domenica 22 gennaio 2012

IL MONTE GRIGLIANO E L’ANTICA CHIESA DI SAN GIACOMO (S.TI JACOBI DE GRIGLIANO)

La Chiesa di San Giacomo sul monte Grigliano a Vago di Lavagno di Verona



Cap. I

IL MONTE GRIGLIANO  E L'ANTICA CHIESA DI S. GIACOMO

Se si percorre la strada statale che conduce a Vicenza o l'autostrada Serenissima, diretta a Venezia, tra S. Martino Buon Albergo e Vago di Lavagno, si nota un'altura che sorge verso sinistra in una posizione dominante sulla pianura.

Drappeggiata da alberi dalla folta chioma e da file di cipressi austeri, tale collina è coronata da una suggestiva villa in stile archiacuto e da una maestosa chiesa con un agile campanile. L'altura, pur non essendo molto elevata, è denominata Monte Grigliano e la chiesa che vi sorge è il Santuario di S. Giacomo con annessa la villa Milani.

Il Monte Grigliano assume molteplici denominazioni nei documenti storici veronesi(1) ed è perciò difficile formulare delle interpretazioni in rapporto alla sua derivazione etimologica(2),

Considerando queste denominazioni nel loro significato, non è da respingere la derivazione da «grezzo» (incolto) o «griso» (grigio), secondo il dialetto veronese.  Infatti, è certo che il Monte Grigliano fosse di questo aspetto già dal tempo della sua formazione cenozoica per il colore della materia calcarea e tufacea di cui è costituito, diversamente dalle colline circostanti di S. Briccio e Mezzane, composte in prevalenza di lava vulcanica e di basalto nero.  Inoltre, risulta greggio ed incolto fin dai primi documenti del 1200 e da altri di epoche successive(3), e per molti anni ancora le sue caratteristiche rimasero immutate, come si nota in un atto di donazione del 30 maggio 1390(4), dove il colle anzidetto è denominato una pezza di terra «costivam et garbam »(5).

Il Monte Grigliano, pur essendo sterile ed incolto « ab antico» e fino alla metà del 1400(6), ricopriva una notevole importanza già dall'epoca romana per la sua particolare posizione geografica nell'ambito della pianura veneta.

Poco distante, infatti, si trovava la famosa Via Postumia, importante via di comunicazione, che, attraversando l'Italia settentrionale, collegava Genova con Aquileia(7).

Il passaggio di questa via romana nella zona compresa tra S. Martino Buon Albergo e Vago di Lavagno è confermato dal ritrovamento di molti reperti archeologici che dimostrano non solo l'importanza della Via Postumia in queste zone, ma anche la presenza, lungo il suo corso, di alcuni insediamenti rurali(8).

Le testimonianze anzidette sul percorso della Postumia e la scoperta lungo il suo itinerario di vari resti romani convalidano l'ipotesi che il suo passaggio avvenisse, quindi, in prossimità o lungo l'odierna statale 11, alle pendici meridionali del Monte Grigliano(9).

Inoltre, la presenza di insediamenti rurali in epoca romana nelle circonvicine località di Vago di Lavagno, S. Pietro di Lavagno e S. Briccio(10), ci induce a pensare che anche sul Monte Grigliano vi  fossero delle costruzioni civili o militari, a motivo della sua strategica posizione geografica (11).

Per ora i reperti documentabili, esistenti in questo luogo, che ho potuto inventariare durante un sopralluogo recentemente effettuato sono, tra l'altro,  un'ara romana in tufo, probabilmente, del I sec. d.C.,  un'acquasantiera o un fonte battesimale del periodo paleocristiano e una molteplicità di mattoni di evidente fabbricazione romana (12).

Con la caduta dell'Impero, il Monte Grigliano e le zone circonvicine, persero gradualmente la loro primitiva importanza, infatti, dopo il V secolo, nel periodo delle invasioni barbariche, furono luogo di passaggio e di insediamento di varie popolazioni provenienti da diversi paesi europei, tra cui i Cimbri, i Visigoti di Alarico, gli Unni di Attila e gli Ostrogoti di Teodorico(13).

