giovedì 7 agosto 2014

CHE COSA ESATTAMENTE SONO IL ‘RAZZISMO’ E L”EGUALITARISMO’?




di REDAZIONE

Proponiamo in ANTEPRIMA la traduzione integrale in italiano dell’articolo What Exactly Is ‘Racism’? da parte di Llewellyn H. Rockwell Jr.,  ex capo dello staff congressuale di Ron Paul, esecutore dell’eredità culturale di Murray N. Rothbard, saggista, direttore del sito LewRockwell.com, amministratore delegato e responsabile del Ludwig von Mises Institute.
(Traduzione di Luca Fusari)


Voglio guardare a due termini che lo Stato e i suoi tirapiedi utilizzano con molto successo al fine di aumentare il potere del governo. Uno è ‘razzismo’, l’altro è ‘uguaglianza’. 
Che cosa è esattamente il ‘razzismo’? Non ne abbiamo quasi mai sentito una definizione.

Dubito che qualcuno sappia veramente cosa esso sia. Se siete inclini a contestare questa affermazione, chiedetevi perché se il razzismo è davvero qualcosa di chiaro e determinato non vi è meno disaccordo su quali pensieri e comportamenti sono “razzisti” e quali non lo sono?.

Se chiesto, la persona media probabilmente definirebbe il razzismo lungo le linee usate da Murray N. Rothbard per definire l’antisemitismo, l’odio che coinvolge e/o l’intenzione di effettuare la violenza, direttamente per mezzo dello Stato, o in altro modo, contro un gruppo disprezzato:

«Mi sembra che ci sono solo due definizioni sostenibili e contemplabili di antisemitismo: una si concentra sullo stato mentale soggettivo della persona, e l’altra “oggettivamente” sulle azioni che intraprende o le politiche che sostiene. Per la prima, la migliore definizione di antisemitismo è semplice e conclusiva: una persona che odia gli ebrei…. Se non siamo vicini, amici di qualcuno, o dei strizzacervelli, come possiamo sapere cosa c’è nel cuore di una persona? Forse allora ci si dovrebbe concentrare non sullo stato del soggetto del suo cuore o della sua mente, ma su una proposta che possa essere controllata da osservatori che non conoscono l’uomo personalmente. In tal caso dovremmo concentrarci sull’oggettivo piuttosto che sul soggettivo, cioè sulle azioni o su ciò che patrocina tale persona. Beh, in questo caso, la sola definizione razionale di un antisemita è uno che sostiene politicamente, giuridicamente, economicamente o socialmente la riscossa contro gli ebrei (o ha ovviamente contribuito ad imporla)».





Questa definizione sembra allora ragionevole: 1) qualcuno è un razzista se odia un particolare gruppo razziale, ma 2) dal momento che non siamo in grado di leggere nella mente delle persone, e poiché accusare le persone di odiare un intero gruppo di persone è una accusa abbastanza grave; anziché cercare invano di leggere nella mente del sospetto dovremmo invece vedere se egli favorisce disabilità speciali contro il gruppo in questione. Sempre Rothbard:
«ma non sto forse ridefinendo l’esistente antisemitismo? Certo che no. Sulla definizione soggettiva, per la natura stessa della situazione, io non conosco alcuna persona e dubito che lo Smear Bund le conosca. Sulla definizione oggettiva, dove gli esterni possono avere una maggiore conoscenza, e mettendo da parte gli evidenti antisemiti del passato, ci sono nell’America contemporanea degli autentici gruppi antisemiti: gruppi come il movimento Christian Identity, o la Aryan Resistance, o l’autore dei romanzo Turner’s Diaries. Ma direte voi, questi sono gruppi marginali non contano, vale la pena preoccuparsi di loro? Sì amico, ed è proprio questo il punto».
D’altra parte, forse un “razzista” è qualcuno che crede che diversi gruppi tendano ad avere caratteristiche comuni, pur riconoscendo il punto assiomatico che ogni singola persona è unica. Ma che si tratti di una struttura familiare, di un debole per l’alcolismo, della reputazione di un duro lavoratore, o un gran numero di altre qualità, Thomas Sowell ha riunito un vasto corpo di opere che mostrano come questi tratti non sono neppure vicini ad essere distribuiti equamente tra le popolazioni.
I cinesi, ad esempio, hanno guadagnato in tutti i Paesi del mondo una reputazione di gran lavoratori spesso in condizioni particolarmente difficili (è un dato di fatto, questo è uno dei motivi per i quali i sindacati americani disprezzavano i lavoratori cinesi nel XIX° secolo).
A metà del XX° secolo, la minoranza cinese ha dominato i principali settori dell’economia malese (nonostante siano stati ufficialmente discriminati dalla Costituzione malese) guadagnando il doppio del reddito della media malese. Possedevano la stragrande maggioranza dei mulini di riso in Thailandia e nelle Filippine. Hanno condotto oltre il 70% del commercio al dettaglio in Thailandia, Indonesia, Cambogia, Filippine e Malesia.




