domenica 29 settembre 2013

GRILLO: SE RESTA NELL’EUROZONA, L’ITALIA NON SI PUÒ SALVARE




Dopo tre anni di recessione, disoccupazione e crollo dei consumi la situazione dell’Italia è peggiorata fino a precipitare: «L’euro ha scaricato su lavoratori e pensionati aggiustamenti di competitività con gli altri paesi dell’area euro ottenibili solo con austerità e disoccupazione», riconosce Beppe Grillo, che finalmente accusa frontalmente il sistema della moneta unica imposta dal Trattato di Maastricht.
«I media in difesa dell’establishment ignorano completamente un legittimo dibattito sull’euro», e quindi sono «colpevoli e complici».
Il “Movimento 5 Stelle”, dice il leader, è l’unico in Parlamento a parlare di sovranità monetaria e signoraggio: «I cittadini si stanno informando» e chiedono più Europa e meno banche.
«E’ necessario un nuovo concetto di Europa, solidale e veramente comunitaria: il ruolo dell’Italia in Europa è fondamentale, ma dobbiamo ridiscutere le condizioni in cui partecipiamo, a partire dall’emissione di eurobond che tutelino le economie più deboli, di una rinegoziazione del debito pubblico e della cancellazione del Fiscal Compact, un nodo scorsoio che impiccherà il nostro paese».

Dalle ultime elezioni, rileva Grillo, il mercato azionario italiano è in crescita e neppure dal fronte spread si sono registrati scossoni. Dopo aver dedicato  mesi a criticare Berlusconi, ora Grillo riconosce che – con o senza il Cavaliere in Parlamento – la precarietà del governo Letta è evidente: «Nonostante le minacce e i rischi di punizione da parte dei mercati e lo spauracchio spread sventolati da Letta e Napolitano ad ogni possibile crisi di governo, gli investitori non hanno dato peso alle vicende italiane».
Perché? Ovvio: gli speculatori finanziari «non sono stupidi» e sanno benissimo che Letta non metterà in campo nessuna misura per salvare il paese. La verità è che i mercati «hanno visto nella debolezza politica italiana una rassicurazione», verso «l’inevitabile commissariamento dell’Italia da parte dell’Europa».
Entro fine anno, aggiunge Grillo, diventerà infatti esplicita la crisi economica che ci obbligherà a chiedere formalmente il sostegno dell’Esm, il “fondo salva-Stati”, dell’Omt, lo scudo anti-spread. «E’ questo che tiene tranquilli i mercati: un’Italia con le manette, sotto tutela europea, è la loro principale garanzia che l’Italia nel breve non fallirà e che Bruxelles e Francoforte isseranno la bandiera dell’austerità, quella vera e dolorosa, imponendo, in cambio degli aiuti europei, riforme-capestro», fino a rendere il nostro paese «uguale a Grecia e Portogallo».

Di fatto, aggiunge Grillo, l’Italia è già commissariata dall’Europa: sono Fmi e Bce, e non l’Abi o Bankitalia, «a dirci quanta pulizia dobbiamo fare nei bilanci delle nostre banche», ed è il vicepresidente della Commissione Europea, Joaquín Almunia, «che ha detto a Cernobbio come ricapitalizzare il Mps senza che Saccomanni o Profumo abbiano battuto ciglio».
Ecco la verità: l’Europa non ci consente di nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena per via dell’impatto sui conti pubblici, nonostante negli ultimi anni tutti i paesi europei abbiano liberamente deciso come e quando salvare le loro banche per non gravare sui conti pubblici, come i dimostrano gli esempi di Rbs, Dexia, Commerzbank, Bankia, Raiffeisen, Kbc. «All’Italia, priva di spina dorsale politica, non è concesso». Ed è ancora la Commissione Europea, fatta di tecnocrati non eletti da nessuno, a decidere le misure economiche della manovra finanziaria: «Per questo il commissario europeo finlandese Olli Rehn ha dato un’audizione in Parlamento per dettare le condizioni dell’Europa».

Infine, il mostruoso Fiscal Compact: sono i suoi vincoli a guidare la politica economica in Italia «con interventi recessivi nell’interesse dei creditori tedeschi, e non degli italiani», accusa Grillo. «Il mantra del 3% di deficit, madre di tutte le misure economiche per Letta e Saccomanni, vale solo per l’Italia. La Spagna quest’anno avrà infatti un deficit del 7% e la Francia del 4.5%».
er la prima volta in modo così chiaro, Grillo imbocca la strada dell’accusa frontale contro Bruxelles. «Bisogna prendere atto che siamo già calpesti e derisi, già governati dall’Europa, già sudditi. Monti e Letta si sono affrettati ad inchinarsi a sua altezza Merkel appena eletti, ma non hanno avuto il coraggio e l’onestà di rendere esplicito questo commissariamento agli italiani. Abbiamo ceduto la nostra sovranità all’Europa senza nulla in cambio, anzi, abbiamo finanziato con 50 miliardi di euro (di maggiore debito pubblico) sostegni europei agli altri paesi della periferia anziché destinarli ai crediti delle Pmi nei confronti della pubblica amministrazione».
E’ una situazione patologica: «L’ossessione di Napolitano e Letta per la stabilità altro non è che una parvenza di governo con quattro burattini a Roma manipolati da Bruxelles. Letta è perfetto per questo ruolo. Punta alla foto di gruppo al G7 in Italia nel 2014 da appendere in camera accanto a quella di Andreotti e Napolitano».

L’Italia è in coma, insiste Grillo. «E’ l’esplosione del debito privato, in prevalenza delle nostre banche verso la Bce, originatosi nel regime a cambi fissi dell’euro, a rendere insostenibile il nostro debito pubblico. Bisogna guardare alla bilancia commerciale oltre che al debito pubblico: solo se si riconosce che l’ingresso nell’euro ha tarpato le ali alla già scarsa competitività italiana si potrà iniziare un vero dibattito».
L’euro, il nostro vero nemico, «ha agito da acceleratore della crisi».
Quindi, punto primo: «Va messo in discussione il tema della sovranità monetaria per riformare il paese».
Senza moneta sovrana, è tecnicamente impossibile organizzare manovre finanziarie democratiche per risollevare l’economia. «Pretendere di farlo in questo euro, a queste condizioni di austerità, in tempi brevi e con questa classe dirigente è pura utopia».
Prendiamone atto: «C’è stata una guerra, la guerra dell’euro, e come dopo ogni guerra persa ci sono i debiti di guerra da regolare. La guerra l’ha vinta la Germania che ora reclama i suoi 700 miliardi di euro di crediti concessi alla periferia dell’Europa, di cui 200 miliardi dall’Italia. Vanno avanzate proposte su come gestire e regolare i debiti di guerra per evitare il nostro fallimento». Ad una condizione: uscire dalla moneta unica, braccio secolare di quest’Europa-capestro.



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