lunedì 30 giugno 2014

SCORIE NUCLEARI: L’EUROPA DECIDE PER L’ITALIA: AVREMO 7 DEPOSITI DI SCORIE NUCLEARI. SIAMO CARNE DA MACELLO




Gli euroburocrati che decidono il destino del popolo italiano pensano che italiane ed italiani siano soltanto carne da macello, al massimo cavie per esperimenti non autorizzati dalla gente, ma che comunque vanno in onda sulla nostra pelle di esseri socialmente disuniti.

Dopo aver affondato impunemente per decenni centinaia di navi dei veleni e migliaia di container zeppi di scarti pericolosi delle industrie tedesche, francesi, elvetiche, olandesi  eccetera – sempre a Bruxelles si sono detti: perché scontentare Piemonte, Lazio, Campania e Basilicata, che si terranno per sempre le scorie. E non fare una sorpresa alla Sardegna?

«Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura di superficie, progettata sulla base degli standard IAEA e delle prassi internazionali, destinata allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività».

Dunque, la prima menzogna del Governo italiano è che non ci sarà un unico deposito nazionale. Infatti, per i rifiuti nucleari più pericolosi, ad alta attività o se preferite di terza categoria, è previsto un deposito di smaltimento geologico, vale a dire, nelle profondità delle terra.

In passato, lo Stato italiano ha nascosto una quantità consistente di scorie nucleari, ben 350 metri cubi provenienti dalla centrale atomica militare di Pisa (Camen, già Cresam infine Cisam) nella miniera di Pasquasia in Sicilia (chiusa inspiegabilmente, seppure produttiva), dove ha operato l’Enea per un esperimento in materia di confinamento di scorie nel sottosuolo.

E’ sufficiente esaminare il primo inventario nazionale sulla contabilità nucleare redatto dall’Enea nel 2000 e successivamente dall’Apat, per appurare che dei 700 metri cubi sfornati dal reattore RTS 1, gestito dallo Stato Maggiore della Difesa, mancano oggi all’appello appunto 350 metri cubi.

I depositi di rifiuti nucleari realizzati recentemente dalla Sogin – a Trino, Saluggia, Bosco Marengo, Borgo Sabotino, Garigliano, Trisaia - non sono “confinamenti temporanei” o momentanei, anche se le autorità, gli esperti di regime unitamente agli ambientalisti venduti al miglior offerente, lo vogliono far credere a tutti gli ingenui. Il settimo deposito di superficie sarà impiantato in Sardegna. “Tanto i sardi si vendono in cambio di qualche posto di lavoro, e poi sono già imbottiti di scarti radioattivi che dai vasti poligoni militari sono fluiti nel ciclo biologico”, hanno pianificato dall’alto quelli che comandano a casa nostra, beninteso per conto terzi.

Altra menzogna di Stato: la quantità di scorie da allocare nel predetto sito sardo. L’ultimo inventario nucleare dell’Apat tra rifiuti e combustibile irraggiato, indica una quantità complessiva di 26.137 metri cubi. La Sogin, invece, ne ha già stimato 90 mila metri cubi. Qual è la reale provenienza di ben oltre 60 mila metri cubi di scorie atomiche? La risposta è scontata: l’Europa.

Basta una semplice ricerca e due minuti di tempo per appurare che dietro le due direttive Euratom (2009/71 – 2011/70) si nascondono nientedimeno che i soliti profittatori internazionali. La Svizzera, ad esempio, non fa parte dell’Unione europea, ma detta legge in materia di spazzatura nucleare, dopo aver già inondato il nostro Paese, con la sua incontenibile immondizia chimica e nucleare