Potremmo raccontare una storia simile sugli armeni in varie parti del mondo, così come sugli ebrei e sugli indiani orientali. Ai nippo-americani andò così male, quanto a discriminazione, che furono confinati nei campi di prigionia durante la seconda guerra mondiale, eguagliando il reddito dei bianchi nel 1959 e superandolo di un terzo un decennio più tardi.

Allo stesso modo per i tedeschi, la cui reputazione e le realizzazioni nei campi dell’arte, della scienza e della tecnologia sono stati evidenti non solo in Germania, ma anche tra i tedeschi negli Stati Uniti, in Brasile, in Australia, in Cecoslovacchia, e in Cile. Avevano fattorie più prospere degli agricoltori irlandesi della settecentesca Irlanda, degli agricoltori brasiliani in Brasile, dei contadini russi in Russia, e degli agricoltori cileni in Cile.

Gli ebrei guadagnano redditi più alti rispetto agli ispanici negli Stati Uniti; questo ci viene detto solennemente essere il risultato di una “discriminazione”. Oh, davvero? Come sottolinea Sowell, allora come possiamo spiegare perché nei Paesi ispanici gli ebrei guadagnano redditi più alti rispetto agli ispanici?.

Secondo le regole insensate che governano la società americana, a Sowell, essendo egli un nero, è consentito di discutere di tali fenomeni, mentre il resto di noi se lo facesse verrebbe demonizzato, avrebbe distrutta la sua carriera e le reputazioni rovinate, dunque dobbiamo prendere nota di questa testimonianza altrimenti proibita.

Per non essere sospettati di “razzismo” si deve dunque agire nel modo più sicuro possibile, o almeno far finta di credere alle seguenti proposizioni:

       le disparità di reddito tra i gruppi sono spiegabili in tutto o in gran parte come “discriminazioni”;
       se un gruppo di una minoranza è “sotto rappresentato” in una particolare professione, la causa deve essere il “razzismo”;
       se gli studenti di una minoranza sono sproporzionatamente distribuiti a scuola, la causa deve essere il “razzismo”, anche quando gli insegnanti coinvolti appartengono allo stesso gruppo della minoranza;
       se i punteggi dei test (sia scolastici che nel settore privato) differiscono per gruppo razziale, questa è la prova che i test sono culturalmente di parte, anche se le domande mostrano la maggiore disparità di comprensione in un minimo contenuto culturale.

Non una di queste sopracitate affermazioni è difendibile, ma, manco a dirlo, ognuna di esse deve essere creduta. Gli scettici sono, ovviamente, dei “razzisti”. I seguenti pareri o proposte sono state tutte dichiarate come “razziste” in un certo momento o in un altro, da una fonte o da un’altra:
       le affirmative actions sono indesiderabili;
       la legge contro la discriminazione è una violazione dei diritti di proprietà privata e della libertà di contratto;
       la Brown v. Board of Education si è basata su un ragionamento sbagliato;

       l’estensione del razzismo nella società americana viene esagerato.



Ci sono molti motivi per cui si potrebbero avanzare queste affermazioni. Ma dal momento che secondo popolari siti di sinistra come Daily Kos, ThinkProgress, e Media Matters è “razzista” credere in alcune di esse, non importa quali siano i vostri argomenti: siete dei “razzisti”.
Protestate e dite tutto quello che volete, ma più lo fate e più i commissari della calunnia vi ridicolizzeranno. Si può fingere di aver logicamente sane e moralmente irreprensibili ragioni per le vostre opinioni, ma secondo gli interessati commissari queste sono tutte delle coperture per il “razzismo”.

L’unico modo per soddisfarli è quello di abbandonare le vostre opinioni (e anche allora sarà ancora in dubbio la vostra sincerità) anche se non le esprimete per disdicevoli motivi. Così l’accusa di “razzismo” comporta quasi sempre una sua interpretazione pregiudiziale di pensiero. Ad esempio una persona pretende di contrastare la legge contro la discriminazione per una sorta di principio? In realtà sappiamo che lo fa perché lui è un “razzista”.

Vedere dei libertari, che ovviamente dovrebbero esserne maggiormente consapevoli, saltare sul carro dei controllori del pensiero o fingere che l’intera questione riguardi la libertà di essere un cretino, è estremamente miope e più sfortunato. Lo Stato usa il racket del “razzismo” come giustificazione per la sua ulteriore estensione di potere in materia di istruzione, occupazione, redistribuzione della ricchezza, e in qualche altro affare.

