lunedì 13 luglio 2015

STORIA VENETA - 60: 1380 - FERITO CARLO ZENO SALVATORE DI VENEZIA. CON LE SUE NAVI AVEVA ROTTO IL BLOCCO GENOVESE



Dal testo di Francesco Zanotto


"Imbarcatosi il doge Andrea Contarini per difendere la minacciata sua patria contro i Genovesi, che già tenevano Chioggia, ed unitosi a Vittore Pisani, contennero tosto i nemici che osavano assai spesso uscire baldanzosi dal forte di Brondolo.  Se nonché  le diuturne fatiche indussero stanchezza ... (. .. ) Erano in tali agitazioni terribili i Veneziani, quando sul romper dell'alba del primo giorno dell'anno 1380, scopersero nell'alto mare venir verso Chioggia alquante vele, e tosto spedirono venti legni leggieri a riconoscerle, ritornando essi con la fausta novella, essere quella la sospirata flotta di Carlo Zeno ... "


ANNO 1380



Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Atteso da vari mesi l'ammiraglio Zeno proprio all'ultimo momento fece una bella sorpresa alla Repubblica: le sue vele portarono la speranza invano cercata per tanto tempo a causa dell'assedio dei genovesi…  ma anche per lui valsero i rischi della guerra …  


LA SCHEDA STORICA  - 60


La rimonta veneziana era appena iniziata quando il 1° gennaio del 1380 accadde un fatto decisivo quanto insperato che ribaltò una volta per tutte le sorti ormai apparentemente segnate di Venezia.
Le pattuglie genovesi poste a scrutare il mare videro quel giorno all'orizzonte spuntare un numero crescente di vele. Non erano però i rinforzi che si aspettavano da Genova, bensì le 18 navi veneziane comandate da Carlo Zeno, uno dei più audaci ammiragli della marina veneziana.
Da sei mesi il Senato lo cercava inutilmente nel Mediterraneo orientale. Da sei mesi la città sperava invano nel suo arrivo.
Si era fatto dunque aspettare Carlo Zeno, questo patrizio di antica famiglia veneziana destinato dai genitori al sacerdozio. Allora, per questo motivo, era stato mandato anche a Roma affinché si facesse strada negli Uffici della Curia. Non era quella, però, né l'atmosfera né la carriera che il giovane Zeno sognava e così se ne tornò presto in Veneto con una ricca rendita ecclesiastica che venne ben presto dissipata in una vita sregolata e goliardica da studente nella città di Padova.
Perduto ogni beneficio lo Zeno campò per cinque anni facendo il soldato di ventura per essere spedito, una volta tornato in famiglia, a Patrasso. Lì si era distinto per il suo carattere irascibile e violento, tanto che venne più volte ferito e creduto alla fine anche morto. Rientrato invece a Venezia, doveva tuttavia restarvi per poco tempo dato che il re di Cipro lo volle quale ambasciatore di fiducia nei rapporti con l'Occidente. Un ennesimo duello, poi, gli aveva fatto perdere definitivamente la rendita ecclesiastica e con essa lo Zeno lasciò anche la veste talare per sposarsi.
Recatosi a Costantinopoli dove si dedicò con scarsa convinzione alla mercatura, Carlo Zeno dovette assistere alla detronizzazione dell'imperatore greco Giovanni V Paleologo che tenterà successivamente di liberare. Il generoso tentativo doveva tuttavia infrangersi contro le incertezze e le reticenze del vecchio imperatore.


Carlo Zeno il corsaro


 Da allora Carlo Zeno diventò un vero e proprio corsaro. Le navi prese di mira erano per lo più, naturalmente, quelle genovesi. Diventato successivamente capitano di Negroponte ed infine comandante d'armata. Carlo Zeno in quest'ultima veste, spostandosi con una straordinaria velocità, attaccava ogni nave o flotta genovese che incrociava nel Mediterraneo fino ad arrivare a  devastare Portovenere per ricomparire improvvisamente nelle acque di Cipro.  Atteso in Libano lo Zeno comparve invece nell'Adriatico, avuta probabilmente notizia di come si stavano mettendo le cose per Venezia. Una personalità eccentrica, eccessiva, impetuosa, quella dello Zeno, alla quale si univa tuttavia, una straordinaria abilità tattica e militare ed una competenza e intuizione eccezionali.
Tutto questo portava ai veneziani Carlo Zeno il 1°  gennaio del 1380 assieme alle sue 18 navi e ad un gran desiderio di rivincita. Dopo un breve consiglio di guerra Vittor Pisani, Carlo Zeno e lo stesso doge, facevano vela con le 18 galee verso Brondolo, il punto più fragile del blocco. Il 21 gennaio riconquistavano intanto Loreo mentre a Brondolo moriva il comandante genovese Pietro Doria colpito dalle granaiole veneziane.
Il nuovo comandante, Napoleone Grimaldi, eletto sul luogo, tentò disperatamente di riorganizzare le sue fila e di aprire un varco nell'accerchiamento imposto dai veneziani a Chioggia, scavando un canale attraverso il lido di Sottomarina ad est del porro assediato. Tutto inutile. Il 19 febbraio i veneziani riuscivano a riconquistare Brondolo e la stessa Sottomarina. Venezia aveva così recuperato inaspettatamente, tutta la linea dei Lidi.


Tutte le vite di Zeno pirata amatissimo


Fu in una notte di quelle convulse settimane fra gennaio e febbraio, che lo stesso Carlo Zeno venne gravemente ferito in uno scontro coi genovesi. La stagione invernale non era cerro la più favorevole per lo svolgimento delle operazioni belliche. Già una tempesta aveva messo in gravi difficoltà la flotta dello Zeno.
Fu un'altra bufera a spingere una notte le navi veneziane verso Brondolo, allora ancora in mano ai genovesi. Le vedette lanciarono presto l'allarme udendo le grida dei marinai veneziani sulle navi ormai completamente prive di controllo. Carlo Zeno da abile ed esperto uomo di mare, non si perse d'animo e riuscì attraverso un gioco di funi a salvare le sue navi minacciate da un lato dalla bufera dall'altro dalle secche della vicina laguna.
Era tutto impegnato nelle operazioni di salvataggio, quando improvvisamente una freccia nemica gli si conficcò nel collo. Lo Zeno barcollò e poi cadde sul fondo della sua galea sotto gli occhi atterriti dei suoi marinai che subito gli prestarono soccorso. La ferita, molto profonda, si mostrò immediatamente in tutta la sua gravità tanto che si chiese di portarlo urgentemente a Venezia chiamando nel contempo il prete per l'eventuale estrema unzione.
Di fronte a questa prospettiva lo Zeno si oppose con tutte quelle poche forze che ormai gli erano rimaste, dicendo che non aveva nessuna intenzione di tornare a Venezia e che se proprio doveva morire preferiva che ciò accadesse sulla sua nave e con vicino i suoi fedelissimi uomini. Il  suo desiderio naturalmente, venne rispettato, ma il destino si dimostrò ancora una volta assai benevolo con l'audace comandante che sarebbe infatti riuscito a cavarsela potendo così assistere e contribuire egli stesso al trionfo insperato della Serenissima.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  2, SCRIPTA EDIZIONI




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