Fonte: da Jeda News  del 20 giugno 2014




SCORIE NUCLEARI: I TRUCCHI PER CONTO TERZI DI NAPOLITANO E RENZI




di Gianni Lannes


Ma quanti saranno i depositi nucleari in Italia? Uno o più di uno? Perché in Piemonte, Lazio, Campania, e Basilicata la Sogin li ha già realizzati, dopo aver sperperato denaro pubblico, come ha attestato la Corte dei Conti nel 2010 con delibera numero 36. Dunque, compreso quello più grande in Sardegna, a conti fatti saranno effettivamente una mezza dozzina, e forse anche di più, i siti che accoglieranno definitivamente la spazzatura radioattiva. Ma quanta? A livello ufficiale danno sempre i numeri al ribasso, ma non tornano mai. E non certo per garantire la sicurezza del popolo tricolore, perché altrimenti avrebbero dovuto preoccuparsi in primo luogo di una centrale nucleare bellica in Toscana, addirittura dimenticata dallo Stato e da tanti governi tricolore. Tutta la frenesia istituzionale in atto è solo supina obbedienza alla Commissione europea, non eletta dai popoli europei, e in ossequio al Trattato di Lisbona che ha stracciato la nostra Costituzione repubblicana. 

A proposito: che sorte avrà la centrale nucleare militare gestita a S. Piero a Grado (Pisa) dallo Stato Maggiore della Difesa? La base del Cisam (ex Camen, ex Cresam) sarà una discarica radioattiva a cielo aperto in riva al Tirreno, immersa in una pineta? Che fine hanno fatto ben 350 metri cubi di scorie nucleari ad alta attività (o se preferite di terza categoria, ossia quelle più pericolose) delle 700 inventariate nel 2000 dall'Enea? Chi ha autorizzato lo scarico in mare dei liquidi radioattivi del reattore Galileo Galilei?



Reattore nucleare militare Galilei a S. Piero a Grado (Pisa) - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)



Che sincronia, che tempismo, che orologeria, insomma che illuminati. Quasi all’ultimo momento, come sempre senza alcun coinvolgimento popolare, in palese violazione della Convenzione europea di Aarhus - ratificata dalla legge statale numero 108 del 16 marzo 2001 - alcuni mesi prima che sia reso di dominio pubblico il luogo in cui verrà costruito il sito nazionale delle scorie nucleari, dalla solita regia estera mandano in onda un colpo di scena. Così, dopo aver complicato la normativa in moda da renderla quasi incomprensibile e comunque contraddittoria, in materia di rifiuti nucleari, i vertici statali eterodiretti hanno appena inventato l’ISIN, ossia l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nazionale e la radioprotezione.

Infatti, il 10 aprile 2014 è entrato in vigore il decreto legislativo 4 marzo 2014, numero 45: «Attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (GU Serie Generale n.71 del 26-3-2014)». Il provvedimento emanato dal capo abusivo dello Stato, Giorgio Napolitano, è stato controfirmato in calce dal primo ministro Renzi e dai ministri. L’articolo 6 stabilisce inequivocabilmente:

«… 1. L'autorita' di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione e' l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN). 2. L'ISIN svolge le funzioni e i compiti di autorita' nazionale per la regolamentazione tecnica espletando le istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le valutazioni tecniche, il controllo e la vigilanza delle installazioni nucleari non piu' in esercizio e in disattivazioni, dei reattori di ricerca, degli impianti e delle attivita' connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, delle materie nucleari, della protezione fisica passiva delle materie e delle installazioni nucleari, delle attivita' d'impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti e di trasporto delle materie radioattive emanando altresi' le certificazioni previste dalla normativa vigente in tema di trasporto di materie radioattive stesse. Emana guide tecniche e fornisce supporto ai ministeri competenti nell'elaborazione di atti di rango legislativo nelle materie di competenza. Fornisce supporto tecnico alle autorita' di protezione civile nel campo della pianificazione e della risposta alle emergenze radiologiche e nucleari, svolge le attivita' di controllo della radioattivita' ambientale previste dalla normativa vigente ed assicura gli adempimenti dello Stato italiano agli obblighi derivanti dagli accordi internazionali sulle salvaguardie. L'ISIN assicura la rappresentanza dello Stato italiano nell'ambito delle attivita' svolte dalle organizzazioni internazionali e dall'Unione europea nelle materie di competenza e la partecipazione ai processi internazionali e comunitari di valutazione della sicurezza nucleare degli impianti nucleari e delle attivita' di gestione del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi in altri paesi…».

