mercoledì 4 aprile 2012

UN’INTERVISTA CON JOSEF GINSBURG

Ginsburg, a destra nella foto, insieme a Zundel a Toronto, all’epoca del Grande Processo dell’Olocausto, 1988

Di Eric Thomson, 1988

Ho trovato qualche tempo fa quest’importante intervista a Josef Ginsburg del canadese Eric Thomson. L’ho tradotta stante la sua innegabile importanza, nonostante la stucchevole ostilità al cristianesimo del detto Thomson.

UN’INTERVISTA CON JOSEF GINSBURG (1)

Josef Ginsburg, che scriveva con lo pseudonimo di “J. G. Burg”, venne a Toronto per aiutare[2] la difesa di Ernst Zündel nel Grande Processo dell’Olocausto del 1988[3], allorquando potei parlare con questo notevole ebreo antisionista e prendere ampi appunti dopo ogni colloquio.

Il signor “Burg”, come preferiva essere chiamato, è autore di diversi opuscoli su argomenti così prediletti dai sionisti quali il cosiddetto Olocausto, la fondazione dello stato canaglia di Israele, il cosiddetto “diario” di Anna Frank, la “colpa” dei tedeschi ecc.. Purtroppo, a quanto ne so, nessuno dei suoi lavori è disponibile in inglese, e la maggior parte di essi sembra esaurita[4].
Sono sicuro che di questo i sionisti sono felici, perché dalle mie letture dei suoi scritti ho avuto tutte le risposte a qualunque interrogativo avrei potuto avere sul perché il “Bundeszog”, altrimenti detto Zionist Occupation Government della Germania[5], e i suoi padroni sionisti hanno cercato di circondare “J. G. Burg” con un muro di silenzio. I criminali sionisti lo hanno persino aggredito in  un cimitero dove era giunto in visita alla tomba di un’amica morta in un incendio che, secondo Burg, era stato provocato [proprio] dai sionisti. Josef Ginsburg, che, ora che è morto, non ha più bisogno della logora coperta del suo pseudonimo, probabilmente ha combattuto una buona battaglia. Era un uomo basso, tosto, duro, sveglio e profondamente intelligente, con uno sguardo penetrante e fattezze da falco. I suoi occhi acuti e il suo atteggiamento quasi altezzoso sembravano sfidare tutti quelli che incontrava, come se dicesse: “Tu! In che modo servi al mio scopo o lo contrasti?”. Da ebreo, spesso si impelagava in ragionamenti contorti come quelli illustrati dalle storie di Franz Kafka. Quando la sua guardia era alta, com’era di solito, rispondeva a una domanda solo con un’altra domanda: “Il suo nome è Josef Ginsburg?”. “Perché mi fa questa domanda?”.
Di certo, avrei ricevuto solo domande in risposta alle mie, se gli avessi detto che trattavo le nostre conversazioni come un’intervista e che prendevo segretamente appunti sulle sue affermazioni. Per chiunque lo intervistasse, quando se ne rendeva conto, tutto diventava una lotta. Ogniqualvolta c’erano testimoni, videocamere, microfoni e/o registratori in vista, diventava guardingo ed evasivo. Insisteva che nessuno gli scattasse delle foto e concesse addirittura un’intervista videoregistrata in cui sulla videocamera appariva solo il volto dell’intervistatore! Dopo questa apparizione “ombrosa”, chiese e ottenne dall’intervistatore la promessa che l’intervista non sarebbe stata diffusa o mostrata a nessuno prima della sua morte. Sebbene non gli avessi detto che prendevo appunti, ho rispettato i voleri di Ginsburg anche a questo riguardo.
Josef Ginsburg era esasperante, perché era un testimone oculare di eventi storici, in particolare della collaborazione tra sionisti e nazionalsocialisti, che i sionisti si erano sempre, in modo così potente, industriati di nascondere. Tuttavia, egli non rivelò pubblicamente come aveva appreso la verità sull’Olo-mistificazione  e sulla menzogna delle camere a gas. Egli era sfuggente persino sulla sua stessa identità e sui rapporti politici che gli avevano permesso di far parte dei primi ispettori sovietici che ispezionarono tutti i cosiddetti campi della morte in Polonia. In privato, non cercava di nascondere i suoi rapporti e le sue simpatie comuniste.  Sì, aveva fatto tappa nei campi di concentramento di Auschwitz, Birkenau, Majdanek, Treblinka, Sobibor, e di tutti gli altri campi della Polonia, come membro della squadra ispettiva dei funzionari sovietici e non aveva trovato nessuna prova di nessun tentativo da parte dei tedeschi di sterminare nessuno, certamente non mediante camere a gas omicide! Ma rifiutando di ammettere tutto ciò nelle interviste pubbliche, le sue affermazioni, che demolivano la leggenda dell’Olocausto, vennero in gran parte liquidate dai giornalisti come “opinioni prive di autorità”, che non venivano riportate. Tutto ciò diede a queste prostitute della penna una facile “via di fuga”, poiché erano già pagati per credere nell’Olo-mistificazione. Se Ginsburg fosse stato più aperto nei loro confronti, avrebbe potuto almeno sollevare qualche dubbio nelle loro menti, a parte la spazzatura che i loro direttori ritenevano “adatta per la stampa”.
Gli dissi che a loro doveva dire di essere comunista e membro della squadra di ispezione sovietica (“I nostri valorosi alleati sovietici”), perché nel Canuckistan[6] sovietico, e cioè in Canada, tutto ciò equivarrebbe alla santità. La parola di un ebreo comunista “deve essere semplicemente vera” e le sole confutazioni possibili per gli Olo-storici sionisti sarebbero quelle di (a) provare che lui non era comunista o (b) che non era ebreo. Ma Josef Ginsburg non avrebbe detto tutto, come constatai, per esporre i fatti storici quali erano. Per me, è ancora oggi un mistero perché egli volesse “trattenere i colpi” o “mettere la candela sotto il moggio”, come dice il libro dell’ebreo[7]. Forse temeva per la propria vita, per quanto lui e la sua opera non fossero certo un segreto per i sionisti e per i loro burattini del Governo Tedesco di Occupazione, visto che viveva in Germania e poteva essere contattato lì tramite una piccola casa editrice. Forse pensava che non potevano localizzarlo se nascondeva il suo vero nome e il suo passato. Si comportava come se temesse di compromettere la sua “sicurezza”, a prescindere da quanto tutto ciò potesse apparire illusorio a me e ad altri.