Nel contesto delle invasioni barbariche assume particolare importanza un evento significativo che si svolse nel 489 d.C. e che interessa da vicino il Monte Grigliano: la battaglia fra Teodorico e Odoacre.  Secondo alcune fonti storiche(14)  e in base a ciò che scrive il Simeoni(15), essa avvenne in una zona adiacente alla località, oggetto del presente studio, e cioè nella pianura compresa tra S. Martino Buon Albergo, le colline e il corso dell' Adige(16), ove la superficie, secondo lo storico veronese, era allora di circa un chilometro.

Dalle sue ricerche si può desumere che anche in questa circostanza, come già nel periodo romano, il Grigliano abbia avuto una sua precisa significatività, come luogo di osservazione o di coordinamento delle azioni militari, in quest'ultimo caso nell'ambito del suddetto conflitto.

Altro avvenimento interessante e degno di considerazione nell'epoca barbarica è la grande invasione degli Ungheri, che avvenne nel secolo X, tra l'896 e il 900(17). Secondo ciò che scrivono il Simeoni(18) e altri storici, tra cui il Dalla Corte(19), la pianura veronese e la  città furono gravemente danneggiate dalle scorrerie di queste orde barbariche, per difendersi dalle quali « si fortificarono varii luoghi del contado, come Cerea, Nogara, Caldiero »(20).  È probabile che nel corso del passaggio di questi popoli, si siano avute delle devastazioni anche sul Grigliano e che, quindi, siano andate distrutte le costruzioni ivi esistenti, dal momento che, come si presume, essi provenivano dal vicentino e dal mantovano e percorrevano le strade romane che comunicavano con la pianura orientale veronese.

All'inizio dell'XI secolo il Grigliano assunse ancora una volta una sua caratterizzazione nella provincia veronese, infatti, per la sua particolare posizione geografica, si trovava certamente vicino ad una delle grandi strade dei pellegrinaggi del Medioevo, che si dirigeva verso i luoghi Santi della Palestina.

L'itinerario medioevale dei pellegrini verso la terra Santa era in sostanza quello romano; da un lato seguendo la Postumia, passava per Verona, Vicenza, raggiungeva Aquileia e da qui proseguiva lungo la penisola balcanica, dall'altro, da Verona arrivava a Vicenza e Iì deviava per Padova e Venezia, dove c'era l'imbarco, dopo il consolidamento di questa città come potenza marinata(21).

Inoltre, dopo l'anno mille la Via Postumia, che come si è detto in precedenza, passava alle pendici del colle del Grigliano, non solo era la strada preferita dai pellegrini diretti in Palestina, ma anche dai guerrieri crociati del Nord-Italia che combattevano per la liberazione del S. Sepolcro dai Turchi.

Ciò fa supporre che il Grigliano, nei tempi successivi, fosse luogo destinato ad accogliere pellegrini e viandanti che provenivano dall'oriente, diretti a S. Giacomo di Compostella in Spagna o dall'Occidente, indirizzati in Terra Santa, oppure che fosse luogo di assistenza ai poveri e agli ammalati, un ospedale forse, o uno xenodochio.

Il Cipolla, a questo proposito, ha avanzato l'ipotesi che il Grigliano avesse le stesse funzioni dei luoghi di S. Rocco e di S. Giacomo di Tomba(22). Non esistono, purtroppo, testimonianze storiche sicure in proposito, ma le supposizioni, però, non sono prive di fondamento.

È molto probabile che le costruzioni ivi edificate dopo il 1000,  siano andate distrutte in occasione dello spaventoso terremoto del 1117, riportato anche dagli storici veronesi(23).

Nel periodo delle spedizioni in Palestina o presumibilmente, intorno al 1200, sul Monte Grigliano fu costruita una chiesa dedicata all'Apostolo S. Giacomo(24).

Sulla presenza di tale costruzione in questa località vi sono molte testimonianze probanti che ora prenderemo in considerazione.

Il documento più antico in ordine di tempo è un atto di donazione riportato da Gino Sandri, secondo il quale, il 30 maggio 1390,  Il Giudice Ardimento q. Zilio degli Ardimenti della contrada di Falsorgo cede al Notaio Dosso de Brandello di S. Fermo Maggiore:  « unam peciam terre costivam et garbam cum uno oratorio seu edesia in ea esistente sub vocabullo Sancti Jacobi apostoli fundata seu fundato, cum una domo sive moriono ad modum unius Toracii murati undique et cum una seconda versus sero copata et murata in parte, positam in pertinentia Lavanei in hora Grigiani ... »(25).