Che strano. La legge 99 del 23 luglio 2009 (articolo 29) aveva istituito l’Agenzia per la sicurezza nazionale. Poi, inspiegabilmente, con il decreto Legge 6 dicembre 2011, convertito con Legge 22 dicembre 2011, numero 214, questo organismo è stato soppresso dal governo Monti (un altro iscritto alle organizzazioni terroristiche Bilderberberg & Trilateral) ed i relativi compiti sono stati in via temporanea attribuiti all’ISPRA.

In ossequio alle imposizioni internazionali, sotto l’abusato pretesto della sicurezza, il Consiglio dei Ministri presieduto da Enrico Letta (affiliato all’organizzazione terroristica Bilderberg) numero 45 , mandato in scena il 17 Gennaio 2014, ha argomentato in malo modo: 

«3) Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari. Il disegno di legge recepisce gli Emendamenti alla Convenzione di New York del 3 marzo 1980 sulla protezione fisica dei materiali nucleari. Le modifiche alla Convenzione si sono rese necessarie per la rivalutazione del rischio nucleare anche a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001, che ha portato ad un rafforzamento del regime internazionale della protezione fisica attraverso la definizione di importanti emendamenti che prevedono fattispecie criminose derivanti dalla rimozione non autorizzata e dal sabotaggio delle installazioni e del materiale nucleare. Obiettivo degli Emendamenti è estendere in maniera significativa il proprio raggio d’azione nell’ambito del trasporto delle materie nucleari, nell’impiego generale delle materie e nella protezione delle installazioni, con particolare attenzione al concetto di sabotaggio».

 Anche se il presidente del consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi, non ha apposto un formale segreto di Stato, la materia è inaccessibile ai comuni mortali. Eppure la premessa 31 e l’articolo 10 della Direttiva Euratom 2011/70 hanno stabilito senza alcun dubbio:

«La trasparenza è un fattore importante nella gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. La trasparenza dovrebbe essere garantita tramite un’effettiva informazione della popolazione e la possibilità per tutte le parti interessate, comprese le autorità locali e la popolazione, di partecipazione ai processi decisionali conformemente agli obblighi nazionali e internazionali… Gli Stati membri provvedono affinché le necessarie informazioni sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi siano rese disponibili ai lavoratori e alla popolazione. Sono altresì tenuti a provvedere affinché l’autorità di regolamentazione competente informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in particolare, la sicurezza, riconosciuti dalla legislazione nazionale o da obblighi internazionali».

A tutt’oggi nessun atto è stato reso pubblico rispetto all'individuazione, né criteri né studi, del sito del deposito unico nazionale; anzi all’Ispra è stato vietato di rendere qualsivoglia informazione in merito. Il 23 luglio 2012, il Ministero dello sviluppo economico, con una nota trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Ispra, ha chiesto che l'Ispra avviasse entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo numero 31 del 2010, le attività per la definizione dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale, precisando che tale struttura è ritenuta di urgente necessità per il Paese.






L'Ispra (dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale) ha predisposto nel dicembre 2012 una versione preliminare dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, scegliendo di elaborarli sotto forma di guida tecnica 29 («Criteri per la localizzazione di un deposito superficiale di smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività»), ai sensi dell'articolo 153 del decreto legislativo numero 230 del 1995, e successive modificazioni e integrazioni. La versione preliminare della guida tecnica è stata inviata, il 18 febbraio 2013, ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Successivamente l'Ispra ha sottoposto la suddetta guida tecnica ad un processo di revisione internazionale. In seguito, il 19 dicembre 2013, l'Ispra ha trasmesso ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una versione aggiornata della guida tecnica, predisposta sulla base degli esiti del confronto effettuato con le autorità di sicurezza nucleare di Paesi europei, che già eserciscono analoghe strutture di deposito, nonché di una revisione internazionale effettuata dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea).

