martedì 9 dicembre 2014

QUANDO MIGLIO DISSE: VENETI, FATE IN FRETTA

Gianfraco Miglio





QUANDO MIGLIO DISSE: VENETI, FATE IN FRETTA


Il 5 febbraio 1999 il gruppo “Liga Veneta Repubblica” in Consiglio Regionale del Veneto organizzava a Padova un memorabile convegno intitolato “Veneto: un popolo sovrano verso l’Europa”, con la partecipazioni di prestigiosi studiosi, dal prof. Miglio al prof. Mario Bertolissi, dall’avv. Ivone Cacciavillani al prof. Renzo Gubert, allora senatore; il convegno fu poi nobilitato da tre straordinarie relazioni incentrate sulla Catalunya e sulla Sozia tenute dal prof. Ferran Requejo dell’Università Pompeo Fabra di Barcellona, da Josep Camps di “Convergencia Democratica di Catalunia e da Donald Henderson dello “European Affairs Division dello Scottish Office” di Edimburgo. Francesco Jori riuscì, da par suo, a mettere insieme il tutto, intervallando sapientemente anche gli interventi di  Comencini, Foggiato, Morosin e il mio.Fu una giornata di un’intensità straordinaria e lo può confermare chi  partecipò all’Hotel Sheraton all’evento; ma in particolare vorrei riproporre l’intervento del prof. Miglio, per certi versi profetico,direi, in particolare quando sottolineava con forza: “Ma fate più in fretta possibile, o Veneti, perché questo Stato italiano sta avvicinandosi al suo momento critico.”

Eravamo nel 1999….




IL PROGETTO DI UNA CARTA COSTITUZIONALE VENETA ADOTTATA IN ESERCIZIO PRECOSTITUZIONALE DELLA SOVRANITÀ

di Gianfranco MIGLIO:



Quando ho ricevuto il materiale che gli organizzatori di questo convegno mi hanno mandato, ho fatto un salto sulla mia seggiola, perché ho visto esaltata quest’idea del “Popolo Sovrano”, e allora mi sono detto: “Non pensano a una costituzione federale”, perché voi sapete che la caratteristica di una costituzione federale è che al suo interno nessun potere è sovrano. Poi. leggendo, e ascoltando le belle relazioni di Morosin e di Bertolissi, mi si è chiarito il concetto di “sovranità pre-costituzionale”, che non pregiudica la struttura di una costituzione federale o confederale, e quindi della sovranità “divisa”.

Però quell’idea di mettere davanti all’esercizio degli articoli 121 e 138 della Costituzione, una presa di posizione del Popolo Veneto a favore della sua indipendenza, comporta una certa logica di azione politica, che io sconsiglio. Perché ritengo che si debba prima arrivare a far funzionare la Costituzione con le sue norme, e precisamente gli articoli 121 e la 138, soltanto se la procedura ordinaria non funzionerà, allora verrà il momento di una azione insurrezionale.

Così il mio dissenso si è accresciuto ancora quando ho visto che si giustapponevano, (pagina 9 del documento “Veneto: un Popolo Sovrano verso l’Europa”) un patto confederale, e in subordine un “trattato” di natura economica, politica e sociale. No, questa alternativa non sta insieme, perché il “patto confederale” è un atto di riordinamento della struttura costituzionale italiana, mentre il patto tra due soggetti internazionali, implica che questi soggetti internazionali siano già nati: l’idea del patto implica la “secessione”. Ora, io non mi scompongo affatto a parlare di “secessione” perché nel 1993 abbiamo tentato (quando ero nella Lega Nord) di aprire la via di una secessione, e abbiamo battuto la strada della secessione nonviolenta, quello che i teorici di questo diritto fanno consistere nel rifiuto di pagare le imposte.