Nell'atto di donazione si afferma, inoltre, che gli Ardimenti non solo godevano la proprietà di quel luogo « ab immemorabili », ma da molti anni avevano anche il beneficio dello ius patronatus sulla chiesa esistente(26).

Se dunque, come afferma Giuseppe Trecca(27), gli Ardimenti e i loro predecessori avevano da lungo tempo il possesso del colle, della chiesa e il giuspatronato di eleggervi il sacerdote che la officiasse, vuol dire che essa esisteva da almeno un secolo(28).

Un'ulteriore documentazione certa, sull'esistenza di tale costruzione, è offerta da un'iscrizione del 1600, secondo la quale la cassa con le ossa di S. Giacomo (scoperta in questo luogo nel 1395), è stata sepolta « sub turri veteris templi », cioè sotto la torre o campanile del vecchio tempio(29).

Un'altra affermazione significativa ci giunge da Raffaele Bagata, il quale sottolinea il fatto che sul Monte Grigliano esisteva «iam olim » una chiesa in onore dell'Apostolo Giacomo(30), la stessa cosa è riportata dal Moscardo, quando scrive: «nel qual luogo era anticamente una chiesa dedicata allo stesso glorioso santo »(31).

Esisteva, dunque, una chiesa sul Grigliano, già molto tempo prima del 1390, come si è visto nell'atto di donazione. Purtroppo, non è possibile riferire in quali condizioni fosse allora la costruzione, per mancanza di documenti più dettaglianti. Si ha notizia, solamente, della presenza di una chiesa molto antica con annesso un oratorio.

Alcuni anni dopo, nel 1395, le costruzioni qui edificate appaiono quasi completamente diroccate e distrutte, come appare dallo studio inedito di Carlo Cipolla(32).

NOTE

1) Il più antico documento, finora scoperto, che parla del Monte Grigliano (toponimo recente) è riportato da Gino Sandri e risale al 30 maggio 1390. In tale documento si cita fra l'altro: «in hora Grigiani » (G. SANDRI, S. Giacomo del Grezzano e gli Ardimenti, in: Studi Storici Veronesi, VoI. I, fase. I, Verona 1947, pagg. 79-80). Le altre denominazioni che ricorrono più frequentemente nei testi dell'Archivio di Stato di Verona sono: «Griiano », in: Ant. Arch. Verano Atti del Consiglio, VoI. 59, f. 75 v.; Fondo S. Maria in Organo, perg, 2127; Ant. Arch. Veron. Atti del Cons. Val. 56, f. 224 v.; Atti del Cons. VoI. 56, f. 240 r.; «Grigiano », in: Ant. Arch. Veron. Atti del Cons. Val. 56, H. 131 v., 134 r. e 147 v.; «Griliano », in: Ant. Arch. Veron. Atti del Cons. Val. 56, f. 182 V.

2)  Dante Olivieri ritiene che Grigliano derivi da «Graecius» con suff. -anu e fa riferimento a Grezzana (Vago) e Grigian (Toponomastica Veneta, Città di Castello 1914, pago 18), o suppone che abbia origine da «Acrilius» con suff, -anu  (Saggio di una illustrazione generale della Toponomastica Veneta, Città di Castello 1915, pago 52).
Lo stesso Olivieri considera anche una derivazione da «terra », infatti, suppone un "Agridiariu» (Toponomastica Veneta, Firenze 1962, pago 18).

3)  Ciò è confermato dal fatto che Buzzicarino de' Buzzicarini, podestà di Verona dal 1253 al 1255 (G.B. BIANCOLINI, Dei Vescovi e Governatori di Verona, Verona 1757, Vol. I, pago 51), ordinò con un decreto del 1253 che tutti coloro che avessero abbondanza di ceneri le deponessero sul Grigliano, luogo a quel tempo molto incolto e sterile.  Cosi il Monte assunse un aspetto grigiastro, da cui si presume derivi l'appellativo « Grigiano », che per ragioni fonetiche divenne poi «Grigliano », (F. DAL FORNO, Storia e Arte nella Valle di Mezzane, Verona 1975, pago 35).

4) G. SANDRl, S. Giacomo del Grezzano ... , pagg. 79-80.