Ora viene un'altra sorpresa, la direttiva 2011/70, a cui si richiamano Napolitano e Renzi, infatti:   

«non si applica a) ai rifiuti provenienti dalle industrie estrattive che possono essere radioattivi e che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/21/CE; b) agli scarichi autorizzati. 3. L’articolo 4, paragrafo 4, della presente direttiva non si applica: a) al rimpatrio di sorgenti sigillate dismesse al fornitore o fabbricante; b) alla spedizione del combustibile esaurito di reattori di ricerca ad un paese in cui i combustibili di reattori di ricerca sono forniti o fabbricati, tenendo conto degli accordi internazionali applicabili; c) ai rifiuti e al combustibile esaurito dell’attuale centrale nucleare di Krško, nel contesto di spedizioni tra Slovenia e Croazia. 4. La presente direttiva fa salvo il diritto di uno Stato membro o di un’impresa di tale Stato membro di restituire i rifiuti radioattivi trattati al paese di origine, se: a) i rifiuti radioattivi devono essere spediti a tale Stato membro o impresa per il trattamento; oppure b) altri materiali devono essere spediti a tale Stato membro o impresa allo scopo di recuperare i rifiuti radioattivi. La presente direttiva fa altresì salvo il diritto di uno Stato membro o di un’impresa nello Stato membro cui debba essere spedito combustibile esaurito destinato al trattamento o al ritrattamento di restituire al paese di origine i rifiuti radioattivi recuperati con l’operazione di trattamento o ritrattamento o un prodotto equivalente concordato».

La deriva militare inizia nel Belpaese il 21 novembre 2002, quando il piduista Silvio Berlusconi nomina presidente della Sogin il generale Carlo Jean, già consigliere militare del presidente Cossiga e collaboratore della rivista Aspenia (l’Aspen Institute Italia è finanziato dalla fondazione Rockefeller). Con un decreto del 14 febbraio 2003, Berlusconi dichiara lo stato di emergenza per il nucleare in Italia e conferisce a Jean i poteri speciali di commissario straordinario. Il provvedimento viene pubblicato in Gazzetta ufficiale il 12 marzo 2003 (numero 59). Con questo atto ed i successivi provvedimento il generale Jean riceve l’autorità necessaria a violare, su propria insindacabile decisione, ben 21 tra leggi e decreti ministeriali, in materia di tutela ambientale e sanitaria. Poteri degni di uno Stato di guerra, ma in tempo di pace. Un passo addirittura peggiore il governo Berlusconi - grazie all'immancabile distrazione del centro sinistra - lo compie il 13 novembre 2003, quando il Consiglio dei ministri sceglie come deposito nazionale dei rifiuti radioattivi un paese della Basilicata, Scanzano Jonico. A poca distanza dal centro abitato, in riva al mar Jonio, ad 800 metri di profondità, verranno sepolti materiali pericolosi per 150 mila anni. Il cimitero atomico, spiega il comunicato del Governo, sarà pronto entro il 2008 e costerà più di mezzo miliardo di euro. I parlamentari della maggioranza di centro destra giustificano questa oscura manovra, avvenuta senza alcuna consultazione delle popolazioni locali, con la necessità di mettere le scorie al riparo dalla minaccia del terrorismo internazionale. Che l’emergenza terrorismo sia un banale pretesto lo dimostrano i tempi di realizzazione del deposito delle scorie, indicati dal governo e dalla Sogin in 5 anni. Una manovra antidemocratica, tuttavia scongiurata in Lucania dalla mobilitazione popolare.

Che analogie, che similitudini con l’attualità renziana. Il decreto-legge 14 novembre 2003, numero 314 (“Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi”) del governo Berlusconi, poi convertito in legge 24 dicembre 2003, all’articolo 1 recitava:

«Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi 1. La sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, come definiti dall'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, degli elementi di combustibile irraggiati e dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli rinvenienti dalla disattivazione delle centrali elettronucleari e degli impianti di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto delle condizioni di sicurezza e di protezione della salute umana e dell'ambiente previste dal citato decreto legislativo n. 230 del 1995, e' effettuata presso il Deposito nazionale, opera di difesa militare di proprietà dello Stato, il cui sito, in relazione alle caratteristiche geomorfologiche del terreno, e' individuato nel territorio del comune di Scanzano Jonico, in provincia di Matera. 2. La Società gestione impianti nucleari (SOGIN S.p.a.), nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 2 in ordine alle modalità di attuazione degli interventi, provvede alla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, opera di pubblica utilità, dichiarata indifferibile ed urgente, che dovrà essere completata entro e non oltre il 31 dicembre 2008».