Sennonchè nel 1993, io e Bossi siano andati incontro a una sconfitta, perché, nella testa dei cittadini, l’idea di mettersi in conflitto con la Finanza, e con la struttura di prelievo delle risorse finanziarie della Repubblica, non è assolutamente accettata. Io ho chiarito questo punto, e ho anche rivelato per quali ragioni gli italiani sono così restii al ricorrere alla prospettiva di non pagare le tasse. Perciò un consiglio che vi do molto sommessamente, è di cercare di diffondere, in una percentuale elevata dei cittadini, l’idea che l’unico mezzo per affrontare un conflitto non-violento con il potere politico-costituzionale, è proprio questo, dello sciopero fiscale. Se per ipotesi nessuna delle vie legali alle riforme è consentita, allora non c’è che la strada di una forma di ribellione. E la ribellione va preparata con una educazione dei cittadini alla misura del rifiutarsi di pagare le imposte.

Però, dato che questa era una via di uscita subordinata – il patto tra il Popolo Veneto e i popoli italiani – rispetto al tentativo principale della introduzione di una costituzione federale, io a questo proposito non posso consigliarvi altro che il mio modello. Anche perché nel frattempo questo modello ha guadagnato credito nella dottrina. Oggi non sono pochi coloro i quali ritengono che il mio-progetto sia il più completo, e il più rigoroso, di ordinamento federale.

Apro una parentesi: a proposito della distinzione, drammatica per i giuristi del secolo scorso, fra “federalismo” e confederalismo”. Si pensava allora che una costituzione “confederale” fosse già disposta a permettere l’uscita di alcuni suoi membri dal patto. Oggi invece il diritto di ogni popolo a darsi e a modificare la sua collocazione nel contesto internazionale. Uscire da una Federazione, è oggi un diritto da nessuno negato. Quindi patto “federale” e patto “confederale” sono la stessa cosa. Il problema allora è oggi questo: di disegnare una struttura federale, da compilarsi secondo l’articolo 121, che dà ad ogni Consiglio Regionale il diritto di proporre leggi (e quindi anche leggi costituzionali) e di proporle agli organi competenti, cioè al meccanismo del 138. E’ la strada regia, la strada che voi dovete percorrere.

Voi puntate molto sull’Europa e – ho visto nei documenti, che mi avete mandato – voi vi illudete sulla possibilità di una struttura federale europea imminente, in cui si inserirebbero tutti i tentativi di costruire strutture federali per i singoli membri della Comunità Europea. Io sono invece molto più scettico al riguardo: credo che abbiano ragione quei costituzionalisti svizzeri che hanno prospettato l’avvenire dell’Unione Europea non diversamente da quella che è stata l’unione della Comunità Elvetica. Un accostamento progressivo, una abitudine a considerare i problemi in comune, senza mettere in moto meccanismi di carattere automatico, come quelli a cui pensavano i federalisti europei di trent’anni fa. Credo che l’avvenire dell’Europa sia in una produzione graduale di soggetti non sovrani, in continua oscillazione nei loro contatti reciproci. E’ in questo meccanismo, in cui bisogna cercare di inserirsi.

E’ necessario per voi decidere subito di mettere in moto subito il 121 e il 138 con una Commissione Costituzionale, che prepari un progetto concreto. Voi prevedete una Commissione di 5 giuristi e di 25 “uominipolitici”; mi sembrano destinati a far esplodere le tendenze particolaristiche; perché la chiave di tutto, nel compilare il progetto, è ridurre le richieste individuali di ogni gruppo.
Io credo di conoscere bene il Popolo Veneto e ho scoperto da un pezzo che non c’è comunità veneta che non abbia un suo progetto di costituzione. Dimenticatele queste particolarità, cercate di convergere sulle coseessenziali; io penso ad un progetto di costituzione estremamente elementare che stabilisca le cose fondamentali, e poi rimetta alle strutture federali il completamento del disegno.

Io penso, per esempio, che il mio collaboratore e collega e senatore Renzo Gubert, che parlerà dopo di me, trattando delle appartenenze territoriali e della nuova organizzazione statuale; credo che tutta questa materia sia da rimettere a quello che voi avete chiamato l’Assemblea Nazionale del Popolo Veneto, cioè il Consiglio Regionale del Veneto.