5)  «Costivam» per la particolare configurazione del terreno tufaceo; « garbam » per la natura della vegetazione e in particolare per la presenza di erbacee, che in dialetto veronese sono dette anche «sgarbare »,

6)  Come è confermato da un documento del 1445, dove si afferma che il colle anticamente era infruttuoso e sterile e solo un' azione di bonifica poteva renderlo fertile e fruttifero (Archivio di Stato di Verona, Ant. Arch. Veron. Atti del Cons. VoI. 59, ff. 75 e segg., 19 febbraio 1445).·

7)  La Via Postumia, costruita in parte dal console Spurio Postumio Albino nel 148 d.C., come risulta da una pietra miliare conservata al Museo Maffeiano, era una strada importante, non solo dal punto di vista politico, in quanto contribuiva alla diffusione della civiltà romana nell'Italia settentrionale, ma anche da quello economico, poiché collegava   i traffici del Nord Italia con Roma.  Ce lo conferma anche Franco Sartori, quando scrive: « così mediante la Postumia e l'Annia il territorio veneto strategicamente ed economicamente tanto importante, veniva collegato da strade sicure ed efficienti, rispettivamente con la pianura emiliana e con la pianura padana occidentale e a sua volta collegate da altre grandi vie con l'Italia centrale e con l'Urbe» (F. SARTORI, Verona romana, in: Verona e il suo territorio, VoI. I, Verona 1960, pag. 166-167).
Questa via, secondo l'opinione comune degli studiosi, provenendo da Cremona, attraversava la città di Verona e all'altezza di Porta Vescovo si innestava con l'odierna statale 11, diretta a Vicenza e passando per S. Michele Extra giungeva a S. Martino Buon Albergo. In questa località «la strada si biforcava in due rami: uno seguiva pressapoco la Statale diretta a Vicenza, mentre a destra (continuando l'orientamento del tratto precedente), iniziava l'altra strada pure romana ... la Via Porciliana o la Via Imperialis, come la chiama il De Bon » (A. BENETTI, Le pievi veronesi dell'agro centuriato «athesino », Verona 1973, pag. 10), che raggiungeva Belfiore, Cologna Veneta ed Este.  Lo Zarpellon sostiene, invece, che la Postumia da S. Martino proseguisse in direzione Nord-Est, passando per Monticelli, Ponte di Settimo, Ca' dell' Ara, la Decima, lungo una strada che oggi è secondaria (A. ZARPELLON, Verona e l'Agro Veronese in età romana, Verona 1954, pag. 91). E della stessa opinione anche il Fraccaro (P. FRACCARO, La Via Postumia nella Venezia, in: Opuscula III, scritti di Topografia e di Epigrafia, Pavia 1957, pag. 202).  Il Bosio afferma, al contrario, che dopo S. Martino la Via romana passasse più a Sud, all'incirca lungo il percorso attuale della Statale (L. BOSIO, Itinerari e strade nella Venetia romana, Padova 1970, pagg. 32-33), e la stessa opinione è condivisa dal De Bon (A. DE BON, La Via Postumia, in: Storie e leggende della terra veneta, I, Schio 1941, pag. 17 e segg.) nonché dal Benetti, il quale sostiene che i Romani costruivano le loro strade, preferibilmente, diritte e in modo particolare quelle di grande comunicazione, come la Postumia e non esclude che la zona di Monticelli, Ponte di Settimo, la Decima fosse interessata dal passaggio di una Via «Pelosa », cioè di una strada romana secondaria. Per confermare maggiormente l'ipotesi che la Postumia, tra S. Martino e Vago, seguisse il percorso rettilineo e pianeggiante e non quello collinare, si può aggiungere che i miliari, rinvenuti lungo la strada secondaria collinare che porta a Colognola ai Colli, possono essere stati oggetto di spostamento nel corso dei secoli e la loro provenienza può anche essere la pianura; in secondo luogo la costruzione della Postumia lungo la zona collinosa avrebbe creato non poche difficoltà di ordine logistico, quando il suo tracciato era solitamente rettilineo per rispondere alle finalità politiche, militari ed economiche. Tale via toccava, dunque, Vago di Lavagno e giungeva a Strà, cioè alla «Posta Vecchia », dove ci sarebbe stata la cosiddetta «mutatio Cadiano» dell'Itinerarium Burdigalense (O. CUNTZ, Itineraria Romana, Leipzig, 1929, pagg. 88, 558-559), ovvero la prima stazione di cambio dei cavalli venendo da Verona e dove si localizza il X milio della Postumia (A. BENETTI, S. Margherita dei Lessini e le Pievi della Postumia, Verona 1973, pagg. 18-19).  E da escludere, dunque, che la Via Postumia interessasse Caldiero, dal Mommsen identificato con il Cadianum dell'Itinerario verso la Terra Santa. Piuttosto, si suppone che questa località, dove sono avvenute scoperte archeologiche di notevole valore  storico in ordine all'origine romana delle terme, fosse un centro romano importante, poco distante dalla Postumia (L. FRANZONI, Edizione Archeologica della carta d'Italia al 100.000, Fg. 49 (Verona), Ist. Geografico Militare, Firenze 1975, pag. 25).

