mercoledì 14 gennaio 2015

CIVILTÀ SUPERIORE




Una suora in piazza a Parigi per stare con Charlie Hebdo, per urlare grazie all'Occidente nonostante ospitasse le vignette contro il Papa. Convinta che senza la libertà di bestemmiare non c'è nemmeno quella di adorare Dio. Sta qui tutta la differenza con l'Islam




Io sono a favore delle donne con il velo. Sono a favore del diritto di una donna a farsi suora, a coprirsi con un velo e a manifestare in pubblico. Io non so nemmeno chi sia suor Marie-Emmanuel, che domenica è scesa in piazza a Parigi contro il terrorismo. L’ho solo vista, come molti altri, in una foto d’agenzia pubblicata anche dalla stampa italiana. Non so come la pensi; se sia cioè “di destra” o “di sinistra”, progressista o conservatrice, papalina o antipapalina, e francamente me ne infischio.
Mi basta il suo velo che mi dice che un dì ha scelto di farsi suora, che a questo suo essere suora resta fedele e che di questo suo essere suora non si vergogna, tanto da portarlo in piazza a fianco di molti altri che su quell’abito sputerebbero volentieri; se poi caso mai suor Marie-Emmanuel nutrisse idee teologiche bislacche, il problema sarebbe suo e della Congregazione per la dottrina della fede, non mio e del mio apprezzare il suo velo portato orgogliosamente in piazza. L’abito non fa il monaco, lo so anch’io; ma so anche che il monaco porta l’abito (sennò non lo distinguerei), il prete sarebbe bello indossasse la talare e una suora veste l’abito velato che il suo ordine richiede, quello che velandola ne svela l’identità senza paura.

Suor Marie-Emmanuel ha sfilato con migliaia e migliaia di altre persone che in testa avevano Voltaire, l’autore di una delle frasi più imbecilli della storia: «Non condivido le tue idee, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerle». Balle. Nessuno lo farebbe, nessuno lo fa, nessuno lo ha mai fatto. Nemmeno Voltaire.
Quel che invece accade quando gli uomini sanno vivere con coraggio è che muoiano per difendere le proprie di idee.
Questo hanno fatto i giornalisti di Charlie Hebdo: sono morti per difendere le proprie idee, non quelle degli altri. È per questo motivo che si può salutarne il sacrificio, onorarne la morte e raccomandare le loro anime a Dio (come certamente ha fatto suor Marie-Emmanuel) pur senza condividere uno iota delle loro idee (come mi auguro faccia suo Marie-Emmanuel). Quella di Charlie Hebdo non è la mia posizione; ma ho avuto l’impressione che qualcuno sussurrasse “se la sono cercata” e allora marco il territorio come fanno i cagnolini.

Non è vero infatti che la libertà non ha limiti: il supremo e sublime limite della libertà è la libertà stessa, che impedisce di divenire schiavi di se stessi.
Non è vero che si è liberi di diventare anche schiavi delle proprie idee, perché a noi le nostre idee ci chiedono di essere loro cavalieri, altrimenti sono idee davvero dappoco.
Non è vero che la libertà di espressione è illimitata: il suo cavaliere è la verità. Sempre. Per tutti.
Quello che nessuno di noi deve tollerare è il male: il male c’è, beninteso, ma non può avere la nostra benedizione quando fa carne di porco.
Quelli di Charlie Hebdo sono morti per questa convinzione, mica per le panzane di Voltaire.
Avevano una netta percezione di ciò che per loro era il male e hanno combattuto una battaglia che giudicavano buona.
Un’idea del male e una buona battaglia diverse dalle mie, opposte a quelle di molti, antitetiche a quelle di tanti, ma questo è l’Occidente bellezza. Motivo in più per maledirlo, penserà qualcuno (e non solo in Medioriente); motivo invece per benedirlo.

Il relativismo dell’Occidente moderno è l’urlo di ribellione a un ordine morale: il moralismo del mondo non occidentale è il conformismo alla relatività di tutto.
Il Dio dell’Occidente, quello giudeo-cristiano, sceglie di rispettare la libertà e la ragione umane di cui è causa; il Dio dell’islam è un volontarismo assoluto che può mutare la realtà a ogni secondo.
La fede nel Dio giudeo-cristiano chiede la libertà e la ragione; Allah chiede dei sottomessi.
Il Dio cristiano, cioè, rischia. Rischia il rifiuto, lo sberleffo, la bestemmia, Charlie Hebdo. Ma è così da più di 2mila anni, da che volle rischiare grosso con Maria di Nazareth. Suor Marie-Emmanuel in piazza domenica a Parigi è la misura del rischio cui il Dio giudeo-cristiano si sottopone.
Friedrich A. von Hayek traduceva da par suo il rischio che Dio si prende in Occidente, invitando l’uomo a rischiare con lui: «Potrebbe essere che una società libera come l’abbiamo conosciuta porti in sé le forze della propria distruzione, e che quando la libertà si realizza è data per scontata e cessa di essere valorizzata».
Riguardate la foto di suor Marie-Emmanuel. Una suora difende non ciò in cui non crede, ma la libertà di certi uomini di difendere ciò in cui essi credono, convinta che se non vi è la paradossale libertà di bestemmiare non vi è nemmeno quella di adorare Dio.
 Adesso riguardate le foto di quei musulmani solidali che dicono «Je suis Charlie».
Suora e musulmani solidali lo fanno entrambi a Parigi; se lo facessero nei luoghi dove l’islam è legge, farebbero la medesima fine dei giornalisti di Charlie Hebdo. Quei tali occidentali per cui a Charlie Hebdo “se lo sono meritata” dovrebbero almeno rivendicare l’orgoglio della giurisdizione.

Quel velo da suora in piazza domenica voleva dire solo grazie: grazie di cuore all’Occidente per quel che di meglio potrebbe essere perché non è peggio di come è. Je suis Marie, insomma, o meglio (come suona l’Avemaria in francese) Je vous salue, Marie.

Fonte: visto su L’Intraprendente di martedì  13 gennaio 2015


Nessun commento: