lunedì 25 febbraio 2013

AUTONOMISTI E INDIPENDENTISTI: SEMBRANO COME I LEMMINGS SUICIDI




Quello che sta succedendo in queste settimane preelettorali al mondo autonomista e indipendentista ricorda molto da vicino le migrazioni e i suicidi di massa dei lemmings.  I commenti che compaiono sul nostro giornale ne sono il drammatico specchio.
Qualsiasi cosa si pensi, si scriva o si tenti viene impallinata da un fuoco concentrico di critiche, insulti e illazioni.  È  raro vedere commenti assennati, pacati e argomentati:  spesso  sono prese di posizione  “a prescindere”,  schieramenti da tifoseria calcistica, stroncature astiose, sfoghi di rancori personali, di disillusioni giustificate che si trasformano in vernice corrosiva. Proposte e controproposte sono rare, tentativi di analisi e progetti di soluzioni rarissimi.

Così una intera cultura, una raccolta di pensiero e di speranze, i sogni di cambiamento e di libertà finiscono per frantumarsi in una rissa del tutti contro tutti. Questo vale per chi si inventa sigle e per i partitini che anche esistono, ma la follia  sembra coinvolgere anche chi ha posizioni importanti, responsabilità e funzioni che hanno riflessi sull’opinione pubblica e sulla vita politica.

L’incontro organizzato l’altro giorno a Milano dal nostro quotidiano (di cui è stata data abbondante informazione) è stato in questo senso paradigmatico: interventi, presenti e assenti, commenti e reazioni sono la sintesi perfetta di questa corsa di lemmings autonomisti e indipendentisti verso l’annegamento di massa.  Io ho ribadito cosa penso nonostante il fuoco di sbarramento di confusione e anche mala fede che circonda l’intera vicenda.
Provo a ripeterlo ancora una volta e giuro che è l’ultima.
Ci sono due scenari elettorali distinti: quello delle elezioni politiche e quello delle regionali lombarde.

Il Carroccio ha commesso ogni possibile errore e nequizia.
Maroni ha sbagliato tutto: non ha fatto pulizia radicale, si è rialleato con gli italiani,  non vuole saperne di identità e ha candidato frotte di impresentabili.  La Lega merita una esemplare lezione elettorale e l’avrà.  Da qualche parte più che altrove: come in Piemonte, dove fa sgiai ed è impossibile anche solo farsi venire la tentazione di votarla.  Cosa possono fare gli indipendentisti?  In Lombardia hanno la possibilità  al Senato di dare un gioioso voto di bandiera all’Unione Padana. In Veneto ci sono ben tre liste autonomiste: un carnevale  veneziano di  serenissimo  autolesionismo.  Ognuno voti la maschera che più gli aggrada.  Più in generale, per chi è molto incazzato c’è  la lista Grillo, chi preferisce una protesta  più costruttiva e intelligente si può rivolgere a Giannino, se no resta la buona vecchia astensione o il velleitario ma liberatorio  piacere di scrivere sulla scheda cosa si pensa dell’Italia. Ci si ricordi in questo caso di portare da casa un bel pennarello marrone.
Vinca chi vuole, non cambierà nulla: sarà la solita Italia corrotta, inefficiente, burocratica e manolesta.



Diverso è il panorama alle regionali lombarde.
Gli esiti possibili sono due. Se vince Ambrosoli si scatena l’inferno mediatico contro ogni istanza di cambiamento: si dirà che la questione settentrionale non esiste, che ai lombardi va bene così, e che solo una sparuta minoranza di lunatici  non è contenta degli assetti istituzionali italiani e della patriottica tosatura cui le nostre genti sono sottoposte.  Di autonomia non si parlerà più per un bel pezzo e la Regione sarà governata dal fratello minore di Pisàpia, dalla  catastrofica convergenza fra comunismo e patriottismo italiano, in questo caso addirittura in salsa monarchico-savoiarda.  Se vince Maroni, lo farà male: si troverà a governare una rissosa congrega di affaristi, Expòsitori, fratelli d’Italia e cugini di La Russa. Con se avrà una bandella di consiglieri leghisti selezionati  sulla base delle capacità salivarie  e sulla coriacea idiosincrasia per ogni approccio alla cultura. I due se la giocano sui decimali e sul migliore utilizzo del voto disgiunto.  Che fare? È evidente che ci si debba affidare al buon senso e scegliere il meno peggio. Se passa Maroni, ci sarà ancora spazio, si potrà pungolarlo, provocarlo, richiamarlo alle sue responsabilità, rivoltargli addosso la sua stessa base. Ci sarà ancora qualche spiraglio di manovra e la (pur remota) speranza di un ruzzolone sulla strada di Damasco che magari faccia il miracolo di trasformarlo in indipendentista. Se vince l’altro, anche i miracoli pedaleranno in salita.

Gli elettori della Provincia di Milano hanno – beati loro – la possibilità di eleggere Bassani, che potrebbe così essere il solo vero leghista (nel senso della Lega quando faceva la Lega) in Consiglio regionale. Serve perciò votare Giannino in tutte le Province per fargli raggiungere il quorum e dare così speranza a Bassani.

Il panorama  complessivo è drammatico: catastrofico se si guardano anche le condizioni economiche. In tutto questo non possiamo che vergognarci delle nostre divisioni, delle nostre chiacchiere inconcludenti: se oggi ci fosse un serio partito autonomista prenderebbe in Padania percentuali catalane. Ma non c’è e serve pensare seriamente a qualcosa. Facciamo che la catastrofe elettorale prossima ventura serva da stimolo per raccogliere la parte migliore del mondo liberale, libertario, autonomista, indipendentista  e costruire qualcosa di serio. È davvero l’ultima occasione che hanno i lemmings prima di precipitare per sempre nelle fetide acque italiane.

PS. Prego i pasdaran  della tastiera di evitare la solita dissertazione semantica sulla differenza fra autonomia e indipendenza. Prego chi scrive commenti con la kappa di risparmiarsi: non sono leggibili. Prego quelli che  ritengono che io sia un traditore della Lega oppure il  servo di Maroni e della Votino di smazzarsela fra di loro. Prego quelli che non hanno di meglio da fare che storpiare il termine Padania di rivolgersi a siti neofascisti o veterocomunisti, dove le loro prodezze verrebbero adeguatamente apprezzate. Prego infine quelli che diranno che anche questa volta sono alla ricerca di un posto di avere commiserazione per uno che in 25 anni non è riuscito a fare neppure il consigliere di zona.

Fonte: srs di Gilberto Oneto, da L’Indipendenza del 18 febbraio 2013

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