martedì 6 marzo 2012

SCUOLE DEL SUD, MECCANISMO PERFETTO PER UN POSTO PUBBLICO


Nell’Italia unita, democratica e repubblicana vale una legge non scritta, ma che è talmente in uso che varrebbe la pena scriverla nella Costituzione. Per ogni italiano conviene andare a studiare al sud, in quelle regioni dell’Italia meridionale che, perennemente sotto l’egida di croniche deprivazioni socio-economiche, attraverso i titoli di studio danno la possibilità ai giovani di trovare lavoro, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, pagati con i soldi delle tasse di tutta la penisola, e già si capisce chi paga di più e chi riceve di più. Se il posto non c’è nelle regioni meridionali, niente paura un buco si trova in altre parti.

In questo articolo segnaliamo il caso della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria, un corso di studi quadriennale che permette di diventare insegnanti di scuola elementare, una dimostrazione tangibile di come l’Italia non è un paese unito.

Il corso di laurea è stato istituito in tutta la penisola nell’anno 1998-99, in circa venti atenei universitari sparsi nelle varie regioni. Le differenze sono eclatanti.  
“1”  credito formativo, concetto di legge per quantificare 25 ore di studio di uno studente, viene dato nella maniera più disomogenea possibile. Nelle attività di tirocinio, obbligatorio nei quattro anni, 1 credito equivale a 20 ore di tirocinio nelle università del nord (Veneto), mentre dall’Emilia Romagna in giù ogni credito viene assegnato per circa 8 ore di tirocinio.
La media nazionale è di 400 ore di tirocinio per 48 crediti, ma agli estremi dello stivale si trovano gli estremi delle differenze: in Calabria 296 ore per 37 crediti, nel Veneto 500 ore per 29 crediti. Negli atenei del nord si studia la didattica dell’inglese (come insegnare ai bambini l’inglese), in Campania, in Puglia e in Calabria questo esame non esiste.

Negli atenei del nord si effettuano laboratori per imparare ad insegnare con massimo 30 studenti partecipanti, in Campania, per esempio, i gruppi sono di 45 o 60 studenti per una durata di ore non precisata. Tutti questi numeri sono scritti nei Piani di Studio delle Università, sono documenti pubblici. Nessuna invenzione e nessun pregiudizio nell’esporli.

I precari del nord, docenti che insegnano senza avere l’abilitazione, hanno l’obbligo di fare laboratori di didattica (circa 200 ore in 4 anni), ed hanno una riduzione proporzionale del tirocinio in rapporto alla quantità di ore che svolgono di insegnamento (per esempio un insegnante che insegna per 24 ore alla settimana a scuola come supplente, invece di fare 400 o 500 ore di tirocinio ne farà 50%), nelle regioni meridionali l’esonero o è totale, o si cercano mezze misure per andare incontro al precario. Anche in questo caso queste condizioni di studio, queste regole, si possono leggere nei siti dei vari atenei.

Chi studia al sud può contare su una maggiore disponibilità dei docenti ad arrivare prima ad una abilitazione che permetta di trovare un lavoro nella scuola pubblica, di “uscire dalla situazione di disoccupazione tipica di talune regioni italiane”.

Un ultimo dato numerico per ribadire il concetto con i numeri e non con delle opinioni: piani di studio alla mano nel Veneto si studia per 4375 ore teoriche, in Puglia e in Campania per 3675. In tutti i casi si diventa insegnanti elementari, ma dalla Puglia e dalla Campania è pensabile (o forse un diritto?) andare nel Veneto ad insegnare, dal Veneto andare in Campania o in Puglia è altrettanto pensabile, visto che là il mercato è extrasaturo? A Roma lo sanno da sempre di questa situazione, e la Lega Nord che a Roma c’è da quel “sempre” appena citato, perché non ha fatto e non fa niente?


Fonte: srs di  ALESSANDRO SCOLARI da L’indiendenza del 29 febbraio 2012

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