giovedì 10 ottobre 2013

GLI STATI NON SONO ETERNI. AVANTI COL SOGNO DI ARPITANIA




di  HENRIET JOSEPH*

L’idea di Arpitania nacque nei primi anni del ‘70. Non mi ero mai occupato di politica, o meglio di partitica nella mia adolescenza.  Nel 1969 andai ad insegnare in Svizzera, nel Giura bernese.  In quel periodo il Giura  lottava per distaccarsi da Berna, Cantone tedesco,  e formare un nuovo Cantone indipendente per poter meglio difendere l’appartenenza alla  francofonia. Paragonai il comportamento dei nostri politici  con quello dei giurassiani; i nostri  si proclamavano anti-italiani, ma anti-italiani lo erano solo  a parole.  In pratica, accettando e rispettando la giurisdizione italiana, si comportavano come  dei collaborazionisti con il nemico che dicevano di voler combattere.  Con tale strategia, non sarebbero mai giunti a difendere il nostro particolarismo e  col tempo saremmo stati completamente italianizzati. Maturai l’idea che anche in Valle d’Aosta, se si voleva veramente ed efficacemente difendere  la propria identità, si sarebbe  dovuto intraprendere una politica secessionista,  di distacco da Roma.

Tornato dunque dalla Svizzera, radunai alcuni amici ed esposi  loro le mie idee, il mio nascente progetto politico.

In quegli anni, i baschi e gli irlandesi del Nord erano molto attivi nelle loro rispettive lotte di liberazione. I Baschi dell’ETA soprattutto fecero una spettacolare azione di guerriglia.  A Madrid, la macchina blindata del primo ministro spagnolo Carrero Blanco, passando  su una bomba piazzata sotto il manto stradale dai patrioti baschi , saltò per aria e dopo un volo di parecchi metri,   cadde  nel cortile del vicino convento dove il primo ministro avrebbe dovuto andare a messa… L’attentato, per l’audacia dimostrata dai guerriglieri  e la  sua spettacolarità,  fece  immediatamente il giro del mondo e molti furono coloro che vollero meglio conoscere le ragioni della lotta di liberazione del popolo basco.

Ad Aosta, il Comité des Traditions Valdotaines, organizzò una conferenza con lo studioso e patriota basco Federico Krutwig Sagredo, allora fuggiasco  in Algeria e di passaggio a Roma. Partecipai alla conferenza e rimasi colpito dalla sua passione politica e dalla sua vasta cultura. Al  termine  dell’incontro, volli conoscerlo per esporgli le mie idee. Mi incoraggiò  e mi comunicò, tra l’altro, che aveva l’intenzione di lasciare l’Algeria e che gli sarebbe molto  piaciuto trascorrere un periodo di soggiorno sulle nostre montagne. Gli organizzai immediatamente il trasferimento da Algeri trovandogli casa a Gignod vicino  al villaggio dove abito.
E’ con Federico che il progetto mio iniziale, progetto abbastanza  indefinito, prese maggiore consistenza. Parlando con lui, capii che,  contrariamente a quanto sostenuto dai nostri intellettuali e dai nostri politici, noi valdostani non apparteniamo  all’etnia francese. Né che il francese è la nostra lingua materna  come stupidamente si strombazza.  Essendo la lingua il più evidente indice di etnicità, basandomi sull’esistenza  del francoprovenzale, scoprii l’etnia a cui apparteniamo  noi valdostani e voi canavesani alpini, etnia diversa dall’italiana o dalla francese. Etnia che chiamai “ etnia arpitana”. Nacque  così   il Progetto Arpitania. 
Arpitania, sogno o possibile realtà, è il tema dell’odierno intrattenimento. Mi   piace credere che sia un sogno che si può realizzare.  Che anzi, si deve realizzare.  E’ necessario costituire l’Arpitania  per molte ragioni, alcune delle quali cercherò oggi di illustrare.

Non vi è nulla di  eterno. Si nasce, si vive e si muore. Nemmeno gli stati sono eterni.  Nel passato,  tanti  potenti imperi,  dopo  secoli di dominazione e di splendore, caddero più o meno violentemente, più o meno  miseramente. E ciò accadde  nel  lontano passato come in tempi molto più vicini a noi.  Pensiamo al grande Impero di Alessandro Magno. All’impero romano. Agli Aztechi.  Ai Maya. Al grande impero Khmer dell’Asia del sud. E più recentemente, pensiamo alla Grande Unione Sovietica e alla vicina Unione Iugoslava.