8)  A S. Martino Buon Albergo sono venuti alla luce molti documenti interessanti, tra cui due dediche: una a Bono-Evento (C.I.L. V. 3218) e una a Silvano (C.I.L. V. 3301); nel 1960, in località Guagina, nel corso dei lavori di costruzione dell' autostrada, furono rinvenute delle tombe romane (L. FRANZONI, Edizione Archeologica ... , pag. 24).  Ciò fa supporre che questo paese, già dall'epoca romana, avesse una grande importanza sia come nodo stradale, che come ospizio per i pellegrini o le milizie che transitavano lungo la Postumia o la Porciliana.
Vago di Lavagno, situato a poca distanza dal colle del Grigliano era pure un centro significativo nel periodo romano, perché situato vicino alla via Postumia, prova ne sia il ritrovamento di un sepolcreto romano, scoperto nel 1948, di alcune monete di Costantino del III secolo d.C. e il rinvenimento della pavimentazione e di alcuni tratti di muratura di un edificio romano, adibito allora a magazzino o luogo di ristoro sulla via Postumia (V. BONUZZI, Il territorio Veronese in età romana, Verona 1973, pag. 98).

9)  Infatti, se il percorso della strada romana era pressoché rettifilo, doveva certamente toccare il Monte Grigliano, dato che questo è zona intermedia tra S. Martino e Vago.  A conferma di ciò assume particolare importanza il rinvenimento di alcune tombe romane presso il Grigliano, notificato dal De Bon e dal Benetti (A. DE BON, La Via Postumia ... , pag. 18; A. BENETTI, Le pievi veronesi..., pag. 11).  È interessante notare che il percorso della Postumia in queste località poteva coincidere con quello dell'antichissima «Pista dei Veneti» studiata dal Mantese e citata dal De Bon.

10)  Non solo S. Martino B.A. e Vago, ma anche S. Pietro di Lavagno era abitato in epoca romana, lo testimonia un'iscrizione della «Gens Valeria », scoperta nel 1766 nella canonica attigua alla chiesa (C.I.L. Val. V, n° 3797); ed anche S. Briccio, che sorge a Nord del Grigliano, conserva molti resti di genti romane, tra cui un cippo raffigurante un littore con una verga nella mano sinistra e inoltre parte di un'iscrizione funebre di certa «(Ru)finia-C(ai)-l(iberta)-Hilara », ambedue ora al Museo Archeologico di Verona (L. FRANZONI, Edizione Archeologica ... , pag. 23).

11)  Si può osservare che il suffisso -anu (ano) del toponimo «Graecius », «Acrius» o « Acrilius », da dove l'Olivieri fa derivare Grigliano, indica la presenza di abitazioni, che in questo luogo dovevano avere un'origine remota.
In età romana non è da escludere che sul Monte Grigliano vi fosse un castello, un luogo fortificato o un posto di osservazione, poiché la sua posizione geografica, strategica e dominante sulla pianura veronese e la Postumia, consentiva di controllare ogni evento che potesse minacciare la situazione costituita. Era consuetudine, infatti, per i romani, scrive il Benetti, costruire lungo le strade di comunicazione, ogni due milia circa, dei luoghi di avvistamento, su alture o promontorii, possibilmente.
L'ipotesi che il Grigliano fosse luogo d'insediamento già in epoca romana, avrebbe un fondamento di maggior certezza se in questa località si attuassero degli scavi, finalizzati al reperimento di qualche traccia o indizio risalente a quell'epoca.

