domenica 22 dicembre 2013

SE S. ZENO SIA MARTIRE


San Zeno con in mano un cesto di pesci ed una canna, all'interno di un riquadro con una Crocifissione, la Vergine e San Giovanni Evangelista. Chiesa  di Santa Maria  alla  Pieve di Colognola ai Colli, Verona.


CAPO VII

SOMMARIO. - Stato della questione - Opinione oggi comune - Scrittori antichi di cose nostre - Documenti liturgici - Obbiezioni dal culto riservato ai martiri; dal titolo di confessore - Monumenti - S. Zeno non fu martire in senso proprio - S. Zeno martire nel senso meno proprio - Giorno ed anno della morte di S. Zeno.

La voce « martire» nell'uso ecclesiastico si prende in due sensi. Martire in senso proprio è quel confessore della fede di Cristo, che per la stessa fede morì martire, ossia fu ucciso precisamente per la sua fermezza nel professarla.  Martire in senso meno proprio è colui, che molto ha faticato per la fede di Gesù Cristo e per essa andò incontro ad accuse a calunnie ed a corporali patimenti, però non alla morte (1). Ciò posto, S. Zeno fu martire in senso proprio, ossia fu egli ucciso dai persecutori per la sua fermezza nel professare la fede di Cristo?

Così in passato opinavano molti dei nostri; massime coloro, che voleano assegnare l'episcopato di S. Zeno alla seconda metà del secolo III.  Argomento principale era la testimonianza di S. Gregorio;  il quale, parlando del miracolo avvenuto in Verona l'anno 589 (17 ottobre) narra che l'acqua dell'Adige inondante Verona salì verso le finestre della chiesa « beati Zenonis Martyris atque Pontificis », ma stette come un muro davanti alla porta ed alle finestre  «ad ostendendum cunctis meritum Martyris (2).
 Inoltre martire è detto S. Zeno da Paolo Diacono, dall'autore del Ritmo Pipiniano, dai martirologi Rabano, Notkero, ecc.  Appoggiato a queste testimonianze il nostro vescovo Luigi Lippomano poco dopo la metà del secolo XVI al rito di confessore, con cui era fino allora onorato S. Zeno nella liturgia della Chiesa veronese, sostituì il rito di martire.

Sennonchè al presente gli eruditi, accertata l'epoca ambrosiana dell'episcopato di S. Zeno, convengono nel negare che S. Zeno sia morto martire,  e si studiano di attribuire all'appellativo di martire nel testo di S. Gregorio ed in altri il senso meno proprio.

Argomento gravissimo e perentorio per questa opinione è il fatto constatato, che la Chiesa veronese per oltre dieci secoli ha ignorato che il suo santo fondatore e patrono sia morto martire. Questo fatto si dimostra e dagli antichi scrittori di cose nostre, e da documenti liturgici, e da alcuni monumenti.

Il nostro vescovo S. Petronio quarant'anni circa dalla morte di S. Zeno, parlando ai veronesi tesseva loro l'elogio del santo patrono. In quel sermone, pubblicato recentemente, S. Petronio esalta l'eloquenza di S. Zeno, il suo zelo per il bene spirituale dei veronesi, la santità della sua vita; ne magnifica i miracoli operati da lui in vita e dopo la morte; lo encomia « Sacratissimum confessorem ... Pontifex  signorum  virtutibus  approbatus ... beatissimus vates »: ma neppur un cenno del martiri (3). Eppure l'aureola del martirio sul capo di S. Zeno avrebbe diffuso tale splendore da offuscare tutti gli altri meriti.

Verso la fine del secolo VII il notaio Coronato nella sua Cronaca riferì le tradizioni della Chiesa veronese e vi inserì quanto di onorifico correva sulla lingua dei veronesi.  Eppure, non solo non ha un cenno sul martirio di S. Zeno, ma espressamente afferma che egli morì di morte naturale: « Dum haec (miracula) instanter  ageret, non multo post receptus in pace Domini est».  Sulla fine poi, riferendo il miracolo narrato da S. Gregorio,  modifica la dicitura di lui in questo modo: « ad  ostendendum  cunctis  meritum  confessoris »(4). E' chiaro che Coronato intende modificare e correggere il testo di S. Gregorio.

Anche il nostro vescovo Raterio nel secolo X parla di S. Zeno, e lo elogia come dottore e protettore, ma neppur un cenno ha del martirio. « Cum  specialis  noster  doctor  ac  provisor,  beatus  utique  Zeno, dicat... »(5).

