mercoledì 2 aprile 2014

VESCOVI DELLA CHIESA VERONESE (XVII SECOLO)

Il vescovo Sebastiano Pisani il giorno 28 aprile 1656 benedisse la prima pietra della chiesa dedicata a San Pietro Martire  ed   eretta sui resti della sua casa natale   posta sulla via che dalla chiesa di  Santo Stefano conduce alla chiesa di  San Giorgio.



VOLUME  II -  EPOCA  IV - CAPO XI

SOMMARIO. - Ingerenza della Serenissima - Marco Giustiniani - Due sinodi - Madonna del popolo - Liti coi canonici - Il culto dei Beati Evangelista e Pellegrino - Sebastiano Pisani zio - Due sinodi - Chiesa di S. Pietro Martire - Lite col Capitolo - I Gesuiti a S. Sebastiano - Sebastiano Pisani nipote - Monache a S. Giorgio - Chiesa del Redentore - Liti con l'abate di S. Zeno - Confraternita di S. Libera - Pietro Leoni - Seminario - Francesco Barbarigo.

Come già nei due secoli precedenti, così anche nel secolo XVII nella elezione dei nostri vescovi vollero ingerirsi i reggitori della Serenissima Repubblica, alle proposte dei quali ordinariamente aderirono i Romani Pontefici. Di qui avvenne che una gran parte dei vescovi nostri fossero veneziani. Però ben volentieri riconosciamo che nel secolo XVII furono destinati pastori della nostra chiesa uomini degni di questo ufficio, che lo disimpegnarono a bene di essa.

Dopo il vescovo Alberto Valier defunto sul territorio padovano il giorno 1 settembre del 1630, vennero a reggere la chiesa di Verona i vescovi seguenti:

112. Marco Giustiniani (1631-1649);
113. Sebastiano Pisani (1650-1669) zio del;
114. Sebastiano Pisani (1669-1690);
115. Pietro Leoni (1690-1697);
116. Gianfrancesco Barbariga (1698-1714).

Marco Giustiniani vescovo di Ceneda fu nominato vescovo di Verona il giorno 4 aprile 1631; entrò in Verona senza eccessive solennità il giorno 4 novembre. (a) Egli venne tra noi in un'epoca funesta poco di poi al contagio del 1630; il quale portò, non solo una considerevole diminuzione nel numero dei fedeli e dei sacerdoti, ma altresì una grave penuria di mezzi di sussistenza, massime nella città(1). Egli però animato da vera carità cristiana, si prestò generosamente in opere di beneficenza, cattivandosi così la stima e l'affetto del suo gregge. Venendo alle opere di lui, accenniamo anzitutto alle visite da lui fatte alle chiese della città e diocesi negli anni 1632-1635(2).

Il vescovo Giustiniani celebrò due sinodi diocesani. Del primo celebrato l'anno 1633, omessi gli altri statuti, uno ne indichiamo importantissimo per l'insegnamento della Dottrina Cristiana; col quale ordinava che come testo fosse adottato il libretto Dottrina Cristiana, composto dal cardinale ( ora Beato) Roberto Bellarmino già a Roma pubblicato nel 1602 con l'approvazione del pontefice Clemente VIII.

Nel giorno 15 aprile del 1625 decorò di aurea corona il capo della sacra effigie di Maria, che da alcuni secoli i fedeli veneravano nella chiesa cattedrale (l'attuale è incoronata), e solennemente la proclamò Madonna del popolo veronese.

Fin da principio il vescovo Giustiniani fu molto sollecito per il retto servizio nell'ufficiatura della cattedrale, e quindi anche per il collegio degli accoliti: i quali lasciavano non poco a desiderare, « tum in habitu, tum etiam in moribus ».
La prima controversia col capitolo fu, se la nomina del massaro dovesse spettare ad un canonico, oppure ad un sacerdote designato dal vescovo: il nunzio a Venezia mons. Francesco Vitelli o con atto del 16 novembre 1639 diede una sentenza piuttosto favorevole ai canonici: contro la quale protestarono poi i successori del Giustiniani ed anche i canonici. L'altra controversia ben più grave fu, se il diritto giurisdizionale su gli accoliti « in civilibus et in criminalibus» spettasse al vescovo ed al capitolo: anche su questo punto prevalse la causa del capitolo; cosicché il vescovo nel giorno 2 maggio 1645 « per modum transactionis » acconsenti(3). Nella stessa transazione si convenne che l'elezione degli accoliti e dei semiaccoliti e dei cappellani si facesse alternativamente dal vescovo e dal capitolo; e, ciò che è più grave, il vescovo sempre « per modum transactionis », acconsentì che il capitolo fosse esente dalla visita del vescovo, anche come Legato Apostolico, ad eccezione del caso contemplato nella transazione fatta l'anno 1532 col vescovo Giberti. Questa transazione  fu poi rinnovata dal vescovo Sebastiano Pisani nel 1654(4).  Però era sempre una transazione; non una vera ricognizione di diritto.