E’ utile anche sapere,  che su 25 Stati europei attuali, 21 (84%) si sono formati  il secolo scorso e sono nati  tutti da secessioni consensuali, in modo pacifico, all’infuori di tre. La prima divisione consensuale nel 1905 tra Svezia e Norvegia. La teoria dell’intangibilità degli stati e della loro eternità è assolutamente insostenibile. Nascita e morte degli stati sono un fenomeno normale e fisiologico.

Gli Stati dell’Europa occidentale,  formatisi a partire dal Medioevo ad opera delle famiglie barbariche dominanti, praticando la  violenza militare per annettere   porzioni  sempre più grandi di territorio contiguo,  non faranno eccezione. Avranno presto fine  perché sono oramai edifici inadeguati per viverci dentro. Sono strutture mangiasoldi, dove prolifera la cleptocrazia. Sono fatiscenti condomini, non ristrutturabili, che devono essere abbattuti e sostituiti con singole abitazioni più moderne e vivibili.

Sono sempre più inadeguati e ingestibili. E’ sotto gli occhi di tutti la grande fatica che si fa, ad esempio in Italia, per praticare qualunque riforma,  vitale o meno importante.

Gli stati europei  sono oggigiorno  strumenti amministrativi in mano a stupide, avide e penose oligarchie adoranti il dio DENARO. Permettono e favoriscono il diffondersi di un disastroso sistema bancario speculativo dettate dal Liberismo economico- finanziario  globalizzante che,  a detta di molti  liberi economisti, non potrà reggere a lungo. Crollerà, e crollando, porterà a distruzione  gli stati stessi che l’hanno favorita, fra cui i nostri, Francia e Italia.

Segnali di insofferenza a questo stato di cose sono sempre più evidenti. Sempre più numerosi sorgono in Europa i Movimenti indipendentisti.  Irlandesi, Bretoni, Baschi, e Catalani si dimostrano sempre più determinati.
A parte la secessione del Nord perseguita per un periodo dalla Lega, in Italia, il Veneto si accinge a chiedere un referendum per l’indipendenza. Lo stesso stanno facendo Lombardia e Trieste. In Sud Tirolo, Eva Klotz e il suo partito sono da sempre per la secessione. La Sardegna è irrequieta e vuole staccarsi finanziariamente più di quello che lo è adesso chiedendo la Zona Franca. La Sicilia degli onesti  mette in discussione l’appartenenza allo Stato italiano, connivente con la mafia locale.
 Qui, in Arpitania del Sud, è  vero che si stenta a mettere in discussione l’appartenenza a Roma. Il fatto si spiega  perché Roma  gratifica i valdostani con copiose  elemosine che per Essa sono briciole ma che per noi sono assoluta ricchezza. I nostri politici amministratori, senza nessun senso di vergogna e senza nessuna  lungimiranza, se ne servono spudoratamente quasi solo per acquisire consensi elettorali.  Cercano di mettere  a tacere le intelligenze praticando la politica di romana memoria: panem et circenses. Pane e giochi. Si organizzano nell’arco dell’anno infinite feste e sagre, dovunque,  dove si mangia, si beve, si balla e si gioca. Vengono così drogate le intelligenze e spenti i naturali aneliti alla libertà. Si tacitano le coscienze  facendo, al nostro posto,  combattere  mucche, capre e  galli. Ma il tempo delle  vacche grasse sta per finire. Roma sta chiudendo i generosi rubinetti e allora le cose dovranno cambiare. Forse il valdostano  dovrà combattere in prima persona e lasciare a riposo gli animali…

Il diritto all’indipendenza, all’autodeterminazione dei Popoli e delle Comunità,  è un diritto naturale. La scienza politica se ne è da sempre occupata. Già i Sovietici, alla caduta dell’Impero zarista, riconobbero a numerose etnie il diritto all’indipendenza. In Italia uno dei maggiori assertori del diritto all’autodeterminazione fu l’ideologo della Lega, Miglio. Ma è molto più significativo che  recentemente  il professore di economia all’Università di Manheim, in Germania, Roland Vaubel,  che non appartiene a nessuna etnia oppressa e non può quindi essere tacciato di partigianeria, dice  apertamente  che bisogna ristrutturare l’Europa riconoscendo il diritto all’ autodeterminazione, alla secessione o alla scissione.

