martedì 4 novembre 2014

«IO, VINCENZO IMPERATORE, DIRIGENTE BANCARIO PENTITO VI SVELO I TRUCCHI DELLE BANCHE»




di Luciano Pignataro

ROMA - «Due sono i peccati che può compiere un banchiere: uno, veniale, è fuggire con la cassa, l'altro, mortale, è parlare».

C'è questo detto di Enrico Cuccia, uno dei pochissimi di cui si ha notizia, in testa al libro di Vincenzo Imperatore, bancario pentito che confessa pubblicamente le sue colpe ai clienti e ai lettori.  Lui dunque ha fatto peggio che parlare, ha scritto, un po' come in «Storia di un impiegato» di De Andrè si rivolta al sistema e lancia la sua bomba al «ballo mascherato della celebrità».
La bomba è un libro, «Io so e ho le prove, confessioni di un ex bancario» (edizioni Chiarelettere).

Imperatore, un po' facile pentirsi adesso. Non è un po' tardi?
«Per nulla, non vede che la politica economica europea è dettata solo ed esclusivamente dai banchieri. E poi io sono pentito da cinque anni».

Cinque?
«Sì, dal 2009».

L'inizio della crisi.
«Esatto. All'epoca ero il capoarea di un importante istituto bancario, aziendalista convinto, per oltre vent'anni avevo sostenuto tutte le politiche decise a tavolino e trasferite allo sportello in tutti i ruoli che ho ricoperto».

Poi?
«Fummo convocati in una riunione dai top manager, gli stessi che ci avevano portato sulla soglia del baratro e assistetti ad un gioco di scaricabarile, quasi a dire che il risultato del disastro non era frutto delle loro scelte. E ovviamente a pagarne le conseguenze erano i quadri dirigenti e quelli intermedi».

Beh, succede un po' in tutti i settori.
«Esatto: quelli cambiavano casacca assicurandosi prebende e stipendi altissimi senza neanche essere sfiorati dalla crisi. Ed è in quel momento che io mi chiesi: ma come faccio a motivare i miei collaboratori se questi non hanno convinto neanche me? Siamo sempre alle solite: negli altri paesi i primi a pagare sono i generali, da noi solo dai colonnelli in giù».

Ora in un libro lei svela tutte le malefatte, i trucchi, spesso abbastanza ingenui, con cui il cliente secondo lei viene regolarmente raggirato. Come è nata l'idea?
«Conobbi Mario Bortoletto, l'autore del libro «La rivolta del correntista durante una presentazione. Fu lui a suggerirmi l'idea: visto che sei stato dall'altra parte, perché non ci racconti come funzionavano i meccanismi?»

Già, come funzionavano?
«Ci sono due macrocategorie di clienti. Quello che ha bisogno di prestiti e quello che risparmia».

Ecco, ci racconti un po' nei dettagli.
«In sintesi, nel primo caso il trucco consiste nell'indebitare il cliente oltre quelli che sono i suoi reali bisogni caricando sui tassi e vendendo poi il suo debito a terzi. Nel secondo, basta spostare un po' il limite del rischio sostenibile. La maggior parte si scoccia di leggere tutte le clausole e si trova senza tutela legale in caso di perdite. Gli esempi non mancano».

La sua introduzione è un bel j'accuse...
«Si, perché, come scrivo, ho le prove di come si muovono le banche di fronte a quei correntisti e a quelle aziende in crisi che rischiano di non saldare i debiti: propongono una ristrutturazione del debito, una rinegoziazione che nasconde la manleva da ogni responsabilità per irregolarità in contratti precedenti, e la presentano al correntista come un'opportunità dilatoria. Ho le prove di come le banche mettono a posto i conti a ridosso delle chiusure trimestrali di bilancio attraverso manovre massive sugli interessi, quando i manager devono relazionare ai soci sullo stato di salute dell'istituto. E, ancora, ho le prove di come le banche fanno cassa «piazzando» televisori, tapis roulant e biciclette ai clienti che richiedono finanziamenti.

Secondo lei quando è iniziata questa deriva?
«Sicuramente con le privatizzazione che hanno messo in testa solo la logica del profitto».

Ma in quasi tutto il mondo le banche sono privatizzate
«Vero, ma all'estero funzionano i controlli e le azioni di responsabilità che da noi sono quasi totalmente assenti. Da noi i manager non pagano mai»

C'è una differenza tra Nord e Sud?
«Sicuro, a parte il differenziale sui tassi degli interessi che non è giustificato, c'è da dire che è molto più facile gestire la clientela meridionale che non legge con attenzione le carte e si fida del rapporto personalizzato. Da noi manca cultura finanziaria».



Fonte: da il gazzettino di sabato 1 Novembre 2014


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