Nel 1638 riconobbe canonicamente ed approvò il culto, che i veronesi professavano ai due agostiniani Evangelista e Pellegrino, le cui reliquie dall'antica chiesetta di S. Eufemia erano state trasportate nella chiesa attuale l'anno 1347.  Il vescovo le volle personalmente riconoscere il giorno 11 aprile 1637, e con atto del 2 ottobre dell'anno seguente permise che fossero esposte alla pubblica venerazione(5). Il culto dei due beati fu più tardi confermato dal pontefice Gregorio XVI.
Avanzato in età e consunto per le molte fatiche, il vescovo Marco Giustiniani morì sul principio dell'anno 1649.

Sebastiano dei Conti Pisani per decreto di Innocenzo X  trasferito nel 1650 alla sede di Verona da quella di Ceneda, visitò quattro volte le chiese della città e della diocesi, con immensa edificazione dei fedeli; negli anni 1654, 1656, 1662, 1664, 1668(6).

Celebrò due sinodi diocesani. Nel primo celebrato il 7 aprile 1655 emanò costituzioni opportune per il clero, per la celebrazione dei divini uffici, e particolarmente per la residenza dei parrochi e dei vicari foranei. Insistette efficacemente sul dovere dei sacerdoti di radunarsi mensilmente per la trattazione delle discipline teologiche e morali. Nella città, oltre il collegio a questo scopo esistente già dal 1588 presso la chiesa di S. Maria in Chiavica e da lui trasferito presso quella di S. Paolo vecchio (ove ora in città comincia il ponte Garibaldi), ne istituì un secondo da tenersi nell' episcopio sotto l'invocazione dei santi Fabiano e Sebastiano.

Diede norme più precise da osservarsi nelle congregazioni dei sacerdoti della diocesi, assegnandone l'esecuzione ai vicarii foranei. Nello stesso sinodo riservò a sé ed al suo vicario generale ed al canonico penitenziere l'assoluzione di dieci casi. Altre costituzioni non meno importanti emanò nel secondo sinodo celebrato il giorno 3 settembre 1665(7).

Nel giorno 14 luglio 1654 benedisse la prima pietra della chiesa di S. Teresa in Cittadella: presso la quale intendevano stabilirsi le suore Carmelitane. Alle stesse pose solennemente la clausura il giorno 6 ottobre 1664.

Nel giorno 28 aprile 1656 benedisse la prima pietra della chiesa da erigersi specialmente per opera dei domenicani di Sant'Anastasia ad onore di S. Pietro Martire, nella via che da S. Stefano conduce a S. Giorgio(8),  Ivi era la casa Rosini ed ivi era nato S. Pietro; sulla facciata di quella casa nel 1457 era stata collocata una statua effigie del santo con l'iscrizione:


SVM PETRVS MARTIR NVTRITVS ET EDITVS INFANS
HIS DOMIBVS - FIAT TESTIS IMAGO MEA.
MCCCCLVII


Ora ai domenicani ed ai buoni veronesi parea sconveniente che quella casa servisse di abitazione, e forse a persone sospette: di qui l'idea di demolir questa casa e di sostituirvi una chiesa dedicata a S. Pietro. Il vescovo vi celebrò solennemente la prima messa nel giorno 25 giugno 1661.  Più tardi la chiesa fu adibita ad usi profani; finché fu restituita al culto nel 1861.

Ebbe non poche controversie col Capitolo della cattedrale; finché nel 1654 « transegerunt et concordarunt » che i canonici avessero giurisdizione indipendente dal vescovo sopra alcune chiese e conventi di monache e sopra i cappellani inservienti nelle chiese soggette al Capitolo. Nel 1657 intervenne, quale Delegato Apostolico ad un capitolo delle monache di S. Michele insieme ai due canonici protettori delle medesime(9).