Similmente il nostro vescovo Tebaldo nelle costituzioni date per il clero l'anno 1305  distingue espressamente S. Zeno dai martiri: «Cupientes  devotione  congrua  et  debitis  honoribus gloriosum  confessorem   Zenonem  patrem  et  patronum  hujus  civitatis  et  dioecesis Veronensis,  et  beatos  Georgium,  Firmum  et  Rusticum  a  grege   nobis  credito  venerari ...  (6).

Altra prova gravissima sono i documenti liturgici della nostra Chiesa; dai quali apparisce che S. Zeno fu sempre venerato con la liturgia dei confessori, non con quella propria dei martiri.  I documenti liturgici recati dai Ballerini « ex  vetustissimis  manuscriptis  Sacramentorum libris  Ecclesiae  Veronensis» sono in tal numero e di tale autorità,  che noi crediamo non essere ai nostri tempi necessario recarli tutti:  fu appunto questo cumulo di documenti liturgici, che fece inchinare tutti i nostri eruditi a negare al nostro santo l'aureola del martirio propriamente detto; benchè i Ballerini abbiano proposta, non sostenuta, questa opinione (7). - Accenneremo pochi documenti tra i più importanti.

I Ballerini recano cinque messe intiere e pochi frammenti, nei quali si dà sempre a S. Zeno il titolo di confessore, ed egli viene onorato ed invocato come confessore, non come martire. Sia saggio l'orazione prima della prima messa: « Sancti  Zenonis  sacerdotis  tui  et  confessoris hodiernae  festivitatis  etc. ».
In un canone S. Zeno è posto tra i confessori non martiri: « Communicantes  et  memoriam venerantes ...  Laurentii,  Firmi et Rustici,  Chrysogoni,  Joannis et Pauli,  Cosmae et Damiani,  Hilarii,   Martini,  Augustini,  Gregorii,  Hieronymi,  atque  Benedicti,  Proculi et Zenonis, etc. ». In una liturgia forse posteriore si ha l'introito Statuit ei Dominus,  il graduale Ecce confessor Zeno pastor Domini, la lezione Ecce sacerdos magnus, etc.

Nella liturgia degli officii S. Zeno è invocato « Confessor sancte, Sacerdos magne, Pastor dominici  gregis,  sancte  confessor Zeno, etc. »; nell'invitatorio « Confessorum  regem  venite  adoremus »,

In antichissime litanie (sec. IX-XII) dopo I’invocazione degli apostoli è posta quella dei martiri, indi quella dei confessori, e tra questi insieme con Sant'Ambrogio, Sant'Ilario, S. Benedetto, sono invocati S. Procolo, S. Zeno e S. Massimo vescovi veronesi.

Si aggiunga il fatto che nessun documento liturgico veronese anteriore al secolo XVI accenna al martirio di S. Zeno; essendo troppo debole argomento quello che taluno vorrebbe desumere dal vangelo Ego  sum  vitis  vera, che si legge in qualche messa di S. Zeno per il tempo pasquale: se la Chiesa veronese onorava S. Zeno come martire nel tempo pasquale, perchè  mai lo onorava come confessore per tutto il resto dell'anno?

Nè si dica che il culto strettamente liturgico (officio e messa) era riservato ai soli martiri, e che perciò il fatto che S. Zeno fu venerato con vero culto liturgico riesce a prova del suo martirio. Imperochè   consta da documenti certi che almeno dal principio del secolo VI, e molto più in seguito, si diè vero culto nella Chiesa anche ai santi confessori non martiri.  Così certamente nel secolo V si trova un vero culto liturgico dato a S. Martino di Tours, a Sant'Ilario di Poitiers; nel principio del secolo VI fu a Roma edificata la basilica «Sylvestri et Martini », e nessun dei due fu martire(8). Anzi Benedetto XIV, sia con prove dirette, sia con l'autorità di altri scrittori, dimostra che si hanno esempi di culto attribuito a santi non martiri nel secolo IV (9).

Neppure si obbietti che il titolo di confessore veniva dato ai martiri; tanto è vero che nel Carpsum di Stefano Cantore son detti confessori S. Biagio, Sant'Adalberto e S. Bonifaccio, che son martiri. - Rispondiamo che dal Carpsum nulla si può ricavare, nè a favore del martirio di S. Zeno, nè contro di esso. La ragione è, che ivi son detti confessori non solo i tre martiri accennati, ma anche i due vescovi di Verona, S. Simplicio e S. Procolo, ed altri, che certamente non sono martiri.  Altrettanto si dica a riguardo di altri documenti coevi od anteriori al Carpsum, nei quali non è ben determinata la significazione della voce « confessore ». Ma l'asserzione nostra è provata da altri documenti liturgici; nei quali,  come nelle litanie, il nome del nostro santo vescovo Zenone è invocato tra coloro, che non furono veri martiri.