In questi mesi, prossimi, uscirà un mio libro (e l’ho voluto far pubblicare proprio presso un editore Veneto, Neri Pozza, con cui anni fa pubblicai i miei lavori sulla scienza dell’amministrazione pubblica italiana). Questo libro è spietato perché contiene venti paragrafi, che sono una rivisitazione del cosiddetto “risorgimento” italiano. E’ da questa rivisitazione che io cavo le caratteristiche costituzionali che dovrebbe invece avere l’Italia.

Bene, in questo libro voi troverete molto pessimismo sulle difficoltà da affrontare; ma è tuttavia indicato un “pertugio”, che è quello proprio che sto invitandovi a scorgere: approfittate della situazione in cui versa lo Stato oggi.  Lo Stato italiano oggi non è più in grado di assicurare ai citta­dini la sicurezza, può darsi che quanto prima anche il tentativo di innestare l’economia monetaria italiana nel sistema europeo, vada a rotoli. Se questo accadrà non piangete, sarà l’occasione che attendete, perché l’ulteriore indebolimento dello Stato italiano faciliterà la vostra azione e il vostro ten­tativo di cambiamento della Costituzione.

Purtroppo è nelle disgrazie che si trova la strada per uscire dalle difficoltà, e per guadagnare una posizione nuova e positiva; non è quando gli affari vanno bene che si cambiano le cose. Noi dobbiamo tenere conto di questa condizione; cioè io aspetto il momento nero dell’Italia in Europa perché penso che potrebbe diventare il momento luminoso dell’uscita da questa Costituzione che consacra tutti gli errori del cosiddetto “risorgimento”.

Ho visto che voi avete rievocato in un pamphlet, che mi è stato mandato, il referendum del 1866. I referendum che hanno confermato lo Stato italiano sono tutti referendum fasulli, referendum che non hanno sondato le opinioni vere del popolo italiano, e che quindi non valgono niente. Invocare il referendum del 1866 per dire: “I Veneti si sono vincolati allo Stato italiano”, è una balla; dobbiamo respingere questa idea. Quello che conta è puntare su quello che unisce, sulle poche cose da collocare in una Costituzione speciale per il Veneto.

Nel libro che vi ho preannunciato, ho migliorato il modello che avevo diffuso e che voi conoscerete (perché è stato oltretutto tradotto in tutte le lingue); ho soprattutto migliorato la posizione del Veneto. Perché io penso che il Veneto debba stare in un contesto del nord Italia, non mi preoccupo di pensare, di prescrivere, che cosa devono fare le Regioni del centro e del sud.

Da quando un collega, mio allievo economista, mi ha avvertito che il  reddito prò capite del Molise è un 47° di quello della Lombardia, mi rendo conto, che solo raggruppando le Regioni si potrà arrivare a costruire un meccanismo costituzionale federale autentico. Ecco perché io uso sempre il termine “vera costituzione federale”, per distinguerla da quella a cui è attaccato (e ogni tanto lo tira fuori) D’Alema, con la sua Commissione Bicamerale.

Insistere sulle cose che uniscono, vi dicevo, e così unire anche gli italiani; i quali sono convinti che così ormai non si può più andare avanti, che i poteri pubblici sono incapaci di garantire ai cittadini le sicurezze elementari per cui lo “Stato moderno” è nato da 400 anni fa.

Questo fine di secolo è la line dello “Stato moderno”, io sto, oltre al libro che pubblicherà Neri e Pozza, lavorando da 3 anni ad un lavoro distruttivo sul così detto “Stato moderno”; vedrete che se tutto il materiale che ho raccolto per questo nuovo libro funzionerà, riuscirò a tirare una mazzata sul così detto “Stato moderno” e forse aprirò la strada ad un vero federalismo.

