sabato 16 luglio 2016

VERONETTA, UN QUARTIERE TRANQUILLO PER IL TG1 È IL BRONX

Veronetta, Piazza Santa Toscana



di Luca Romeo

Io non so se si tratta di vittime di terrorismo psicologico, se è un affresco dipinto in malafede per scopi politici o se a trionfare è una semplice (ignorante) paura per il diverso. Fatto sta, che il servizio andato in onda qualche sera fa sul TG1 è qualcosa di vergognoso. Il nostro maggiore telegiornale nazionale dovrebbe informarsi sul tipo di approfondimento che sta facendo vedere all’Italia, prima disputare sentenze.

Si scrive della trasmissione di approfondimento Tv7, che nella consueta puntata del venerdì (il 20 settembre per l’esattezza) ha mandato in onda un servizio su Veronetta, quartiere universitario di Verona.

Veronetta viene descritta come una specie di Bronx cinematografico, una parte di città in cui gli italiani devono avere paura a muoversi di notte, perché potrebbero ‘invadere’ lo spazio abitato dai migranti e in questo modo rischiare di essere aggrediti.

Raramente sento tante falsità tutte insieme.

Vivo a Veronetta da un anno e sono uno studente universitario. Già perché questo è il quartiere universitario, abitato in prevalenza da giovani iscritti al vicino ateneo. I tanti migranti che vivono nel quartiere hanno esercizi commerciali ben visibili: sulla via XX Settembre, quella principale, ci sono svariati negozietti di generi alimentari, kebab o altro nei quali i cittadini nati in altri paesi lavorano regolarmente tutti i giorni. La convivenza tra studenti italiani e lavoratori migranti è del tutto pacifica, completamente diversa da come è stata descritta nel rotocalco del TG1.


Locandina de L'Arena di Verona


Vicolo di paura e spaccio. Il servizio – intitolato con poca fantasia Il bianco e il nero – parte da “un vicolo di spaccio“, ribattezzato anche “vicolo di paura“, dove probabilmente gli spacciatori “sono scappati perché hanno sentito le telecamere“. Forse io sono stato fortunato allora, perché tutti i giorni e tutte le sere prendo quel vicolo per tornare a casa, spesso anche molto tardi, eppure non ho mai incontrato spacciatori, né gente che volesse aggredirmi.

Paura paura paura. “Il veronese che abita qui, ha paura” spiega il cittadino che accompagna i giornalisti del TG1. Paura di cosa? Lo ripeto: da un anno vivo a Veronetta, da un anno rincaso di notte a qualsiasi orario e mai mi sono sentito vulnerabile nel mio quartiere.

A un certo punto nel servizio si arriva a quella che sembra una linea di confine bellica. “Io di là preferisco non andarci” spiega il solito cittadino al di sopra di ogni sospetto. Il rotocalco decide di chiamare la zona “naturale punto di scontro fra residenti e immigrati”.

Intanto i “naturali punti di scontro” non esistono, in quanto lo scontro non può nascere dalla natura (e come farebbe?), quanto dall’ottusità umana, semmai. E poi di punti di scontro e di zone proibite, a Veronetta, non ce ne sono. Il punto in questione è un tratto della solita via XX Settembre, altra strada che ho percorso a piedi e in piena notte più volte e senza correre alcun problema. Infine, lo scontro tra migranti e residenti non esiste, perché anche i migranti sono residenti.  Come parlare di una lotta tra arance e agrumi. Ci avevate pensato prima di scrivere i testi del servizio?

Attaccati alla ‘invalicabile linea della paura’ ci sono diversi bar notturni, frequentati da molti studenti italiani ed erasmus. Gli schiamazzi che si sentono arrivano dagli universitari che cantano dopo qualche birra in più e non dai migranti che il giorno dopo si svegliano per lavorare nei suddetti esercizi commerciali.

Tutte le volte che sono tornato a casa tardi lungo quella strada. ho avuto ‘problemi’ con i giovani italiani ubriachi, non con i migranti che se ne stanno silenziosi presso i loro stessi negozi.

Ma questo non sarebbe stato uno scoop per il TG1. Nel servizio si è visto un migrante, appunto, che si avvicina con una birra in mano e con accento nordafricano urla “Vai via! Vai via“. Poi la videocamera si abbassa e si sentono degli “Oh!! Oh!!” come stesse partendo un’aggressione.

Niente di più cinematografico e nulla di più stereotipato.

Perché io passo tutte le notti da lì e nessuno mai mi ha chiesto di andarmene? Perché nessuno mi ha mai aggredito e non ho mai avuto problemi?

Vivo a Veronetta, ho ventitré anni e non ho motivo di avere paura.

Mi fa più paura chi vuole fare informazione basandosi su uno stereotipo. Mi fa paura chi non riesce a capacitarsi del diverso e mi fa paura perché significa che non potrà mai imparare nulla dalle altre culture, come se quello che ha in testa sia la verità assoluta e assolutamente immodificabile. Mi fa paura chi fa terrorismo psicologico laddove non c’è alcun rischio. Mi fa paura chi chiama ‘vicolo di spaccio’ un vicolo comune, perché un domani chiamerà ‘criminale’ un innocente e insegnerà ai propri figli a vivere con sospetto, qualunquismo e supponenza.

Quante strade deve percorrere un essere umano, prima di essere chiamato essere umano? Secondo Bob Dylan la risposta soffia nel vento. Secondo me, le strade da percorrere sono nella nostra testa. Ma se la testa non gira, il quartiere dove abito resterà quello della paura, con i vicoli dello spaccio e i naturali punti di scontro tra migranti e residenti.

Fate i vostri calcoli.

Fonte: da allupoallupo del 25 settembre 2013





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