Aggiungeremo infine pochi monumenti storici. Presso i Ballerini è riportata un'iscrizione esistente un tempo nella Chiesa Montis aurei: in essa quella chiesa si dice edificata ad onore della S. Croce, di S. Michele, dei santi martiri Castorio e Vittore, e dei santi confessori Martino, Zenone, Remigio: sembra sia stata consacrata dal vescovo Teobaldo l'anno 1060.
Nel medesimo anno Peregrino patriarca di Aquileja riconsacrò la chiesa di Sant'Elena, e vi pose le reliquie dei santi martiri Ermagora e Fortunato ... dei santi confessori Zenone ed Eusebio, delle sante vergini Cecilia, Anastasia e Maria Maddalena.
Nella medesima chiesa il patriarca Andrea verso l'anno 826 ave a riposto reliquie di S. Fermo martire, di S. Rustico martire, di S. Giorgio martire, di S. Procolo confessore, di S. Zeno confessore, di S. Filastrio confessore, ecc. Non crediamo necessario trascrivere letteralmente queste iscrizioni (10)

Più antica (ma meno efficace) è un'iscrizione riferita dal Maffei: «Regnante Domino nostro Desiderio ... Basilica beatissimi et confessoris Christi Zenonis in vico Campellione a parentibus meis edificata. Magnerada Dei ancella ... donatrix ejusdem oraculi »(11).
Il Maffei reca pure un'altra iscrizione dell'anno 1139, trovata da lui: in essa sono indicate reliquie di vari santi, ai quali tutti si aggiunge il titolo di martiri, tranne che al nome di S. Zeno (12).  In altro luogo, parlando il Maffei dei martiri veronesi, afferma che nei codici della Capitolare, «oltre a Fermo e Rustico ... S. Zeno comparisce sempre, benchè non come martire »(13). E si avverta che Maffei suppone martire S. Zeno, benchè non dell'epoca di Gallieno: perciò egli parla qui contro la sua sentenza.

Per brevità omettiamo altri documenti, che si possono vedere citati nell'edizione dei sermoni di S. Zeno fatta da mons. Giuliari (14); sembrandoci storicamente provato che il nostro santo vescovo non fu martire nel senso stretto della parola ossia non morì ucciso dai persecutori della fede professata ed insegnata da lui 15. Aggiungeremo soltanto che lo stesso Dionisi nega il martirio di S. Zeno, ammettendo che il titolo di martire non è che un distintivo di culto e di maggior onore, e che i veronesi con questo appellativo lo distinsero, perchè Veronam praedicando  perduxit  ad  baptismum (16).

Tuttavia ci pare sia storicamente certo che egli fu martire in senso meno proprio; in quanto cioè non solo lavorò e faticò molto per la diffusione della fede, ma altresì in odio della fede soffrì calunnie e forse anche vessazioni corporali. In questa opinione ci conferma il suffragio non solo di un dottissimo consultore della sacra congregazione dei Riti, quale fu il P. Generoso Calenzio, ma altresì quello della stessa sacra congregazione.

Già S. Zeno è detto martire da S. Gregorio nel luogo riferito sopra. Lo dice pur martire il Ritmo Pipiniano: « Octavus pastor et confessor martyr inclytus », Martire lo dice Paolo Diacono, valendosi assai probabilmente dell'autorità di S. Gregorio.  Più esplicitamente afferma che S. Zeno soffrì vessazioni dai persecutori il nostro Giovanni Mansionario nella  Historia imperialis esistente nella biblioteca Capitolare: «pro  Christi  nomine temptus  a  paganis  multocies  fuit verberibus  caesus ». Della stessa asserzione abbiamo una conferma dalle liturgie di alcune chiese in Germania e d'Italia che davano a S. Zeno il culto di martire anche allora che a Verona avea il culto di confessore. Che se la Chiesa veronese nelle sue liturgie onorò S. Zeno come confessore, ciò prova soltanto che essa non lo riconobbe mai martire nel senso proprio.

Basata su questi argomenti la sacra congregazione dei Riti con decreto del 13 marzo 1881 confermò a S. Zenone il culto di martire, conferitogli già da Sisto V nel Breve Regi Martyrum del 26 novembre 1588(17), con cui il Pontefice approvava il nuovo officio di S. Zeno proposto dal cardinale Agostino Valerio (18).  Mentre però nell'officio approvato da Sisto V si appellava semplicemente a S. Zeno « mtrepidus Christi martyr », nel nuovo officio approvato l'anno 1881 è detto che S. Zeno « multa ab infidelibus et haereticis invicta pectoris fortitudine passus  est»,  e che « propter  persecutiones  fidei  causa  toleratas  gloriosum  Martyris  titulum promeruit; qua et a beato Gregorio Magno decoratus est »: della sua morte poi è detto che «circa  saeculi  quarti  finem  miraculis  quoque  illustris  in  coelum  migravit »,

La morte di S. Zeno assai verosimilmente fu il giorno 12 del mese di aprile: così risulta dai monumenti liturgici, che riferiscono la festa principale di S. Zeno al «pridie Idus Aprilis »: sia nella Chiesa veronese ed in altre d'Italia e di Germania, sia specialmente in varii monasteri dell'ordine di S. Benedetto. L'anno dovrebbe essere «circa finem saeculi quarti »: probabilmente l'anno 380.





