venerdì 27 settembre 2013

LA STORIA DI MOHAMMED, UN BIMBO PALESTINESE SENZA ARTI CURATO DAGLI ISRAELIANI, SOLIDARIETÀ SEMPRE!




Un bambino palestinese, nato con una rara malattia, ha subito l’amputazione delle braccia e dei piedi ed è stato abbandonato dai suoi genitori che si vergognavano della sua disabilità. Ora vive in un ospedale israeliano accudito da suo nonno. La storia del piccolo,  Mohammed al-Farra è quella di un bambino palestinese che oggi ha tre anni e mezzo e che è costretto a vivere con persone diverse dai suoi genitori. Perché i suoi genitori lo hanno abbandonato.

La storia del bambino palestinese, appresa da fanpage.it, e uno spaccato di vita, purtroppo come tanti  che si riscontra anche nei paesi occidentali. L’hanno lasciato in quanto si vergognavano della sua disabilità: Mohammed è nato a Gaza con una rara malattia genetica e ha subito l’amputazione delle braccia al livello del gomito e dei piedi. I medici ritengono che la sua malattia sia stata causata dalla reiterata pratica dei matrimoni tra consanguinei nella sua famiglia. Subito dopo la nascita il piccolo fu portato in ospedale per cure urgenti: “Durante le cure sua madre lo ha abbandonato perché il padre, provando vergogna per la disabilità, l’aveva minacciata di prendere una seconda moglie se non avesse lasciato il figlio e non fosse tornata a casa”. Parole, quest’ultime, pronunciate dal nonno del bambino che oggi si prende cura di lui in un ospedale israeliano.

Il bimbo vive in ospedale con suo nonno –  “A Gaza non ci sono le possibilità di prendersi cura di lui, lì non c’è una casa dove può vivere”, così spiega il nonno del bambino che parla di un nipote privo di autonomia che non è in grado di compiere i gesti più comuni da solo. Non può mangiare da solo, non può vestirsi, “la sua vita sarebbe zero senza aiuti”, sostiene il nonno. Oggi il bambino trascorre le sue giornate imparando a usare le protesi costruite per lui e suo nonno lo segue nei suoi progressi. Non si sa per quanto tempo dovrà restare ancora in ospedale: Mohammed è palestinese e in quanto tale non ha diritto alla residenza permanente in Israele, ma alla solidarietà e all’amore di noi tutti sì!

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Fonte: visto su NOTIZIE EVANGELICHE  del 21 settembre 2013

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