giovedì 10 maggio 2012

400 IMPRENDITORI IN FUGA: DAL VENETO ALLA CARINZIA


Carinzia:  L’accoglienza agli imprenditori veneti

Hanno cominciato ad arrivare verso le 17.00.
Col Mercedes, con l’utilitaria, accompagnati dalla moglie o dal papà, come il primo giorno di scuola. Veneti, ma anche friulani e lombardi. Incravattati o con le mani gonfie, provate da anni di lavoro artigiano. Prima che imprenditori, testimoni di un disagio, perseguitati da un morbo che si chiama Italia. Ebbene, dovevano essere un centinaio, si sono presentati in quattrocento. Troppi, persino per gli organizzatori. Tant’è che qualcuno è rimasto fuori.

Ad accoglierli, ieri pomeriggio, nel trevigiano, il vice governatore carinziano Uwe Scheuch e uno stuolo di consulenti del Ministero dell’Economia, avvocati e commercialisti venuti da oltreconfine per spiegare che, a pochi passa da casa, c’è un piccolo paradiso dove si può ancora fare impresa: la Carinzia. Un paradiso accessibile a tutti gli uomini di buona volontà che abbiano risolto il rapporto con uno stato ostile, per intraprendenza e coraggio sono vizi e non virtù.

Ampliare il proprio business, investire, intercettare nuovi mercati a condizioni vantaggiose (zero burocrazia, fisco equo, sindacati amici, manodopera specializzata – ne abbiamo parlato qui): durante la conferenza di presentazione di ABA-invest, il punto di riferimento per la aziende straniere in Carinzia, la parola “delocalizzazione” è tabù. Lo stato italiano non vuole e non può perdere quegli imprenditori che, come dice uno di loro, sono “le uniche vacche da mungere rimaste in circolazione. E quindi bisogna dosare i termini, agire quasi di nascosto, per non rompere equilibri in parte già compromessi.

Non è un caso se l’Euroregione tratteggiata con l’accordo del 2009 da Renzo Tondo, Giancarlo Galan e Gerhard Dofler, è rimasta sulla carta. “Il Governo centrale austriaco ha già dato il via libera da mesi, ma a Roma Monti sta facendo delle resistenze – fa notare Scheuch – Il fatto è che l’Austria è uno stato federale, che riconosce l’autonomia delle sue regioni, l’Italia no. Speriamo che la situazione si risolva, per non perdere quest’occasione, che è importante per la Carinzia, ma anche per il Veneto e il Friuli Venezia Giulia”. Monti non è amato, in platea qualcuno scalpita, finché uno dei 400 chiede la parola: “Gentile vicegovernatore, lasciamo perdere l’Euroregione. Non facciamo prima a chiedere l’annessione all’Austria?” E giù applausi, poco prima del rompete le righe, dell’inizio della pesca, quella vera.

Vino veneto e birra austriaca: il buffet offerto dagli sponsor è un buon mix delle migliori specialità regionali. Un’orchestrina suona, consulenti e avvocati avvicinano gli imprenditori, uno ad uno. Tre ragazzi parlottano: hanno fra i 30 e i 35 anni. Tutti laureati, uno è anche professore universitario. Il sogno è lanciare un nuovo social network: “Non abbiamo soldi”. Lo faranno in Carinzia: “Il primo anno, se non fai utile, non paghi le tasse. Se fai utile, c’è un’aliquota unica del 25%. Niente Irap. E lo stato – non le banche –  finanzia nuovi progetti innovativi fino al 65% dell’investimento iniziale” concludono.

Un falegname, a colloquio con una signora bionda venuta da Klagenfurt, si lamenta: “Mi sono rotto i coglioni. Se non avessi 70 anni prenderei armi e bagagli e me ne verrei di là. Cosa vuole, non posso farlo ora, sono troppo vecchio per imparare il tedesco”. “El probelma no xe la lingua” si intromette un trevigiano. 40 anni, da quando ne aveva 18 lavora in Carinzia: “Mi prima faxeo l’operaio, desso so imprenditore. El tedesco gnacora lo parlo tanto ben”. L’organizzazione se lo porta dietro per far vedere che il successo, in Carinzia, è qua a  portata di tutti. “Ghe xe persone che te pol iutar par quelo” spiega “L’unica roba, mi me so smentegà de parlar italiano.  Ma chissenefrega!”

Fonte:  srs di Carlo Melina, da L’Indipendenza del  10 maggio 2012-05-10


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