Superare la logica degli attuali stati.  Parlare di nuove architetture amministrative. Parlare di nuovi Stati tra essi relazionati. Parlare di Federalismo e di Confederalismo.  Ecco il futuro dell’Europa… Ma non permettiamo che a determinare i nuovi stati siano i miopi e servili burocrati di Bruxelles che già stanno lavorando a questo scopo. Il frazionamento dell’Europa  non deve venire dall’alto  per soli interessi di facile governabilità amministrativa. Deve venire dal basso. Deve essere frutto di referendum generalizzati che tengano conto di altri importanti fattori quali storia, cultura e predisposizioni economiche. E a questo proposito  siamo fortunati perché abbiamo qui accanto a noi  un esempio di grande, vera e lunga democrazia  da imitare: la Svizzera.  La Svizzera composta, e questo è orgoglio per noi arpitani, da quattro repubbliche di etnia arpitana: Vallese, Ginevra, Valdo e Neuchatel. Come ci sono riusciti questi quattro cantoni a rimanere liberi, possiamo riuscirci anche noi, arpitani della Graia alpina. La Svizzera deve servirci da esempio.

Superare la logica di accettazione dell’esistenza dei nostri stati di origine barbarica e meglio definire  il progetto di costruzione dell’Europa dei Popoli  e delle Comunità, è un compito storico sempre più pressante.. Dovremo immaginare i nuovi stati europei, non troppo estesi, con un sufficiente numero di abitanti,  non troppi, ma nemmeno troppo pochi, dove favorire la formazione e lo sviluppo di una sufficiente coesione sociale che permetta di fare le riforme sociali, in tutti i campi, di cui l’uomo moderno abbisogna ( penso ad esempio al grande problema di dare ai giovani una visione del mondo più naturale e scientifica e meno religioso-animista, problema che  oggi è completamente ignorato). La nostra è crisi di civiltà, non solo economica;  occorre quindi  ripensare sia  alle strutture in cui l’uomo opera, sia ai valori di cui si nutre.  E queste riforme profonde e globali non possono avvenire che in piccoli stati dove si può creare quello spirito di coesione sociale che permetterà il loro radicamento. Senza lo spirito diffuso e forte di coesione sociale è impossibile che il ricco si sacrifichi per il povero e che il povero accetti, se e quando occorre, di mangiare bocconi amari.

Arpitania, sogno o possibile realtà?
Io penso che l’Arpitania si stia già costruendo, poco a poco. Tutto attorno al Monte Bianco fervono dibattiti su questo tema. I Savoiesi si sentono sempre meno francesi e lo gridano ad alta voce. Dovete sapere ad esempio che oggi stesso, come qui a Perinera, al Colle del Piccolo San Bernardo, si incontrano indipendentisti valdostani e savoiesi  per parlare del futuro, dell’Arpitania. Voi, organizzando questo incontro, dimostrate che avete voglia di Arpitania. La strada sarà ancora certamente lunga  per arrivare alla Confederazione di Federazioni europee, alla Nuova Europa.  Penso che molto dipenderà dalla presa di coscienza dell’ineluttabilità di questo percorso da parte di tutti e dalla delega  che daremo  agli uomini migliori, i quali sapranno orientare tutta l’opinione pubblica.

In subordine, se  si dovesse constatare che non si arriverà mai alla costruzione della Nuova Europa Confederale, per noi arpitani d’Italia  non resta che chiedere aiuto ai nostri fratelli arpitani della Svizzera e  operare per entrare a far parte della loro Confederazione Elvetica come nuovo Cantone: Cantone e Repubblica della Graia.

* intervento che sarà pronunciato domani a Perinera, Usseglio, Val di Stura, valle arpitana del canevese montana, dove si terrà un raduno e si parlerà di politica


Fonte: visto su L’Indipendenza  del  18 agosto 2013

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