lunedì 9 settembre 2013

IO AHMAD, DOTTORE NERO.




Oggi ho letto un articolo nel quotidiano online Libero che parlava della Ministro Kienge, dove si lamentava che in ospedale la chiamano infermiera, anziché dottore. Accusa gli italiani: "Io colpevole perché donna, nera, medico e straniera".
Colpevole di che?
 Io mi chiamo Ahmad sono stato adottato da una famiglia sarda e ho studiato a Roma. Durante l’università i miei compagni di studio non avevano la benché minima traccia di xenofobia, e mi trattavano al pari loro, compreso gli scherzi anche pesantucci.
Nel mio praticantato in ospedale sono stato chiamato anche portantino, ma anche dottore, nonostante il cartellino appeso alla divisa. Una volta presa la specializzazione avevo il cartellino con su scritto il mio nome e il prefisso “Dott” quindi nessuno si poteva sbagliare, alcuni mi chiamavano anche professore, come alcuni prima di avere il passi mi chiamavano già dottore.  
Mentre alcuni colleghi, bianchi, si sono sentiti discriminati nei confronti di qualche figlio di papà arrivato per ultimo e già in lista per ruoli importanti.
Ho la pelle nera, sono musulmano, nonostante i miei genitori siano di religione cattolica, ma questo non mi ha impedito di integrarmi nella società, più di qualunque altro italiano di nascita che se ne sta ai margini per volontà.
Non credo che gli italiani siano razzisti, sono sempre stato uno di loro, un pò più colorato, dice la mia amica, ma uno di loro.
Non riesco a capire il ministro Kyenge che si lamenta perché gli altri non sono d’accordo con lei, io per esempio non sono d’accordo che voglia togliere il pane di bocca ai cittadini italiani per regalare stipendi e case a chi dell’Italia vuole farsene un pacchetto e buttarla nella spazzatura.
 Perché in mezzo a chi è veramente profugo e alla fame, a chi scappa dalla guerra e dai genocidi, ci sono persone che approfittano della situazione e arrivano in Italia per delinquere, sentendosi spalleggiato dalle autorità pensando che non avranno il loro castigo altrimenti l’italiano passa per razzista.
Bisogna pensare che alcuni extracomunitari hanno la loro cultura e nei loro paesi certe cose non sono condannabili, come lo stupro o l’assassinio per tradimento, di conseguenza non hanno remore.
La croce nelle scuole io l’ho sempre vista e non mi dà fastidio nonostante la mia fede. Se un italiano viaggia o lavora in Turchia, o in Gana o in qualsiasi altro paese musulmano, se non dimostra rispetto per la religione lo mettono in una prigione, che di certo sono sicuro non sono come quelle italiane, a meno che non lo condannino direttamente a morte senza far sapere alla Farnesina che hanno un loro compaesano!
In un paese dove condannano alla lapidazione una donna per aver tradito il marito ed è lecito uccidere per un fatto del genere vivono persone che anche se si trasferiscono in Italia rimarranno con tale convinzione.
Per loro lo stupro e l’umiliazione del genere femminile è una legge etica personale.
Il ministro Kyenge questo lo dovrebbe sapere, non potrà mai far integrare certi popoli, dove è radicato geneticamente questo comportamento, come non può imporre al cittadino italiano a starsi zitto, a non dire la sua, a non manifestare contro le ingiustizie.
L’italiano è abituato alla democrazia, ha combattuto per questo, l’ha dentro geneticamente, e non potrà mai stare zitto di fronte a quello che per loro è una discriminazione razziale nei loro confronti.


Fonte: visto su Josè Maria Salvador del 2 settembre 2013

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