giovedì 26 settembre 2013

IGNOBILE OCCIDENTE: USARE I BAMBINI PER UCCIDERE INNOCENTI




I bambini, sempre loro: finirà mai la ignobile speculazione sui bambini, vittime di guerra, per giustificare nuove guerre? Indimenticabile, nel 1999, la frase dell’allora ministro della difesa, Piero Fassino: «Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro è contrario all’intervento militare». E l’Italia intervenne, sulla base di una potente campagna di disinformazione anche diplomatica e politica. E fu la guerra del Kosovo, o l’ultima guerra dei Balcani, dove la più grande coalizione militare mai vista nella storia (19 Stati) si scatenò contro quel che rimaneva della Repubblica Federale di Jugoslavia, che nella propaganda veniva chiamata (un po’ sprezzantemente) “la Serbia”, colpevole di essere l’ultimo Stato che orgogliosamente si dichiarava socialista nel cuore d’Europa; uno Stato grande come un paio di regioni italiane. Da allora, ricorda Angelo d’Orsi,  il copione della giustizia sommaria è stato ripetuto in modo spietato, anche sfruttando l’emozione dell’opinione pubblica, cui viene offerto lo spaventoso “trofeo” dei bambini uccisi.

Nel caso del Kosovo, la “comunità internazionale” aveva stretto i serbi in un assedio diplomatico, poi aveva imposto condizioni inaccettabili a Rambouillet – per poter accusare Milosevic di averle rifiutate – e ormai avendo la Nato sostituito pienamente l’Onu (non il Patto Atlantico, ma la struttura militare dell’Alleanza), si procedé alla “punizione” dei serbi, invocata a gran voce da autorevoli intellettuali, come Barbara Spinelli e Daniel Goldhagen. «Fu una classica guerra ineguale, asimmetrica, che oltre a distruggere l’economia serba e le infrastrutture fece diecimila morti, la gran parte civili, trattandosi di guerra esclusivamente aerea», scrive d’Orsi su “Micromega”. Si trattava di «dare un esempio, impartire una lezione, o semplicemente “punire” chi osava non piegare la testa ai diktat di chi ormai era rimasto il solo padrone del mondo».  Il Muro di Berlino era stato abbattuto giusto dieci anni prima: «Si festeggiava così, quel decennale, cancellando l’anomalia jugoslava, l’ultima falce e martello nel continente».

A Milosevic furono disegnati i baffi di Hitler, e l’intellettualità europea fece a gara, a braccetto con la diplomazia angloamericana, nel tratteggiare paragoni storici: i kosovari erano i nuovi ebrei, i serbi i nazisti. «E il richiamo alla Seconda Guerra Mondiale imperversò: quella era stata la guerra giusta per antonomasia, la guerra delle democrazie contro le dittature».  E attenzione, «nei richiami si ometteva l’Urss di Stalin, vera vincitrice della guerra, con i suoi 22 milioni di morti: ma tant’è, nell’officina della propaganda non si va per il sottile». Anche allora, contro i nazi-serbi, la guerra era “giusta”. «Mentre tanti negavano fosse una guerra, ma una benefica operazione di salvezza, di peacekeeping, Norberto Bobbio si spinse a definirla “etica”, cadendo in uno dei peggiori incidenti teorici della sua onorata carriera di filosofo». E mentre l’aggettivo “umanitario” si sprecava, vi fu chi fece di peggio: «Il letterato George Steiner etichettò quel conflitto come “altruista”».

Bernard Henri-Lévy

Alcuni di quei superbi cantori della moralità della guerra sono usciti di scena, continua d’Orsi, mentre altri restano e imperversano: a cominciare dal solito Bernard Henri-Lévy,  «che qualcuno continua a prendere sul serio»,  nonostante non sia altro che «una figura macchiettistica del sottobosco mediatico».
Dal “Corriere della Sera” del 28 agosto 2013, Herni-Levy tuona: «L’Occidente salvi l’onore in Siria»). Sempre sul “Corriere”, interviene anche Michael Walzer, uno che «dalla sua cattedra di Princeton ha filosoficamente approvato tutte le guerre americane dell’ultimo venticinquennio, dissotterrando appunto la categoria medievale di “guerra giusta”». Onore, punizione: Walzer ha già deciso che a usare i gas sia stato Assad, e sostiene che l’impiego dei gas tossici «non può restare impunito». Ovvero: «È una questione morale prima che politica e di diritto. Occorre stabilire un precedente, in modo che tragedie come queste non si ripetano mai più. Basta con le vittime civili innocenti».

Forse, replica d’Orsi, nell’ultimo quarto di secolo il professor Walzer non ha letto i giornali, non ha ascoltato radio, né guardato tv, né navigato in Rete. Altrimenti saprebbe che di “precedenti” ve ne sono a iosa. E che ogni volta il suo “Grande Paese” – che si è assunto, motu proprio, il ruolo di giudice e gendarme del mondo – ha provveduto a castigare. “Sorvegliare e punire”, è il caso di dire, richiamando Michel Foucault. Come si può decretare che è giusto bombardare un paese – guerra esclusivamente aerea: non sia mai che sul terreno debba rimetterci la pelle qualche marine! – sulla base di accuse non dimostrate? Possibile che l’Iraq non abbia insegnato nulla? Come non ricordare la patetica messinscena di Colin Powell con la sua fialetta agitata all’Onu per “dimostrare” che Saddam Hussein era in possesso di armi di distruzione di massa? Menzogne criminali: «E quanti “cattivi” abbiamo ammazzato, dopo aver bombardato, umanitariamente, i loro popoli?».



Siamo davanti a una deprimente “coazione a ripetere”, prende atto Giulio Marcon sul “Manifesto”: non siamo in grado di cambiare il copione. Creiamo il casus belli – un massacro, possibilmente – quindi decretiamo trattarsi di un crimine contro l’umanità e, sulla base di un lungo lavorio di costruzione del nemico, lo hitlerizziamo (sorte toccata a Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad), e scateniamo infine la rappresaglia: andiamo a “fare giustizia”, anche quando sappiamo in partenza che non potremo “esportare la democrazia”. Giustizia sommaria, tra massacri e sofferenze, bombe e orrori.  Dove l’Occidente ha colpito, non è più ricresciuta l’erba: quei paesi sono scomparsi dalle prime pagine, ma sono diventati teatri di guerra permanente, «in un’orgia estenuante di sangue e di devastazione». Guerra di tutti contro tutti, in uno scenario disperato e privo di qualsiasi prospettiva di pace. «Guerre che abbiamo scatenato noi occidentali democratici, inventando ogni volta una “buona causa” di cui ci siamo presentati come paladini. Nessuna di quelle cause per le quali abbiamo bombardato, incendiato, distrutto, massacrato, ha prodotto risultati apprezzabili». Anzi, il più delle volte è accaduto il contrario: la situazione è gravemente peggiorata. E a quanto pare ci risiamo: possibile – si domanda Manlio Dinucci, sul “Manifesto” – che questo Assad sia così cretino da usare gas tossici (contro il suo stesso popolo) all’indomani dell’arrivo degli ispettori Onu? Domanda “spenta” sul nascere dai video strazianti coi volti dei bambini uccisi, caricati sul web a tempo record dai servizi segreti dell’Occidente e dei suoi alleati.


Fonte: visto su Libre, del il 02/9/13

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