Sogin è la società del ministero del tesoro costituita nel 1999, e ha come missione lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi. Domanda d’obbligo, dopo tanta confusione alimentata ad arte dallo Stato: alla fine dei conti quanti sono effettivamente i depositi nazionali di scorie nucleari? La Sogin scrive:

«Le installazioni nucleari interessate dal decommissioning sono le quattro ex-centrali nucleari italiane di Trino, Caorso, Latina e Garigliano e gli impianti Enea di Saluggia, Casaccia e Rotondella e l’impianto Fabbricazioni Nucleari (FN) di Bosco Marengo. Sogin, operativa dal 2001, diventa Gruppo nel 2004 con l’acquisizione della quota di maggioranza, del 60%, di Nucleco SpA1, l’operatore nazionale specializzato nella gestione integrata dei rifiuti radioattivi e delle sorgenti provenienti dalle attività medico-sanitarie e di ricerca scientifica e tecnologica. Nel 2010, il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio ha affidato a Sogin il compito di localizzare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico e il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività nucleari, industriali, di ricerca e di medicina nucleare».

Dunque, non figura la centrale nucleare militare a San Piero a Grado (Cisam) in provincia di Pisa. Ed in ogni caso, sono già stati realizzati una mezza dozzina di depositi nazionali, di certo non temporanei. Il che vuol dire, che come nel caso delle centrali nucleari, che le scorie ad alta attività giaceranno in maniera temporanea, nei siti dove sono state prodotte.

Quante scorie nucleari giacciono stoccate sul nostro territorio? In varie zone dell’Italia sono stoccati circa 60 mila metri cubi di rifiuti radioattivi e più di 298,5 tonnellate di combustibile irraggiato. Molti di questi provengono dalle quattro centrali nucleari dismesse: Borgo sabotino (Latina), Garigliano (Caserta), Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza) che da sole hanno prodotto ben 55 mila metri cubi di scorie. Impianti chiusi perché al termine del ciclo operativo o per guasti tecnici ed incidenti, e non certo come si vuol far credere, in base al referendum popolare del 1987. Dall’analisi dei giudici contabili viene fuori inoltre che per il decommissioning «nel 2008 sono stati sostenuti costi per 46,4 milioni di euro», manutenzione esclusa. Con un bilancio netto «aumentato del 334%, raggiungendo 1.577 migliaia di euro rispetto ai 393,4 del 2007» e utili per «8,6 milioni di euro (contro i 4 del 2007)». Durante il 2009 dagli oneri sulle bollette elettriche sono arrivati 450 milioni per lo smantellamento del nucleare. La Corte dei Conti aggiunge anche che l’Agenzia delle dogane a maggio 2008 ha condotto «una verifica sulle fatture intracomunitarie registrate nel 2006, conclusasi con la redazione di un processo verbale di constatazione». Il Fisco ha contestato alla Sogin due infrazioni, una delle quali «riguarda il mancato inserimento nei mesi di febbraio, giugno e agosto 2006 di acquisti (intracomunitari) effettuati da un fornitore Belga». Ipotizzando un’evasione dell’Iva. La Sogin deve completare lo smantellamento entro il 2024. Per quella data la società è tenuta a riconsegnare i siti «senza vincoli radiologici». ;Ma è decisamente improbabile che rispetti quella scadenza.

Post scriptum

Egregi Napolitano e Renzi gli articoli  76 e 77 della Costituzione stabiliscono che l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e  soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.


riferimenti: 











































Fonte:  da SU LA TESTA  di  GIANNI LANNES del 24  aprile 2014


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