NOTE


1 - S. THOMAS  In  IV,  Sentent. Distinct. XLIX, Qucest. 5 ad 7;  BENEDICTUS  XIV. De canon. Sanctorum, Lib. III. Cap. XII,  Num 3, seqq.

2 - S. GREGORIUS M.  Dialog. Lib. III. Cap. 19. (a).

3 - Presso GIULIARI,  S. Zenonis  Sermones-Monum. Zenon. (b) pag.  CXLVII.

4 -  Un Codice della nostra Biblioteca Capitolare ha: «ad ostendendum  Sancti meritum », - Questa Cronaca  si  trova  presso  UGHELLl,  Italia sacra,  Tom. V;  BOLLAND.,  Acta SS. 12 Aprilis; BALLERINI nei Prolegomena  ad  Opp. S. Zenonis, pago CXLVII.

5 -  RATHERIUS  Episc. Veron.  Synodica ad Presbyteros. (c)

6 -  THEBALDI, Constit., cap. LXI, presso BALLERINI, pag.  CLXX (d).

7 -  BALLERINI,  Prolegomena, pagg.  CLI,  CLVIII, seqq. (e).

8 - DUCHESNE  Liber Pontif,  Tom. I  pag. 262. -  Secondo il Fragmentum laurentianurn conservato nella nostra Capitolare,  del quale parleremo a suo luogo, il Pontefice Simmaco avrebbe eretta la basilica di S. Martino « juxta sanctum Sylvestrum »: anzi dal confronto dei due testi pensa il Duchesne che Simmaco abbia restaurata ed adornata la basilica di S. Silvestro.  Comunque sia, questa esisteva nel secolo V.  DUCHESNE, Op. loc. cit., Note 36.

9 -  BENEDICTUS XIV, De canan. Sanctorum, Lib. III, Cap. V.

10 - Vedi BALLERINI,  Op. loc. cit.; UGHE5Ll,  Italia sacra, V. 787, 788.  

11 -  Oraculum è « Iocus orandi », Vedi Lib. Pentii. in Leo III.

12 -  MAFFEI, Verona illustr.,  Storia, nell'Append.,  Iscriz: LXVII (f).

13 -  MAFFEI, Verona illustr.,  Lib.  XI (g).

14 GIULlARI, S. Zenonis Serm., Commento Cap. I., pagg, XVI-XX.

15 -  Tutti gli argomenti per questa opinione e le soluzioni di tutte le obbiezioni si possono vedere nelle due Dissertazioni del P. Calenzio e del P. Lana, scritte in occasione della proposta fatta dal Card. Canossa alla S. Sede per il nuovo Officio di S. Zeno. Di esse abbiamo usato largamente.

16 -  DIONISI, Dissert.  cit.,  presso ZACCARIA, Dissert. di Storia eccles., Tom. III.  Pag. 41.

17 -  Si trova nelle Opere del Gilberti  edite dai Ballerini a pag. 16 (Veronae 1733).

18 -  La maturazione del rito da confessore in martire era stata introdotta in Verona dal Vescovo Liugi Lippomano verso la metà del secolo XVI. Lo riferisce PANVINIUS  Antiqu. Veronenses  Lib. IV. (h).



ANNOTAZIONI AL CAP. VII (a cura di A. Orlandi)


(a) pag. 52, nota 2: cfr. P.L. 77, 268-269. - S. GREGOR., Dialogorum liber,  III, C. 19, edito da U. MORICCA, Roma, 1924, pp. 185-186.

 (b) pag. 52,  nota 3: stampato a Verona, 1883.

(c) pag.  53, nota 5: cfr. P.L., 136, 558.

(d) pag.  53, nota 6: ZENO (S.), Opera ... , ed. Ballerini, Verona 1739, p.  CLXX.

(e) pag. 53, nota 7: id., ibid., pp. CLVIII-CLXX.

 (f) pag.  55, nota 12: Milano, 1825, p. 627.

(g) pag.  55, nota 13: Milano, 1825, T. II, p. 587.

(h) pag. 56, nota 18: Padova, 1648, p. 108.




Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I

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