Nel frattempo fa tacere con la sua magia quei critici della violenza dello Stato; senza mai aver definito il termine ‘razzismo’ accusa quei critici e costoro devono spendere il resto della loro vita a cercare di confutarla solo per scoprire che gli etichettatori non rimuoveranno la loro maledizione fino a quando costoro non si umilieranno da sé, ripudiando tutta la loro filosofia.

Colui il quale cerca di difendersi protestando vedrà i suoi amici più stretti che appartengono al suo gruppo anch’essi accusati di odio e lui sarà ridicolizzato più che mai. Ecco cosa di nuovo scrisse Rothbard:
«voglio anche abbellire un punto: in tutta la mia vita ho sentito gli anti-antisemiti deridere i Gentili i quali si difendono contro l’accusa di antisemitismo protestando con la frase ‘alcuni dei miei migliori amici sono ebrei’. Questa frase è sempre derisa come se fosse una ridicola confutazione dell’argomento. Ma a me sembra che il ridicolo è abitualmente usato qui proprio perché l’argomento è conclusivo. Se alcuni dei migliori amici del signor X sono davvero degli ebrei, è assurdo e contraddittorio affermare che egli sia un antisemita. E che per questo egli lo dovrebbe essere».

E’ difficile contestare Rothbard qui. Se qualcuno era stato accusato di antipatia per la carne macinata, ma ha dimostrato di apprezzare molto gli hamburger e il gulasch, non dovrebbe essere più o meno una demolizione dell’accusa?. Non conosco nessuno che odi interi gruppi, e le persone che lo fanno sono una piccola minoranza tale che le loro organizzazioni sono analogamente pazze e la FBI ne è informata.





Analogamente, non conosco nessuno che intenda favorire l’uso ufficiale della violenza contro gruppi particolari. Ovviamente dovremmo desiderare di trattare le persone con giustizia e con rispetto; qualsiasi persona decente ragiona in questo modo.

Ma come e perché “l’uguaglianza” dovrebbe essere contemplata in tale immagine, se non nel senso libertario più banale ed ovvio che tutti noi dovremmo ugualmente astenerci dalle aggressioni reciproche?.

Lo Stato non ama niente di più che dichiarare guerra alla droga, o al terrorismo, o alla povertà, o “alle disuguaglianze”. Lo Stato ama “l’uguaglianza” come principio organizzativo perché non potrà mai essere raggiunto.

Nel corso del tentativo, lo Stato acquisisce sempre più potere su sempre più pratiche ed istituzioni. Chiunque metta in discussione la premessa dell’uguaglianza è biasimato dalla buona società. E’ un notevole racket questo, e certamente non riguarda i libertari.

Se si tratta di voler l’uguaglianza materiale, essa svanirebbe nel momento successivo che l’abbiamo ottenuta, non appena le persone hanno ripreso i loro normali modelli di spesa e nel momento in cui dei beni e servizi offerti da alcune persone siano maggiormente apprezzati rispetto a quelli offerti da altre.

Se si tratta di “pari opportunità” allora dovremmo abolire la famiglia, come tanti regimi socialisti hanno seriamente contemplato di fare, dal momento che le condizioni del nucleo familiare svolgono un ruolo importante nel successo dei bambini.

Sì, naturalmente ci opponiamo alla disuguaglianza che deriva dal privilegio speciale dello Stato di cui godono alcune persone e gruppi. Ma il vero problema non è la disuguaglianza di per sé, ma la giustizia e la proprietà privata.

Anche il vecchio adagio dell’uguaglianza agli occhi di Dio non è giusto. Erik von Kuehnelt-Leddihn, il liberale classico tradizionalista cattolico, ha osservato che Giuda, che tradì Cristo, non era in alcun modo “pari” ai discepoli amati, e che le origini dell’”uguaglianza” secolare implica che Lucifero sia pari a Cristo. Egli ha aggiunto:
«l’egualitarismo nelle migliori circostanze diventa ipocrisia; se sinceramente accettata e creduta, la sua minaccia è maggiore. Sicché tutte le disuguaglianze reali appaiono senza eccezione essere ingiuste, immorali, intollerabili. Il risultato è l’odio, la tristezza, la tensione, un disadattamento generale. La situazione è ancora peggiore quando sforzi brutali sono fatti per stabilire l’uguaglianza attraverso un processo di livellamento artificiale (‘di ingegneria sociale’), che può essere fatto solo con la forza, le restrizioni, o il terrore, e il risultato è una completa perdita di libertà».

Se vogliamo essere liberi dobbiamo dunque evitare lo Stato i suoi metodi e il suo linguaggio.


Fonte: visto su Movimento Libertario   del 29 luglio 2014


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