venerdì 2 maggio 2014

IL PATRIARCA MORAGLIA FRA L’INCUDINE DELL’INDIPENDENZA E IL MARTELLO DELL’ITALIA



di MILLO BOZZOLAN
Pubblichiamo questa lettera aperta dello studioso veneto Millo Bozzolan al Patriarca di Venezia


A Sua Eminenza  il Patriarca dei Veneti FRANCESCO MORAGLIA

Eminenza, ieri ho appreso che, in una dichiarazione pubblica, Ella disapprova la volontà, ormai maggioritaria, dei Veneti a tornare ad autogovernarsi, cosa che hanno fatto per tanti secoli e con ottimi risultati, memori anche dell’antica e particolare autonomia di cui essi godettero prima e fin dall’epoca romana. Fu un periodo quello dello Stato veneto, rimasto alla storia; anche nel secolo del suo cosiddetto tramonto, la civiltà veneta brillò di una luce propria e la Chiesa veneta seppe tenere il popolo attaccato ai valori cristiani della famiglia, del lavoro, della carità. Caratteristiche che, anche grazie ai parroci di tante parrocchie, non abbiamo perso del tutto e di questo i Veneti vi sono grati. Essi col loro lavoro e il loro sudore, han «tirato la carretta» fin che han potuto, ma ora è l’Italia che ha rotto ogni patto con la nostra Nazione, sperperando e rubando a man bassa, pretendendo ormai il nostro sangue, e credo di non esagerare se dico che il suo dominio è del tutto simile a quello del tanto odiato Napoleone, che mise fine alla nostra libertà.

Oltre al furto dei frutti del nostro lavoro, negli ultimi sessant’anni, siamo stati soggetti a una denigrazione continua, dipinti come contadini ignoranti (vedi le dichiarazioni della De Girolamo, napoletana, ex ministro dell’agricoltura), ai quali, in fondo, era anche giusto rubare il portafogli per farsi mantenere, un popolo senza storia, senza identità. A differenza dei Friulani, dei Siciliani, dei Sardi, a noi pare sia negato il diritto di considerarci un popolo, degno d’una pur minima autonomia. La Chiesa veneta, la Chiesa di San Marco, non può coprire simili nefandezze a carico dei suoi fedeli: deve continuare ad essere il nostro sostegno morale, specie oggi che stiamo lottando per la nostra libertà. In quale Vangelo sta scritto che i Veneti non possano autogovernarsi? Ce lo spieghi, Eminenza!

Noi siamo ormai alla disperazione. Ogni giorno qualcuno si appende a una corda (Dio nella sua infinita misericordia, lo accolga al Suo fianco egualmente), non reggendo allo strazio di non poter dare un avvenire ai suoi figli o di dover licenziare degli operai con cui ha lavorato, fianco a fianco, per tanti anni. Ci sentiamo derubati di tutto, degli averi e delle nostre tradizioni, derise e negate. Non viene insegnata la nostra storia. Lo sa Lei, Eminenza, che nelle Bocche di Cattaro, in Montenegro, nei licei insegnano per cinque ore mensili la storia veneta? Si rende conto? Qui, voi sacerdoti veneti, non leggete neanche il vangelo di San Marco il giorno di San Marco, nelle parrocchie dell’entroterra! Controlli: lei può fare una piccola indagine in merito. Che momento meraviglioso sarebbe invece per noi se ogni 25 aprile le chiese tutte suonassero le campane a festa e i nostri pastori ricordassero ai Veneti le antiche vicende dell’evangelizzazione, del sogno di Marco in laguna con l’angelo che lo saluta: «Pax tibi Marce, qui sarai onorato nei secoli a venire e sarai sepolto!».

Oggi apprendo con una certa commozione che in Vandea, dove Cesare un tempo incontrò i Veneti del posto, la diocesi ha stabilito che nelle scuole cattoliche vengano insegnate le antiche preghiere ai santi protettori, in lingua bretone e francese. Ecco, dunque, quello che può fare la Chiesa veneta: farci riscoprire l’antico patto tra Veneti e Dio, attraverso San Marco, con la nostra tradizione di fede recuperata e non più negata.
Con rispetto, anche se non posso negare un profondo rammarico per le Sue dichiarazioni.


Fonte: srs di MILLO BOZZOLAN, da L’Indipendenza del  1 maggio 2014


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