Mi auguro che i veneti si facciano carico di questa responsabilità, che la storia addossa sulle loro spalle: cioè comincino a proporre un meccanismo federale autentico. Nel libro che presto uscirà ho raccontato che i Greci quando cambiavano costituzione la davano da scrivere a pochissime persone, al limite a una sola persona: non avevano la mania “democratica” di noi oggi che andiamo ad ascoltare tutti. Perché se ci preoccupiamo ad ascoltare tutti, finiamo nella confusione, finiamo nel non produrre niente. Veneti, vi esorto a darvi una costituzione, a presentarla in Parlamento per l’applicazione della procedura dell’articolo 138, poi vedremo se avranno il coraggio di respingere la vostra proposta. In questo caso avremo il diritto di a mezzi più persuasivi, cioè più coerenti con la sovranità “pre-costituzionale” dei veneti, che a questo punto sono anch’io pronto ad accogliere e difendere.

Nel nuovo “modello” io ho immaginato un Nord strutturato con Liguria, Piemonte, Lombardia a formare il Nord-Ovest, capoluogo Torino; un Nord-Est, il Veneto, capoluogo Venezia o Verona, e un Sud,  l’ Emilia-Romagna, capoluogo Bologna, che costituiscono un complesso. Questa Comunità Regionale avrà come capitale logica Milano, però condizionata dalle capiluoghi delle strutture competenti. Questo è già un miglioramento del mio modello precedente, e vengo incontro alla preoccupazione dei Veneti.

Soprattutto una cosa chiediamo ai nostri colleghi catalani oggi qui presenti: di illustrare i diritti internazionali delle comunità che vivono in Spagna; perché ho visto che nella Vostra Costituzione è sancito questo diritto. E’ sancito anche il principio che le risorse finanziarie vanno ripartite (come lo sono nella Confederazione Elvetica) un terzo ai Comuni, un terzo ai cantoni, un terzo alle autorità federali. Voi lo vedrete che una “cinghia tirata” al potere centrale (federale) si può applicare, una volta che si scarichi il potere effettivi, di tutti i poteri effettivi sulle regioni e sulle co­munità regionali.

Ma fate più in fretta possibile, o Veneti, perché questo Stato italiano sta avvicinandosi al suo momento critico. Vi ho detto non sono ottimista, ma non sono nemmeno pessimista, perché credo che quando lo Stato italiano lo avremo ricondotto alla sua origine storica molto modesta, cominceremo anche, magari a volergli bene. Per adesso non possiamo fare altro che aspettare di metterlo sotto terra, e i veneti hanno la possibilità di guidare questa operazione.

Andate d’accordo, cercate di fare violenza alla nostra natura, alla tentazione di immaginare una costituzione federale che garantisca tutto e il contrario di tutto. Saranno poi gli organi del Consiglio Regionale a provvedere a questo. Prima una costituzione da cui scavare l’avvenire di noi Veneti, scusate se io ragiono da lombardo-veneto, e anche il resto dell’Italia. Nel libro ho anche elogiato un capitolo della storia del Sud che viene generalmente sempre dimenticato, (ne so qualche cosa perché mio nonno ha fatto tre anni di guerra contro il brigantaggio): io ho difeso, nel mio libro, la guerra civile nazionale dei meridionali che hanno preso le armi per difendere il loro Stato. Non penso dunque soltanto all’indipendenza del Nord ma anche a quella del Sud; poi se lo facciano come vogliono il loro sistema politico, non spetta a noi dettare regole anche per il Centro e per il Sud, tanto so benissimo che hanno una vocazione da legulei e da costituzionalisti molto più forte della nostra, dei lombardi e dei veneti, che sono buoni soltanto a fare soldi, ma a non creare le istituzioni giuridiche.

E’ l’augurio con cui termino questo mio intervento; un augurio ai veneti perché abbiano il coraggio di rimboccarsi le maniche e di creare subito la famosa Commissione, mettendola al lavoro. E’ l’augurio ai veneti ma anche agli italiani.



Fonte: visto su L’Indipemdenza del  23 novembre 2014

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