Nell'anno 1656 per le trattative fra il pontefice Alessandro VII ed il Senato Veneto, tolto il bando perpetuo, poterono i Gesuiti rientrare nelle terre della Repubblica: il vescovo ben volentieri riconcesse loro la chiesa di S. Sebastiano con l'annesso convento che avean dovuto abbandonare nel maggio del 1606(10).  Ai confratelli dell'Adorazione delle XL. Ore, che frattanto l'aveano tenuta, concesse nel 1657 quella di S.  Luca, tenuta prima dall' ordine dei Cavalieri Crociferi soppressi dal pontefice Alessandro VII nell'anno precedente. (c)


Nel giorno 11  novembre 1658, e per l'età avanzata, e per acciacchi di salute, sentendosi impari ai gravissimi doveri di pastore della chiesa veronese, rinunziò al vescovato in favore di un suo nipote, detto esso pure Sebastiano Pisani.  Dalla S. Sede ebbe il titolo di arcivescovo di Tessalonica, e morì nell'aprile dell'anno 1669.  Nel 1657 si avea ascritto alla Confraternita del SS. Sacramento nella chiesa di S. Libera.

Sebastiano dei Conti Pisani, nipote del precedente; fece il suo ingresso in Verona il giorno 25 marzo 1669, e resse la chiesa veronese per anni ventuno. Fece una visita pastorale nell'anno 1677(11).

Nel primo anno del suo episcopato, per commissione avuta dal Delegato Apostolico Lorenzo arcivescovo di Cartagine, trasferì le monache dette di S. Maria di Reggio, dal convento presso la chiesa di S. Faustino a quello di S. Giorgio in Braida.
Al monastero vicino alla chiesa di S. Faustino trasferì alcune vergini Dimesse dal Conservatorio della SS. Trinità.  
Per opera un po' delle monache di S. Maria di Reggio, un po' delle vergini Dimesse, in vicinanza, della chiesa di S. Faustino, che era parrocchiale, si eresse un'altra chiesa dedicata Redemptori, la quale fu consacrata dal vescovo nel giorno 24 agosto dell'anno 1675(12).

Siccome Clemente IX con bolla del 24 settembre 1668 soppresse i frati Fiesolani o Gerolimini, una famiglia dei quali dall'anno 1345 dimorava presso la chiesa di S. Zeno in Monte, il vescovo ne confermò il possesso ai Chierici Regolari Somaschi, ai quali era stata assegnata nel 6 gennaio 1669(13).

Il vescovo Pisani ebbe una controversia lunga ed acre con l'abate di S. Zeno, Vincenzo Molino, che esigeva diritti giurisdizionali su alcune chiese e conventi di monache, e tra essi il diritto di riservare a sé l'assoluzione di alcuni peccati, e già ne avea fatto stampare la tabella nel 1666. La controversia fu in qualche modo composta con una transazione convenuta il 29 settembre 1675(14).

Nello stesso anno con decreto dato il giorno 7 dicembre proibì che le donne potessero entrare nel recinto dei romiti a S. Maria del  Tagliaferro. Poi con atto del 27 settembre 1677 ai detti romiti concesse la facoltà di conservare il SS. Sacramento nel loro oratorio(15).

Favorì pure la confraternita del SS. Sacramento esistente nella chiesa di S. Libera. Quando nel 1671 fu canonizzato S. Gaetano, che era stato ascritto in quella confraternita, ed i confratelli vollero solennizzare questa loro gloria con festa solenne il giorno 12 aprile dello stesso anno, il vescovo partecipò alla festa celebrando la messa in quella chiesa alla presenza del podestà Giovanni Moro: nell'anno seguente benedì l'altare ivi eretto ad onore di S. Gaetano(16).

Pietro Leoni. Fu trasferito alla sede di Verona da quella di Ceneda, e venne a Verona il 26 novembre 1691: uomo assai erudito nelle scienze sacre ed animato da zelo ardente per il bene delle anime, ed anzitutto per la disciplina del clero. Visitò più volte, spesso in forma privata, le chiese della città e della diocesi, edificando in queste occasioni il suo gregge con la parola e più ancor con l'esempio.

Trovandosi il nostro seminario presso la chiesetta di Sant' Angelo, luogo assai lontano e disagiato, vicino al castello S. Felice, lo trasferì presso la chiesa di S. Vitale in alcune case tenute fino allora dai padri Somaschi. La località era presso la attuale: ma il grandioso fabbricato fu costruito al principio del secolo seguente per ordine del vescovo Francesco Barbarigo; la facciata anteriore fu eretta per ordine del vescovo Morosini verso la fine del secolo XVIII(17).

Nell'anno 1697 consacrò la chiesa di S. Nicolò, la quale, cominciata per opera dei Chierici Regolari Teatini nel 1627, era stata terminata nel 1683.
Nello stesso anno 1697 finì di vivere il giorno 7 dicembre; per successore fu destinato Gianfrancesco Barbariga primicerio di S. Marco di Venezia; il quale fece il suo ingresso in Verona nel giorno del santo Natale dell'anno seguente 1698.


