sabato 12 dicembre 2015

STORIA VENETA – 122: 1656 - ANCORA UNA VITTORIA NAVALE SUI TURCHI. VENEZIA E' IN FESTA


Dal testo di Francesco Zanotto


"La nave di Lazzaro Mocenigo, non potendo ricuperarsi, fu arsa, ed egli, perduto un occhio, ebbe la gloria d'essere laudato siccome il principale stromento della vittoria.  Imbarcatosi, ferito com'era, sopra la nave capitana di Rodi ornata di ricche insegne e di spoglie  nemiche, recò la nuova gioconda alla patria, e accolto venne con indicibile gioia, essendosi riguardata la ottenuta vittoria fra le maggiori e più integre, che fossero state giammai riportate sul mare. La pietà del Senato rese grazie al Signore, e volle, con pubblico decreto, che ogni anno se ne celebrasse la ricordanza ... "


ANNO 1656


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


Incredibilmente la Serenissima registra contro i turchi  un successo dietro l'altro. Questa volta la flotta veneziana colleziona un altro successo ai Dardanelli, lo stretto canale che unisce Oriente ed Occidente ...


LA SCHEDA STORICA  - 122


 Ripercorrendo la storia del ventennale scontro tra Venezia e i turchi nell'Egeo attorno alla metà del Seicento, sorprende l'elevato numero di vittorie conseguite proprio dai veneziani sulle navi nemiche. Non solo.  Francesco Morosini aveva anche espugnato le città di Egina e Valo mentre aveva posto, anche se inutilmente, l'assedio a Malvasia.
Crescevano per questo le preoccupazioni oltre che la rabbia, alla corte del sultano a Istambul. Le vittorie veneziane, per quanto ristrette e circoscritte, dovevano necessariamente finire.
Amurat, il Primo Visir turco, affidò con questo preciso ed esclusivo scopo il comando della sua flotta a un tal Mustafà. Questi, portatosi immediatamente con le navi nel fatidico stretto dei Dardanelli, dovette presto vedersela con le navi veneziane comandate da Lazzaro Mocenigo che, seppur di numero inferiore, riuscirono anche questa volta a mettere in fuga il nemico.
Uno smacco ancor maggiore di questo veniva subìto dai turchi poco tempo dopo.
Nel 1655 aveva preso il comando della flotta veneziana Lorenzo Marcello che, lasciata Candia nel maggio di quell'anno, prese a muoversi con le sue navi direttamente verso le coste turche.
I turchi, ovviamente, avutane notizia, si prepararono ad accogliere la flotta del Marcello.
Ben 60 galee e 29 vascelli vennero messi in mare al comando di Sinan Pascià che diede ordine anche di far disporre delle milizie lungo le due sponde dello stretto per impedire eventualmente alle navi veneziane di attraccare. Queste si erano concentrate nel punto più stretto del canale. Le più avanzate erano quelle di Girolamo Malipiero e di Giovanni Contarini che fiancheggiavano la capitana comandata da Marco Bembo.


La battaglia per il controllo dello stretto dei Dardanelli assume un significato simbolico non solo per Venezia ...


All'imboccatura del canale stava invece Barbaro Badoer con 5 galeazze. Il resto della flotta si trovava  ancor più spostata ad occidente. Arrivò finalmente il momento fatidico. Il  26 giugno del 1656 con il vento favorevole da nord Sinan Pascià diede infatti ordine d'attaccare.
L'impatto fra le due flotte fu durissimo. Le navi veneziane di Lazzaro Mocenigo riuscirono ad infilarsi fra quelle turche seminandovi il panico e lo scompiglio. Guadagnate anzi le spalle del nemico, costrinsero i turchi ad un momentaneo ritiro, che consentì ai veneziani di organizzarsi ulteriormente ed in modo così efficace da persuadere Pascià ad una ritirata strategica in un'insenatura dello stretto. I veneziani tuttavia non desistevano, incalzandolo.
Lo scontro non potè che riprendere violentissimo e quasi inaspettato dagli stessi turchi che si videro ben presto navi veneziane dappertutto. Attaccati sui fianchi e frontalmente con le navi del Barbaro che seminavano scompiglio all'interno della flotta, ai turchi non restò che ripiegare ulteriormente. La via del ritorno però, era stata nel frattempo bloccata dalle galee del Mocenigo che si erano anche arenate in una secca. Come se non bastasse le due flotte si erano ritrovate in uno dei punti più stretti del canale e molte furono le navi turche che nel caos più totale senza libertà di manovra, finirono in secca.


Muoiono anche gli ufficiali delle due parti ma i turchi hanno la peggio e devono battere in ritirata nel caos più totale ...


Dello scontro, intanto e inevitabilmente, non mancarono le vittime, numerose e anche eccellenti da ambo le parti. Lo stesso Lorenzo Marcello e Niccolò di Mezzo, infatti, venivano colpiti in pieno da una cannonata nemica. Per non diffondere il panico fra l'equipaggio ormai esaltato e impegnatissimo nello scontro, per la sicura vittoria, il suo luogotenente ricoprì i poveri resti dei due malcapitati.
Intanto Capitan Pascià non trovando via d'uscita alla disperata situazione, si diede alla fuga portando con sè le ultime 14 galee rimastegli della sua potente flotta. Tredici erano state catturate dai veneziani mentre il resto delle imbarcazioni o erano state distrutte o erano rimaste intrappolate nelle secche del canale.
Ben 5000 schiavi cristiani, inoltre, imbarcati nelle galee turche trovarono quel giorno l'insperata libertà mentre molte migliaia di soldati nemici, invece, vi perirono, 300 o forse più quelli veneziani. Intanto, la nave di Lazzaro Mocenigo non potendo essere recuperata per i gravi danni subiti venne incendiata.
Il Mocenigo tuttavia in quella clamorosa battaglia non perse solo la sua nave, ma anche un occhio. Imbarcatosi in quelle condizioni sulla nave capitana di Rodi, Mocenigo fece così ritorno in patria, dove alla notizia della incredibile vittoria esplose ovviamente la festa e la gioia. Il senato veneziano, anzi, decretò che ogni anno venisse ricordata e festeggiata la storica giornata visitando la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo. Nel giorno della loro festa infatti, il 30 giugno, era stata combattuta e vinta la battaglia.
Venezia dunque nel 1656 festeggiava una nuova vittoria contro il nemico turco, ma intanto l'assedio a Candia continuava.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  4,  SCRIPTA EDIZIONI




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