12)  L'autenticità di alcuni mattoni non può essere stabilita con sicurezza, dato il loro scadente stato di conservazione.

13)  C.  CIPOLLA, La Storia politica di Verona, Verona 1899, pago 13.
Fra le stirpi di invasori che maggiormente fecero sentire il loro peso in questa parte della provincia veronese, vi furono gli Unni di Attila, che provenienti dalle regioni orientali, avevano varcato le Alpi del Friuli e distrutto Aquileia «fortezza e guardia del limes giuliano» e località terminale della Via Postumia (C.G. MOR, Verona teodoriciana, in: Verona e il suo territorio, Verona 1960, Vol. I, pag. 5). Poi, come scrive il Cipolla, questi barbari «gavazzarono per le varie città e provincie dei Veneti per raggiungere il Mantovano» (C CIPOLLA, La storia ... , pag. 13.  Questo ci induce a pensare che essi nel loro viaggio avessero seguito la Postumia e attraversato le località lungo il suo percorso.
È difficile, tuttavia, determinare con esattezza i movimenti progressivi di questi popoli, in quanto mancano documenti e testimonianze probanti. Certamente, la posizione geo grafica di questa zona e la vicinanza a Verona, la presenza di una via di comunicazione come la Postumia, nonché l'esistenza nel luogo di abitazioni precedenti, certo facilitarono l'arrivo e la permanenza di molti gruppi minori barbarici, anche nella zona circostante al Grigliano.

14)  «Auctarum Havnense » - «Anonimo Valesiano », in: L. SIMEONI, La battaglia fra Odoacre e Teodorico, in: Studi Storici Veronesi, Verona 1960, pag. 14.

15)  L. SIMEONI, La battaglia ... , pag. 7 e segg.  L. SIMEONI, Verona-Guida Storico-Artistica della città e provincia (Introduzione), Verona 1909, pag. 3.

16)  Luigi Simeoni ritiene che il Re Teodorico con i suoi Ostrogoti, volendo conquistare Verona, che era già dominio di Odoacre, fosse ostacolato nel suo cammino verso la città, proprio nella pianura orientale veronese e la battaglia si svolgesse alla stretta di S. Martino B.A. e forse al ponte dove si congiungevano le due strade romane. Queste due strade di cui parla l'autore erano rispettivamente: la Via Postumia e la Via Porciliana che conduceva ad Este. Esse si univano presso il Ponte sul Fibbio, a circa 7 chilometri da Verona, nei pressi di S. Martino.B.A.

17)  G. DALLA CORTE, Dell'Istorie della città di Verona, Verona 1744, Tomo I, pag. 158.

18)  L. SIMEONI, Verona-Guida ... , pag. VII.

19) « ... Gli Ungari determinarono di passare in Italia, Berengario trovandosi un esercito di quindicimila e più combattitori ... si mosse contro gli Ungari ... ma rimase vinto. E gli U. per la vittoria, altieri e superbi... intrarono da questa parte in Italia, saccheggiando e  depredando ogni cosa ... Si volsero poi verso Venezia ... Vogliono nondimeno alcuni, che questi Ungari partitisi da Venezia, venissero con grandissimo impeto e furore fin sotto le mura della nostra città e primaché Berengario potesse acquietarli... con gran somme d'oro, saccheggiarono tutti i borghi e gran parte ne ruinassero e massimamente le chiese di S. Stefano, S. Nazaro e Celso, di S. Zeno Maggiore ... » (G. DALLA CORTE, Dell'Istorie ... , pagg. 158-159).

20)  L. SIMEONI, Verona-Guida ... pago VII.

21)  Come è confermato dal Cod. Veronese LII, ff. 226 r. - 227 v.  della Biblioteca Capitolare di Verona.
V. BERTOLlNI, Alcune note su S. Giacomo del Grigliano, Estratto da: Atti e Memorie dell'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, Verona 1968, pag. 19.
V. BERTOLlNI, Uggeri il Danese a Verona, in: Atti e Memorie dell'Ace. di Agric. Scienze e Lettere di Verona, Verona 1966-67, pagg. 407-418.

22)  C. CIPOLLA, Le reliquie di S. Giacomo Maggiore Apostolo scoperte sul Monte Grigliano presso Verona, Verona 1884, Carte Cipolla, Busta 43, fg. 24, Biblioteca Civica di Verona.