Il motivo per cui Josef Ginsburg attaccava il sionismo era in realtà molto ebraico: temeva che gli ebrei mettessero in pericolo la propria sopravvivenza investendo tutte le proprie risorse nel progetto sionista.
Egli vedeva nel comunismo, come i suoi correligionari ebrei avevano visto nel cristianesimo e nel capitalismo, un manto protettivo di universalismo in cui il corpo del tribalismo ebraico avrebbe prosperato, proprio come certe larve prosperano sotto la pelle protettiva di un ospite vivente: poiché essi si nutrono del sangue dell’ospite, pensai, perché l’analogia era ovvia. Ginsburg vedeva lo sforzo sionista di particolareggiare gli interessi ebraici, in quanto opposti a quelli dei gentili, come estremamente pericoloso.

Ero certamente d’accordo con lui su questo punto e gli chiesi perché i Rothschild, i sionisti internazionali per eccellenza, avevano finanziato gli sforzi territoriali sionisti di Theodor Herzl che, in caso di riuscita, sarebbero serviti a identificare, separare e isolare la popolazione ebraica dal resto del mondo.

“I Rothschild dovevano farlo”, disse Ginsburg, “perché così è stabilito nel loro patto familiare”.

Gli chiesi cosa voleva dire con questo, mentre pensavo a “Il cerimoniale dei Musgrave” di Arthur Conan Doyle[8].
“Ogni erede del patrimonio dei Rothschild deve leggere il patto e accettare di osservare le sue disposizioni, nel miglior modo possibile, per tutta la vita”, disse. “Non c’è argomento che tenga, contro le condizioni del patto, che prescindono da qualunque percezione di pericolo o di indesiderabilità da parte dell’erede. Il patto di famiglia ha valore di legge”.

“Ma”, dissi, “lo stato di Israele è molto pericoloso per gli interessi dell’ebraismo mondiale”.
“Sono d’accordo con lei”, disse Ginsburg. “Anche i Rothschild potrebbero essere d’accordo, ma essi devono osservare gli ordini che sono in vigore da molti secoli. Non hanno scelta”.
Sebbene gli ebrei non siano solo sopravvissuti, ma siano cresciuti e prosperati, fino ad arrivare a vincere per mezzo di “fedi universali” tanto false come il cristianesimo e il capitalismo, Ginsburg era convinto che “il comunismo era la sola strada da percorrere”.