NOTE


1 - Mentre prima del contagio ben 170 ecclesiastici officiavano nella cattedrale, non ne rimasero in vita che 20. - Il nostro VENTURI, Comp. della storia di Verona, Vol. II, pag. 172-175 dà le cifre delle vittime in ciascuna contrada. Il contagio cessò del tutto nell'ottobre 1631. (b).

2  -Nell'archivio della Curia Vescovile Visit. val. XX.

3 - SPAGNOLO, Le scuole degli Accoliti, pag. 113-115.

4 - LOMBARDI, Notizie spettanti al Capitolo di Verona, pag. 46. Della transazione composta col vescovo Giberti  abbiamo trattato nella nostra monografia C.M Giberti, pag. 70-72 (Ed. II).

5 - Vita dei Beati Evangelista e Pellegrino, pag. 19 (Verona 1808).

6 - Archivio della Curia Vesc. Visit.  Vol. XXI-XXV.

7 - Le costituzioni dei due sinodi furono poi pubblicate nel 1685 dal vescovo Seb. Pisani nipote insieme con le proprie: Constitutiones et decreta III.  R.mi Sebastiani Pisani (Veronae, Tip. Jo. Bapt. Meruli).

8 - CAGNOLI,  Notizie della chiesa di S. Pietro M, nella Specola d'Italia, Anno III, N. 29 (Verona 18 Luglio 1858).

9 - LOMBARDI, Notizie ... , pag. 59, seg.; FINETTI, L’ antico monastero delle Benedettine a S. Michele, pag. 20.

10 -  I Gesuiti poterono tornare, perché il doge levò il bando perpetuo contro di essi lanciato nel 1606. Del resto l'interdetto era cessato nel 1607; non nel 1656, come dice SPAGNOLO, Op. cit., pag. 127, Nota 4. -  Nel 1672 furono assunti dal Comune per l'istruzione dei giovani nelle scuole.

11 - Archivio della Curia vescovile, Visit., Vol.  XXX.

12 - Notizie e documenti presso BIANCOLINI, Notizie stor. delle Chiese di Verona, I, 371, IV, 479-493.

13 -  Sac. ANT PIGRI, La Chiesa di S. Zeno in Monte, pag. 4; RONCONI, Origini del R. Liceo Maffei, in Studi Maffeiani, (Torino 1909).

14 - Notizie e documenti presso BIANCOLINI, Op. cit., I, 66-70.

15 - BIANCOLINI, Op. cit., IV, 437.

16 - SALVARO, La chiesa dei SS. Siro e Libera, pag. 20.

17 - Sac. ANT. PIGHI, Cenni storici sopra il Seminario Vescovile in Corriere del mattino, 13 settembre 1923. (e)


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XI (a cura di Angelo Orlandi)


a) Da alcuni documenti del Capitolo canonicale sembra che in questa occasione i canonici abbiano tentato di riprendere le loro antiche competenze e funzioni per l'elezione episcopale. Cf. CONGREGAZIONE (Santa) DEL CLERO INTRINSECO DI VERONA, Stampa (legale al taglio),/ VERONA 1765 /, pp. 162-164.

b) Per le vicende della peste si veda sempre utilmente F. PONA, Il gran contagio di Verona. Edizione anastatica con introduzione a cura di G. P. Marchi, Verona 1972, pp. LXVI-140.

c) Circa le soppressioni di ordini e congregazioni religiose in questo periodo si veda: G. SANCASSANI, Corporazioni religiose veronesi soppresse sotto i pontificati di Innocenzo X e Alessandro VII, in Atti e Mem. dell'Accademia di Agricoltura, Scienze e lettere di Verona, vol. CXL (s. VI, XV), Verona, 1965, pp. 69-79.

d)  A. PEGIMI, San Zeno in Monte, Verona 1967, p. 23-36.

e)  V. anche V. MONTORIO, Il Seminario di Verona, Verona 1968.

f)  Di questa consacrazione fu pubblicata una relazione con aggiunto un discorso del vescovo, opera dei Teatini di Verona. Relatione della solennissima consagratione fatta dall’Ill.mo et rev.mo mons. Pietro Leoni della ven. chiesa di S. Nicolò, aggiuntovi l'elegantissimo ragionamento pastorale fatto nella medesima occasione dallo stesso reverendissimo, Verona, s.d. (ma 1697), pp. 30.


Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II.


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