23)  «Finita una grande inondazione del fiume Adige... si senti poco di poi un grande, e spaventoso terremoto, il quale per alquanti giorni durò, e fu comune a molti altri luoghi d'Italia. Per questo molte case, che dall'acqua erano state smosse, ruinarono. Caddero anco in molti luoghi le mura della città; e molti quadri dell'Arena con infinite torri, e campanili, e pochi furono i camini che in piedi restassero ... » (G. DALLA CORTE, Dell'Istorie ... , pag. 182).

24)  Gli artefici di questo Santuario rimangono sconosciuti, si può sostenere che sia stato realizzato da un gruppo di pellegrini veronesi ritornati dalla Terra Santa o che sia stato opera di alcuni crociati, oppure della popolazione ivi residente.  A sostegno di quest'ultima ipotesi si può aggiungere che i pellegrini e i crociati che si recavano in Palestina, ritornando in patria portavano con sé molto spesso delle reliquie di Santi, quale ricordo e testimonianza del loro viaggio e spesso, in ringraziamento del viaggio attuato, facevano erigere anche delle cappelle o delle chiese in onore di Apostoli e Santi vissuti all'epoca e nei luoghi di Cristo. 

25)  G.SANDRI, S. Giacomo del Grezzano ... , pagg. 79-80.  Il testo originale della donazione, già nell' Archivio Serenelli, è ora perduto.

26)  « Ius patronatus dicte ecclesie seu oratorii et ipsius ecclesie patronatus sive ius eligendi presbiterum et facere dotem in dicta eclesia seu oratorio pro ut et sicut prefatus d. Ardimentus et sui maiores et predecessores visi et usi sunt ternporibus retroactis tam racione patronatus proprietatis et possessionis diete pecie terre et ecdesie, quam pecia terre et dicta ecclesia seu oratorio et iure patronatus dictus d. Ardimentus et sui predecessores continuata possessione tenere et possidere per longa et longissima tempora retroacta et per tantum tempus cuis contrarii memoria non existat » (G. SANDRI, S. Giacomo del Grezzano ... , pag. 80).
Poi nello stesso documento il giudice affida al notaio anche il diritto di eleggervi un sacerdote e dotare la chiesa e l'oratorio ivi esistente.


21)  G. TRECCA, Appunti dattiloscritti su S. Giacomo del Grigliano, Verona 1958, pag.5,  Archivio C.B.F.   S. Zeno in Monte.

28) Il Sandri asserisce che un certo Guidottus de Ardimento sarebbe venuto nella nostra città fin dal 1294 e che il colle del Grigliano sarebbe appartenuto agli Ardimenti per circa un secolo (G. SANDRI, S. Giacomo del Grezzano ... , pag. 80).

29)  Su tale ara si legge l'iscrizione: «CAPSA  CVM  OSSIBVS  S.  JACOBI APOSTOLI  QVAE  SVB  VETERIS  TEMPLI  EST  DEFOSSA  AN  M CCC XC V   OSSA IN ARA MAXIMA  COLLOCATA ».

30) R. BAGATA, Antiqua Monumenta S. Episcoporurn Veronensium et aliorum Sanctorurn quorum corpore habentur Veronae, Verona 1576, pag. 24.

31) L. MOSCARDO, Historia di Verona, Verona 1668, pag. 252.

32)  C. CIPOLLA, Le reliquie di S. Giacomo ... , ff. 10·11·19.
Che la chiesa «fosse diroccata a fondamenta» pare poco probabile, secondo il Trecca, e a sostegno della sua affermazione riporta il Codice 352 della Biblioteca Capitolare di Verona, dove si dice che decise «el pruovolo (popolo) de Verona con conscio fato per boni citadini, per amplificar la dita chiesia» dopo la scoperta delle ossa e aggiunge: «è vero che la Bolla di Bonifacio IX dice "prout fundamenta demostrant" ma non è detto a quale altezza giungessero le fondamenta asserite nella petizione del Consiglio Comunale di Verona» (G. TRECCA, Appunti..., pagg. 5-6).


Fonte: da srs di Marcello Campara,  LA CHIESA DI S. GIACOMO DEL GRIGLIANO, Regnum Dei Editrice,   Verona;   dicembre 1978


Nessun commento: