mercoledì 1 febbraio 2012

QUATTRO COSE INUTILI SULLE TASSE

Monumento all'esattore delle tasse situato in Tampere

I) IL PROBLEMA NON È TANTO CHE UN MINISTRO DICE CHE LE TASSE SONO BELLISSIME, IL PROBLEMA È CHE SONO IN MOLTI -TROPPI- A CREDERCI.

La fandonia delle imposte come strumento estremamente civile, attraverso il quale una comunità partecipa a delle funzioni essenziali come sicurezza e sanità viene inculcata nelle vergini menti fanciullesche a partire dalle lezioni di educazione civica in terza elementare, prosegue lungo tutta la scuola dell'obbligo e giunge nelle facoltà universitarie tant'è vero che è estremamente raro trovare un laureato in giurisprudenza o in economia il cui pensiero differisca dal mainstream politicamente corretto, statalista e keynesiano.
È un problema che condividiamo con tutta l'Europa che ha visto vittoriosi i paradigmi illiberali di stampo marxista e hegeliano, come dimostra questo monumento all'esattore delle tasse situato in Tampere (nella foto).
Ci sono migliaia di argomenti per sostenere che le tasse fanno schifo. Stavolta, per cambiare, mi limiterò ad elencarne due di carattere etico, perché se è vero che anche gli argomenti utilitaristici hanno una loro importanza è anche vero che preferisco lasciarli alle femminuccie con la calcolatrice

II) IL PRIMO È ETIMOLOGICAMENTE INTRINSECO ALLA PAROLA "IMPOSTE", CIOÈ LA NATURA COERCITIVA DELLE STESSE.

Mettiamola così: se ogni giorno devo comprare cose necessarie per vivere, come cibo e come abiti perché allo stesso modo non dovrei comprarmi (in parte già lo si fa, in barba alle tasse) i servizi sanitari e di istruzione? La risposta più ovvia è che, essendo servizi basilari e costosi, l'accesso a questi deve essere garantito a tutti. Questa argomentazione scricchiola un po' dato che adesso pure la classe operaia va nei paradisi tropicali per le ferie.
A ben vedere gli unici "nuovi proletari" che hanno considerevolmente bisogno di assistenza statale sono alcuni neoimmigrati (molti dei quali "importati" ad arte), a cui certe parti politiche fanno la corte (e a cui minacciano di estendere il diritto di voto, al solo scopo di salvaguardare "il problema sociale"). La solidarietà è un'altra parola che viene spesso stuprata per sostenere la "bellezza" dell'imposizione fiscale.
Io sono convinto che questo  sentimento, o sgorghi naturalmente dall'essere umano o non si può chiamare con questo nome. La solidarietà infatti esiste sia per la natura civile e comunitaria dell'essere umano, sia per ragioni di convenienza, è infatti opportuno creare un sistema di mutua assistenza nella comunità dove si vive in quanto non ci è dato a sapere se e quando ci troveremo nei guai.

III) LA COERCIVITÀ DELLE TASSE VA PRESA SUL SERIO. ESEMPIO NE SONO I CONIUGI BROWN.

Due distinti signori estremamente ricchi (e la cosa mi piace, dato che è fin troppo facile stare dalla parta dei pòareti). Ed Elain Brown avevano pianificato sul serio la loro protesta fiscale. Si tratta proprio di protesta, perché non c'è dubbio, sarebbe stato per loro molto più conveniente pagare le tasse, o persino anche l'arretrato con mora. Invece no, un giorno si sono detti: "smettiamola qua, e da oggi non diamo più un soldo al governo". La loro è stata una letterale secessione dal governo federale americano.
Essendo assicurati, non avendo figli da mandare all'università ed abitando in una specie di castello con fossato, i Brown erano completamente indipendenti dai servizi del governo. Ragion per cui, ogni soldo versato al Fisco americano era da considerarsi un furto, nel vero senso della parola. Quindi la loro "evasione" è da considerarsi assolutamente etica anche se non meritoria come quella di Thoreau.
Per l'autore de "La disobbedienza civile", infatti, la goccia che fece traboccare il vaso fu il fatto che le sua tasse sarebbero andate a finanziare la guerra ispano americana e a sostenere la schiavitù. I Brown, invece volevano semplicemente tenersi i loro soldi, ma l'assunto di fondo e il metodo non cambiano.

IV) UN'ALTRA RAGIONE PER CUI LE TASSE FANNO SCHIFO È CHE ESSE CONDUCONO AD UNA VERA PROPRIA ALIENAZIONE DEL LAVORATORE DAL FRUTTO DEL LORO LAVORO.

Ogni acquisto è il frutto di una transazione volontaria, l'acquirente solitamente cede il suo denaro in cambio di un bene che preferisce ad esso. Ogni centesimo che va in tasse, invece, è come se finisse in un buco nero, dal quale non farà mai più ritorno. Questo ragionamento è valido per grandi comunità artificiali, come gli stati moderni e in particolare per l'Italia. Molti pagano tasse esagerate, ma nessuno è in grado di vederne derivare benefici proporzionati, in parte perché se ne vanno in corruzione e clientele, in parte per un eccessiva dispersione territoriale.
Capita così che anni fa una regione italiana decise di proporre un bozza costituzionale in cui avanzava qualche timida pretesa di trattenere un po' più di liquidità all'interno del proprio territorio.
Un ministro allora al governo gridò allo scandalo dicendo che se fosse stata accettata dalle oscenità la sua, di regione, non avrebbe più potuto costruire scuole e ospedali. Il che è come dire che la Slovenia dovrebbe pagare le strutture pubbliche all'Albania, ma lasciamo stare.
Ora il ministro non è più tale, fa il presidente della sua regione.  Che, per inciso, ha il più alto tasso di evasione in Italia ma che, al contrario dei coniugi Brown, dipende dalle altrui tasse.

Fonte: Pubblicato da ORSO VON HOBANTAL in  El boaro/vivi libero o muori, 8 ottobre 2007

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