità in Lombardia. Ai giornalisti che gli chiedono se queste percentuali pagate al gruppo Rotelli siano tangenti, Zammarchi risponde: «certo, quando lavoravo al San Donato». Poi però smussa: «si tratta di tanti anni fa». Poco dopo è stata diffusa una nota in cui l´imprenditore Giuseppe Rotelli afferma: «non ha mai conosciuto il signor Zammarchi ed esclude in modo categorico di avere mai ricevuto tangenti nella sua vita da chicchessia quanto meno» da lui. 


Nella camera ardente allestita all´ospedale San Raffaele, sono arrivati anche l´ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che insegna all´università Vita e Salute del San Raffaele stesso, e il comico Renato Pozzetto, amico del sacerdote scomparso sabato scorso all´età di 91 anni. Presente anche l´ex ministro della Sanità Ferruccio Fazio. Non si sono visti invece l´ex premier Silvio Berlusconi, grande amico di don Verzè, nè la figlia Barbara che si era laureata all´università San Raffaele.
Infine, Giuseppe Profiti, vicepresidente della Fondazione San Raffaele, si è detto convinto che la struttura sanitaria fondata da Don Luigi Verzè «continuerà la sua opera. Non so quale potrà essere l´evoluzione ma sono certo che il San Raffaele continuerà la sua opera perché la sua fiamma è solida è viva». 


Tra i pochi politici presenti, il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà: «Penso che la sua vita sia stata talmente grande che non ha senso pensare che le inchieste ne appannino la figura. Se ci sono altre responsabilità le chiariremo, ma sono convinto che siamo qui per pregare per un grande di questi anni».

Fonte: da L’Arena di Verona di martedì 03 gennaio 2012 CRONACA, pagina 6


SGARBI DIFENDE L´AMICO 
E ATTACCA I MAGISTRATI

 Anche a Illasi, Vittorio Sgarbi ha avuto modo di litigare. Dopo aver esternato affronta Lucillo Saorin

L´AFFONDO. IL CRITICO D´ARTE: «ERA UN SANTO E HA FATTO TANTO DEL BENE, ORA È IMMONDO INCOLPARLO»  

Danno forfait l´ex premier Berlusconi, presente nel 2007 a Lavagno, il governatore della Lombardia Formigoni e la grande politica. Più laici che cattolici fra vip e politici al funerale di don Luigi Verzè, nella chiesa parrocchiale della sua Illasi. E tanti gli assenti illustri. Su tutti Berlusconi. C´erano solo il filosofo ed ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari, docente all´Università del San Raffaele, e l´amico e critico d´arte Vittorio Sgarbi, protagonista a margine del rito funebre con stoccate al magistrato che ha condotto l´inchiesta per bancarotta sulla Fondazione San Raffaele. «È un´inchiesta di m..., che colpisce tutti gli amici di Berlusconi», dice. 

Il filosofo Massimo Cacciari

Cacciari, invece, cita don Milani quando diceva che «alla fine della vita ha le mani veramente pulite solo chi le ha tenute sempre in tasca».


Una delle corone di fiori sul carro funebre era dell´ex sindaco di Milano Letizia Moratti. Manca però Berlusconi (e anche sua figlia Barbara, laureatasi al San Raffaele) l´amico da oltre mezzo secolo  presente il 23 giugno 2007 a Lavagno per la posa della prima pietra del Quo Vadis, il centro per il «ben-essere», mai decollato  definito da don Verzè come «l´uomo della Provvidenza». Non c´erano nemmeno il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, pure vicinissimo al prete veronese scomparso, né altri politici come il leghista Roberto Maroni, l´ex ministro che nel 2007, allora deputato, rappresentò a Lavagno Umberto Bossi per la prima pietra del Quo Vadis, dove invece c´era anche Salvatore Cuffaro, allora presidente della Regione Sicilia e ora in carcere dopo essere condannato per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
Sgarbi, giunto a Illasi quando la messa è oltre la metà, dà vita a uno show in piazza, proseguito dentro la chiesa a esequie terminate. Don Verzé? Per Sgarbi «va iscritto nella categoria dei santi. Ha creduto fermamente che la fede non è in contrasto con la scienza. Era poi favorevole al preservativo dove c´è una malattia grave in Africa o c´è il rischio di epidemie. Poi era disponibile all´eutanasia in caso di malattie gravi, anche psicologiche. E non è escluso che anche lui nel momento in cui aveva perso le motivazioni della sua impresa abbia detto a qualcuno di aiutarlo ad andarsene».


Per Sgarbi l´inchiesta su don Verzè è ingiusta. «Lui ha fatto solo del bene. È immondo che un magistrato abbia indagato su un uomo di 91 anni che ha salvato migliaia di persone e che l´abbiano fatto anche con don Gelmini. Un magistrato avveduto dovrebbe riconoscere il criminale». La frase di Sgarbi non va giù a Lucillo Saorin, che lo ascolta vicino e lo apostrofa con «lei dice sempre le sue put..., è come Marinetti con il fascismo, prima lo attaccava e poi è diventato di destra».  Sgarbi e Saorin si insultano e vengono separati. Cacciari cita don Verzè «come uomo profondamente impegnato a favore della ricerca scientifica e tutti coloro che hanno lavorato al San Raffaele lo ricordano così». Sul fronte politico era presente al funerale la senatrice del Pdl Cinzia Bonfrisco, secondo cui «con don Verzè scompare un grande veronese, che ha lasciato un segno nella sanità italiana grazie alla straordinaria eccellenza dell´ospedale San Raffaele. Era un uomo di Dio e un grande manager, che con il suo carisma anche mistico lascia un ricordo indelebile. Solo Dio ora potrà giudicarlo».


L´avvocato e presidente di Veronamercato Gian Paolo Sardos Albertini, già presidente della società Quo Vadis (si è dimesso a ottobre) che avrebbe dovuto costruire l´ospedale a Lavagno, dice che «di don Verzè ricordo solo quanto di meraviglioso ha fatto e i sogni che voleva si avverassero e purtroppo non attuate, come il Quo Vadis. Speriamo che i nuovi proprietari prendano in mano il progetto e lo realizzino». Hanno seguito le esequie anche l´assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso (Pdl), che si limita a esprimere «un grazie infinito a don Verzè per tutto ciò che ha fatto», l´ex consigliere regionale Raffaele Bazzoni, «un personaggio di indubbia professionalità. Avevamo parlato di riorganizzazione ospedaliera. Aveva una visione di prospettiva che difficilmente si ritrova nei manager di oggi», e poi il sindaco di Colognola ai Colli Alberto Martelletto, «una persona importantissima per il nostro territorio e per la sanità italiana ed europea» e quello di Lavagno Simone Albi: «Purtroppo non si è realizzata l´ultima sua opera a Lavagno, il Quo Vadis». Per l´ex sindaco di Vestenanova Antonio Dal Dosso «don Verzè era un grande uomo che ha fatto tanto per il popolo italiano e ha assistito tutti quanti avevano bisogno». E l´ex assessore provinciale Gianni Curti, della segreteria nazionale del Nuovo Psi, dentro il Pdl (ex socialista come Bonfrisco e Chisso; Verzè era amico di Craxi) ricorda «un uomo coraggioso, con voglia di fare e di aiutare chi è in difficoltà». In chiesa c´era anche Gastone Savio, ex sottosegretario Dc alla Difesa.

Fonte: srs di Enrico Giardini,  da L’Arena di Verona di martedì 03 gennaio 2012 CRONACA, pagina 7.


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