Gli parlai del gruppo di Jabotinski, da cui provenivano i fondatori di Israele, come di una banda di comunisti-sionisti.
“Questa è una contraddizione in termini”, disse, “perché il vero comunismo è internazionalista e inclusivo di tutto. Non può essere nazionalista e perciò esclusivista. Ecco perché io definisco i sionisti territoriali che fondarono lo stato di Israele “nazi-sionisti”, ed ecco perché persone come Ben Gurion, Levi Skolnick, alias Eshkol, e Golda Meyersohn, alias Meir, se la passavano così bene con i nazisti tedeschi, specialmente dopo il loro piccolo show della Kristallnacht, che costoro [i sionisti] ritenevano necessario per far fuggire i loro correligionari ebrei dalla Germania, con la speranza di sistemarli in Palestina.

“Lei solleva in modo ricorrente questo concetto della collaborazione tra nazisti tedeschi e nazi-sionisti”, dissi. “Questo concetto mi è piuttosto nuovo”.
“È normale che sia così”, disse, “perché questo è esattamente il modo in cui i nazi-sionisti che controllano i media vogliono che la loro collaborazione resti: segreta. Eichmann era uno dei loro anelli deboli. Ecco perché essi dovettero rapirlo dall’Argentina e ucciderlo in Israele. Lo chiusero in una gabbia di vetro in tribunale, apparentemente per la sua protezione, ma in realtà per impedirgli di ascoltare le vere domande e di dare le vere risposte. Eichmann era uno sciocco. Non era nemmeno consapevole, non avendo fatto niente di male, di conoscere un segreto pericoloso. Avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa e nascondersi, quando seppe dell’uccisione in Israele, da parte dei nazi-sionisti, di Joel Brandt, la sua controparte ebraica”.

“Così, l’innocenza può essere mortale”, dissi.
“Sì”, concordò, “i colpevoli conoscono il motivo per cui devono nascondere le proprie tracce, e sanno come farlo”.

“E allora, quale fu il ruolo di Eichmann nella collaborazione fra nazisti e nazi-sionisti?”, domandai.
“Egli operò con Joel Brandt e altri per far uscire di nascosto gli ebrei dall’Europa in Palestina, contro la volontà degli inglesi che governavano quel territorio in base a un mandato”.

“Eichmann aveva saputo dell’Haavara Agreement, o Accordo di Trasferimento[9], che permetteva agli ebrei che emigravano dalla Germania di portare con sé le proprie ricchezze sotto forma di merci prodotte in Germania?” domandai.
“Un’altra ragione per il suo omicidio giudiziario”,  disse Ginsburg.

“Lei ha detto prima che i sionisti e i nazisti collaborarono alla stesura delle cosiddette leggi razziali di Norimberga”, dissi.
“Sì”, disse, “uno dei collaboratori sionisti fu il rabbino Leo Baeck, che ora vive a Londra, in Inghilterra”.

“Cosa fece Leo Baeck?”, gli chiesi.
“Aiutò i nazisti a definire chi era un ebreo e chi era un tedesco e suggerì l’adozione della stella gialla a sei punte come simbolo della nazione ebraica”.

“Lei intende dire che questo simbolo in precedenza non era usato per rappresentare il giudaismo?”, domandai?
“Oh, era un simbolo ebraico, allo stesso modo in cui era un simbolo babilonese. La stella a sei punte venne usata da molti popoli differenti. La legione tedesca Condor[10] la usava come insegna di grado in Spagna durante la guerra fascista dal 1936 al 1939. La vostra polizia americana usa spesso la stella a sei punte. Ma ancora negli anni ’30, per simboleggiare la nazionalità ebraica veniva usato il “Leone di Giuda”[11].
Lei può ricordare l’articolo di giornale inglese che apparve nel marzo del 1933, intitolato Judea Declares War on Germany [La giudea dichiara guerra alla Germania].

“Sì”, dissi.
“Ebbene, l’articolo recava sulla prima pagina una striscia, simile a un fregio, di leoni e svastiche che simboleggiavano i ‘Tedeschi contro gli ebrei’. Niente stelle a sei punte!”, esclamò.

