sabato 1 settembre 2012

SIGNORAGGIO: SE LEGGI E CAPISCI NON PUOI NON CONDIVIDERE.



Il Problema.

"IO ERO IN BANCAROTTA, IL GOVERNO ERA IN BANCAROTTA, IL MONDO ERA IN BANCAROTTA. MA CHI CAVOLO LI AVEVA, I FOTTUTI SOLDI?"
Si chiedeva H. C. Bukowski giusto qualche anno fa.

Oggi possiamo dare una risposta al quesito del poeta americano, una risposta comprensibile anche ai “non addetti ai lavori” perché, come diceva J. K. Galbraith, lo studio del sistema monetario è alla portata di qualsiasi persona curiosa e mediamente intelligente. Secondo l’economista canadese infatti, la scienza economica si servirebbe dell’apparente complessità della materia per allontanare le persone dalla verità; una verità che potrebbe compromettere l’attuale status quo perché, e questa volta cito H. Ford, 
"se il popolo comprendesse il reale funzionamento del sistema monetario ci sarebbe una rivoluzione entro domani mattina".
L’affermazione di uno dei più grandi imprenditori americani non è per niente esagerata se consideriamo che chi ha capito il sistema è arrivato a denunciare, nel 1993, Ciampi e poi Fazio allora governatori di Bankitalia, per truffa, usura, associazione a delinquere, falso in bilancio e istigazione al suicidio. Stiamo parlando di Giacinto Auriti, docente di giurisprudenza dell’università di Teramo passato a miglior vita nel 2006. Il professor Auriti aveva scoperto qualcosa di incredibile ed aveva cercato di diffondere la notizia con ogni mezzo a sua disposizione. Purtroppo i media di massa sono riusciti a boicottare i suoi studi che oggi si possono trovare solo nella rete del provvidenziale web.

Il giurista italiano aveva capito che i soldi che abbiamo in tasca non sono di nostra proprietà perché le banche centrali, all’atto dell’emissione, ce li prestano. “Prestare” è prerogativa del proprietario per cui le banche centrali sono proprietarie di tutta la moneta circolante. I soldi sono differenti da qualsiasi altra merce dato che hanno un costo di produzione praticamente nullo (se devo stampare un milione di euro stampo mille euro in più e pago i costi degli operai e delle materie prime).

Auriti allora si era chiesto: cos’è che fa incrementare il valore di una banconota da 0 a 100 euro (nel caso di una banconota da 100 euro)? Aveva così scoperto il valore indotto della moneta: gli euro non sono altro che semplici pezzi di carta che le banche stampano senza più alcuna copertura aurea (abolizione dei patti di Bretton Woods, 1971) che acquisiscono valore perché la collettività, per convenzione, decide di dargli valore.

Insomma, è il popolo che dà valore alla moneta ma sono le banche che, emettendo prestando, se ne appropriano illegittimamente caricandola pure di un interesse. Ogni anno i cittadini inconsapevoli sono obbligati a pagare le tasse per saldare gli interessi su un debito che non dovrebbe neppure esistere ed ogni anno migliaia di aziende falliscono mentre le nostre cinghie si stringono e i banchieri internazionali si gonfiano.
Capite ora perché siamo tutti in bancarotta e dove vanno a finire i “fottuti” soldi?

LA SOLUZIONE.

La moneta è l'unità di misura del valore come il metro è l'unità di misura della lunghezza.

Ogni unità di misura possiede in sé la proprietà della qualità che va a misurare; come il metro possiede la qualità della lunghezza, così la moneta possiede valore.
         
Esistono quindi due tipi di ricchezza: la ricchezza reale (oggetti, manufatti, beni di consumo) e la ricchezza monetaria (la quantità di moneta necessaria per misurare la ricchezza reale).
         
Facciamo un esempio: se oggi nel mondo esistono beni reali pari ad un miliardo di euro, nel mondo dovrà anche esistere un miliardo di euro in moneta. (NB: non un miliardo e cento milioni perché altrimenti la moneta si svaluterebbe e neanche novecento milioni altrimenti verrebbero a mancare dei soldi per comprare dei beni che inevitabilmente rimarrebbero invenduti.)
         
Per creare la ricchezza reale occorre lavorare mentre per creare la ricchezza monetaria non occorre nessuna forma di lavoro.
         
Per creare la ricchezza monetaria occorre soltanto che ogni singolo cittadino accetti, per convenzione, di dare valore a dei pezzi di carta colorata.
         
Da queste considerazioni si evince una paradossale ovvietà: mentre la ricchezza reale è proprietà di chi la crea lavorando, la ricchezza monetaria è proprietà di tutti che la creano accettandola.
         
Tornando al nostro esempio, se un miliardo di beni reali è distribuito proporzionalmente tra i lavoratori, un miliardo di euro dev'essere distribuito equamente ad ogni singolo individuo.
         
Attualmente il miliardo di euro viene distribuito ai soli proprietari delle banche centrali i quali lo prestano ai cittadini, indebitandoli di ciò che dovrebbe essere loro.
         
Noi vogliamo che quella ricchezza venga equamente distribuita ad ogni cittadino sotto forma di Reddito Di Cittadinanza senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione!

CONCLUSIONE.

Ogni stato, per costituzione, è sovrano sul suo territorio. Attualmente tutti gli stati hanno ceduto la sovranità monetaria alle Banche Centrali di emissione.
         
Riappropriarci della sovranità monetaria significherebbe azzerare l'illecito debito pubblico e impadronirci del reddito derivante dall'emissione di moneta.
         
Azzerare il debito pubblico significherebbe eliminare la maggior parte delle tasse che oggi paghiamo per sanare gli interessi sul debito.
         
Impadronirci del reddito derivante dall'emissione di moneta significherebbe istituire il Reddito Di Cittadinanza mensile per ogni singolo essere umano. Attenzione, non un reddito che permetta di fare la "bella vita" ma un reddito che permetta di sopravvivere perché ogni paese civile deve e può garantire il diritto alla vita ai propri cittadini (per vivere bisogna bere, mangiare e ripararsi dal freddo e per farlo occorrono soldi). Dal Reddito di Cittadinanza, inoltre, potrebbero essere trattenute le tasse necessarie allo stato per garantire i servizi pubblici, servizi che oggi vengono sempre più trascurati (e privatizzati) data la pressione soffocante del debito.

FONTE: pubblicato da  Daniele Di Luciano, su L’alternativa, del 4 febbraio 2012



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