mercoledì 6 novembre 2013

SNOWDEN E SPIONAGGIO: DIRE LA VERITÀ NON È UN REATO



Edward Snowden ha avvertito che lo spionaggio di massa “non pone solo una minaccia alla privacy ma anche alla liberta’ di espressione e alle societa’ aperte”. In un articolo per lo Spiegel intitolato “Manifesto per la verita’”, la talpa del programma di sorveglianza della National Security Agency americana ha scritto che “l’esistenza di tecnologie di spionaggio non deve determinare le politiche” dei governi.

“Chiunque dica la verita’, non commette alcun reato”, ha insistito Snowden nel testo inviato al settimanale tedesco attraverso un programma criptato. Secondo Snowden, alcuni governi che si sentivano “smascherati” dalle sue rivelazioni hanno provato a fermarlo “con una campagna persecutoria senza precedenti”, ma non sono riusciti a impedire l’avvio di un dibattito internazionale sullo spionaggio americano. (AGI) .

Fonte: visto su L’’Indipendenza del  4 novembre 2013





NSAGATE "RETE DI SPIONAGGIO EUROPEA GESTITA DA BERLINO, PARIGI E MADRID"





(AGI) - Londra, 3 nov.
- Quando la National Security Agency ha accusato nei giorni scorsi i servizi segreti dei Paesi europei di essere loro ad aver fornito i dati di cui gli Usa avevano bisogno, aveva di fatto ragione.
A dimostrarlo sono nuovi imbarazzanti - una volta tanto non per Washington - documenti pubblicati dal britannico Guardian, ancora parte del 'tesoro' di dati trafugati dalla talpa dell'Nsagate, Edward Snowden.
Gli 007 britannici del Gchq (l'agenzia di spionaggio elettronico gemella della statunitense Nsa, cui e' legata da un accordo di collaborazione totale) attraverso il sistema di raccolta dati Tempora realizzato nel 2008, coordinavano di fatto una rete di intercettazione europa. Rete che violava direttamente le grandi dorsali dei cavi in fibra ottica da cui passa ogni forma di comunicazione ed era alimentata dagli stessi servizi segreti dei singoli Paesi.
Tra questi i piu' coinvolti erano gli 007 francesi, tedeschi, spagnoli e svedesi, cui il Gchq arrivava anche a consigliare escamotage legali per collaborare senza violare formalmente le loro leggi.  I meno collaborativi erano gli italiani, perche' "divisi" tra di loro e per le leggi italiane che 'legavano loro le mani'.
E' quanto riferisce il britannico Guardian secondo il quale gli agenti britannici - abituati come i cugini americani ad avere accesso senza limiti alle comunicazioni degli altri Paesi - esprimevano "frustrazione" per le "frizioni interne tra le agenzie italiane (Aise e Aisi, ndr) e i limiti imposti dalla legge alle loro attivita'. "Gchq ha gestito alcune (attivita') di antiterorismo e ha avuto discussioni concentrate sulla (sicurezza) di internet con entrambe le agenzie di intelligence ma hanno scoperto che i servizi italiani sono divisi e si sono dimostrati non in grado e/o non intenzionati a collaborare tra di loro", si legge nel rapporto interno.
In un aggiornamento di sei mesi successivi il Gchq lamentava di essere ancora in attesa di, "una risposta dall'Aisi (il controspionaggio civile) su una recente proposta di collaborazione....gli italiani si sono dimostrati ansiosi (di collaborare) ma gli ostacoli legali potrebbero aver ostacolato la loro capacita' di rispettare l'impegno assunto".
Nel pezzo del Guardian gli 007 del Gchq elogiano invece la collaborazione, apparentemente priva di ostacoli o complicazioni, di Germania, Francia, Spagna e Svezia. (AGI) .

Fonte: da AGI.it del  3 novembre 2013


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