“Ricordo l’articolo”, dissi. “Samuel Untermeyer, del World Jewish Congress[12] , proclamò il boicottaggio di tutte le merci tedesche. Questo significava che c’era un conflitto tra i sionisti territoriali e i sionisti internazionali?”.
“No”, disse. “I sionisti volevano solo essere sicuri che il commercio estero tedesco rimanesse sotto il loro controllo, come avevano fatto con la Germania nella prima guerra mondiale. Furono loro a operare il blocco e furono loro a romperlo. A nessun altro era permesso di fare tutto ciò: era davvero il monopolio sionista del commercio tedesco”.

“Quale fu, secondo lei, la ragione della ‘dichiarazione di guerra’ alla Germania nel 1933 da parte dei sionisti, solo un mese dopo l’elezione di Hitler a Cancelliere?”, chiesi.
“I sionisti (e tutti gli altri ebrei, pensai) non fanno mai nulla solo per una ragione”, disse. “La loro dichiarazione di guerra venne fatta con uno scopo almeno duplice. Una delle ragioni era il loro odio per il programma economico di Hitler e per la sua intenzione di nazionalizzare la Banca di Germania, che era posseduta dai Rothschild, come sono oggi tutte le cosiddette banche nazionali”.

“Così lei è d’accordo che i Rothschild e i ‘bankster’ loro burattini controllano la creazione della moneta del mondo intero”, dissi.
“Sì”, sorrise amaramente. “Il loro denaro ‘tekla mekla’[13] viene creato dal nulla ed essi lo caricano di interessi!”.

“Quale fu un’altra ragione per la dichiarazione di guerra alla Germania da parte dei sionisti?”, chiesi.
“Per nascondere la loro collaborazione con i nazisti”, disse.

“Quali furono alcuni punti fondamentali della collaborazione tra i nazisti e i nazi-sionisti?”, chiesi.
“Primo, fu la creazione di uno stato sionista nei territori controllati dai tedeschi. Secondo, fu l’assistenza del governo tedesco per gli ebrei che lasciavano la Germania, preferibilmente per entrare in Palestina illegalmente. Terzo, fu l’assistenza dei sionisti per fornire la Germania di valute e merci estere, anche durante la seconda guerra mondiale”, disse.

“Ma perché i sionisti sostennero la Germania, quando volevano che fossero gli Alleati a vincere?”, chiesi.
“I sionisti non aiutarono la Germania in modo tale da vincere la guerra, ma solo per realizzare un profitto e per mantenere la loro influenza sui tedeschi”, disse. “Il nazi-sionista Ben Gurion si vantava di combattere sia Londra che Berlino”.

“Lei ha detto che i tedeschi aiutarono i sionisti a costruire uno stato all’interno dei territori controllati dalla Germania”, dissi.
“Sì”, disse Ginsburg. “Ai sionisti venne concessa tale giurisdizione in campi di transito e di istruzione come Theresienstadt, ed essi costituirono anche zone autonome in certe parti della Russia e della Polonia occupate, ed ebbero anche autorità sui ghetti di città polacche come Varsavia, Lublino e Cracovia”.

“È vero”, chiesi, “che i tedeschi insegnavano agli ebrei mestieri quali la carpenteria, la muratura, l’uso delle macchine utensili, il mestiere dell’idraulico, la coltivazione del suolo, la zootecnia, la meccanica delle automobili, ecc.?”.
“Sì”, disse, “lo fecero. I tedeschi aiutarono i sionisti anche ad avere il loro denaro, le loro banche, i loro francobolli, i loro uffici postali, tutte cose che vennero riconosciute dalle autorità tedesche”.

“Tutto ciò è molto differente dalla versione hollywoodiana dei rapporti germano-ebraici che i sionisti ci vogliono far credere”, dissi. “Secondo la sua esperienza, le sofferenze degli ebrei durante la seconda guerra mondiale furono tali da poterle definire un ‘olocausto’?”, chiesi.
“Oh, vi furono sofferenze degli ebrei”, disse, “ma nulla di paragonabile alle sofferenze dei tedeschi!”.

“Le sofferenze degli ebrei furono dovute alla politica dei tedeschi?”, chiesi.
“Indirettamente”, disse. “Gli ebrei soffrirono soprattutto sotto i sionisti, in particolare nei ghetti e nelle zone autonome. Un ebreo poteva essere contento di stare in un campo come Auschwitz, perché almeno sarebbe stato nutrito fino a che le scorte sarebbero durate e avrebbe ricevuto cure mediche”.

“Cosa accadde nei distretti governati dai sionisti che provocò le sofferenze degli ebrei?”, chiesi.
“Fu una catastrofe!”, disse. “L’amministrazione dei sionisti era così criminale e corrotta che le scorte essenziali, come il cibo, i vestiti e le medicine caddero nelle mani dei contrabbandieri e degli speculatori. Vi furono scene spaventose di bambini ebrei che supplicavano e che morivano di fame fuori dei ristoranti ebraici, mentre i grassi avventori ebrei li osservavano con indifferenza e i poliziotti ebrei passeggiavano indifferenti!”.

“Cosa possiamo dire delle zone autonome, c’erano lì delle terre libere?”, chiesi.
“Lì andò anche peggio!”, dichiarò. “Certo, c’erano terre agricole e boschive, utensili, attrezzi, alloggi, pozzi e corsi d’acqua, ma gli ebrei ricchi che in precedenza si erano avvalsi di lavoratori e servitori gentili, non riuscirono a cavarsela. Anche lì, dei criminali ebrei rubarono le scorte di cibo fornite dai tedeschi, così anche gli ebrei ricchi soffrirono e morirono sotto il malgoverno dei sionisti”.

“Per quanto riguarda i fenomeni dell’accaparramento, delle speculazioni e del mercato nero, lei aveva menzionato Simon Wiesenthal”, dissi.
“Sì”, disse. “La Gestapo aveva un ufficio chiamato die Stachel (la punta, del filo spinato), formato da agenti ebrei che spiavano i loro correligionari implicati negli accaparramenti e nel mercato nero. L’agente riceveva un premio sotto forma di percentuale del valore di ogni contrabbando scoperto. Wiesenthal era uno di questi agenti”.

Il giudizio di Josef Ginsburg su come far dire la verità a un ebreo:
I gentili esperti in giudaismo conoscono il “giuramento degli ebrei”, e cioè la preghiera Kol Nidre, che tutti gli ebrei devoti dicono ogni anno per sciogliersi dall’obbligo di dire la verità nell’anno a venire. Ma, secondo Josef Ginsburg, che fu egli stesso figlio di un rabbino ortodosso, c’è un modo per far dire la verità a un ebreo religioso.
“Primo, tutti i simboli cristiani devono essere portati fuori dalla stanza. Poi, è necessaria la presenza di una bibbia ebraica e di un rabbino. L’ebreo deve indossare una kippà e fare un giuramento rabbinico che annulli il giuramento anti-giuramenti del Kol Nidre”.  Josef Ginsburg sosteneva che, se venisse seguita questa procedura, “il 99.5% di tutte le macabre storie olocaustiche si ridurrebbero a silenzio veritiero!”.  Gli ebrei non sono vincolati in altro modo a dire la verità, perché i loro giuramenti in tribunale (come pure i loro vincoli di fedeltà istituzionale) quali che siano, sono ritenuti da loro di nessun valore!


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.whale.to/b/josef_ginsburg.html
[2] Come testimone.
[4] I testi di Josef Ginsburg sono disponibili, in tedesco, al seguente indirizzo: http://www.vho.org/aaargh/deut/BURG/burg.html
[5] ZOG, Governo di occupazione sionista
[6] Da Canuck, termine americano, spesso spregiativo, che sta per “canadese”.
[7] Per “libro dell’ebreo”, Thomson intende evidentemente il Vangelo…(vedi, ad es., Marco 4, 21-25: http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax?mostra_id=11709 ).
[8] Uno degli undici racconti che compongono “Le memorie di Sherlock Holmes”: http://it.wikipedia.org/wiki/Le_memorie_di_Sherlock_Holmes

[11] Sull’argomento, si veda l’articolo, pubblicato a suo tempo su questo blog, di Israel Shahak, intitolato DA DOVE VIENE LA STELLA DI DAVIDE – Rivelazioni sorprendenti sull’origine del simbolo di Israele:  http://andreacarancini.blogspot.com/2008/11/lo-sapevate.html
[12] Congresso Mondiale Ebraico.
[13] Espressione figurata che allude a formule magiche come “abracadabra” o “hocus pocus”, per intendere la natura speciosa e artificiosa di certe operazioni finanziarie.


Fonte: da stampalibera del 28 gennaio 1012
Fonte: da Andrea Caracini  del 3 gennaio 2012

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