martedì 2 agosto 2016

LA GRANDE GUERRA, CATASTROFE ITALIANA. LO STUDIOSO INGLESE THOMPSON: GENERALI INCAPACI, MANDARONO AL MASSACRO LE TRUPPE.

Pochi passi  e si veniva colpiti


L’altissimo prezzo pagato dal nostro Paese ( un milione di vittime), il caos politico, l’avvento del fascismo


«Fermatevi! Ritornate indietro! Non spareremo più. Volete morire tutti?»: durante la Grande Guerra capitò almeno una mezza dozzina di volte che i soldati austriaci fecero tacere le mitragliatrici, con cui avevano appena fatto facile strage dei soldati italiani mandati avanti allo sbaraglio, per spronare al dietrofront i nemici superstiti che arrancavano tra i cadaveri dei commilitoni.
«Non ho trovato testimonianze di scene simili su nessun altro fronte bellico», sottolinea lo storico inglese Mark Thompson in un nuovo, poderoso libro dove racconta dalla prospettiva italiana «una delle più disperate e insensate guerre moderne» presentando in una luce particolarmente sinistra il vanaglorioso generale Luigi Cadorna, a capo delle forze armate tricolori fino al tracollo di Caporetto.
In «The White War», appena pubblicato a Londra dalla casa editrici Faber and Faber, Thompson si dà una missione: demolire una volta per tutte la pervicace mitologia patriottarda - alimentata ad arte soprattutto dal fascismo e tuttora aleggiante nella Penisola - che fa della partecipazione italiana alla «Great War» una specie di eroico, epico prosieguo delle guerre risorgimentali per l’indipendenza.

A suo giudizio non c’è nulla di più falso: la molla di fondo fu una spinta genericamente espansionistica da parte di una minoranza interventista borghese e l’Italia del reazionario primo ministro Antonio Salandra aspettò opportunisticamente di vedere l’andamento delle battaglie prima di muovere guerra all’impero asburgico nel maggio del 1915 in nome del «sacro egoismo».

Secondo Thompson la vittoria finale - costata un enorme tributo di sangue e sofferenze, i morti in uniforme (per lo più contadini analfabeti) furono 689.000 e si arriva a molto più di un milione con i civili - è stata pagata molto cara dalla Penisola anche sotto il profilo politico: «L’Italia sprofondò nel caos e, alla fine, nel fascismo.  Le sue tradizioni liberali se non con la caduta della dittatura». Per i soldati male equipaggiati, finirono come bestie nelle trincee, mandati a morire come carne da cannone.
Quella guerra fu, sottolinea lo storico inglese - «un’esperienza di brutalità, disprezzo, corruzione e oppressione». L’ennesima prova dell’incapacità e dell’inettitudine di molti dei generali italiani, che furono sbaragliati a Caporetto da un giovane ufficiale tedesco, Erwin Rommel, la futura "volpe del deserto".

Il generale Cadorna - che nella sua arrogante vanità si credeva un piccolo Napoleone - incarna benissimo la criminale brutalità di quel conflitto: basti pensare al furore nazistoide con cui stroncò sul nascere ogni rischio di ammutinamento in risposta alla deplorevoli condizioni logistiche arrivando a ristabilire la regola della decimazione - praticata nell’Antica Roma - che consisteva nel passare per le armi a caso un certo numero di soldati (non necessariamente uno su dieci) nelle unità in odore di ribellione o diserzione. Non basta: come poi Stalin durante la seconda guerra mondiale sul fronte russo, il famigerato Cadorna fece installare delle mitragliatrici alle spalle dei soldati mandati all’attacco, con l’ordine di sparare su quelli che tentennavano, indietreggiavano, si davano alla fuga. Nella stessa crudele ottica anti-diserzione il governo di Roma si rifiutò di mandare pacchi alimentari ai soldati italiani fatti prigionieri in Austria e Germania condannandone così più di centomila a morte per deperimento: lo fece perchè non voleva far nulla che potesse anche indirettamente incoraggiare la truppa alla resa. I soldati dovevano sapere che la prigionia non era meglio della morte in battaglia.

Thompson sottolinea che il vertice militare italiano con a capo Cadorna non solo non si fece il minimo scrupolo di spedire al macello decine di migliaia di soldati in combattimenti del tutto irrisori o impossibili ma il generale Vincenzo Garioni arrivò addirittura a definire quei massacri «un olocausto necessario» per «purificare» le forze armate in vista delle future battaglie e della vittoria. «The White War» - oggetto di entusiastiche recensioni sulla stampa britannica - non risparmia nemmeno i servili giornalisti d’allora che in larga misura erano al corrente della tragica, rivoltante realtà della guerra ma - Thompson porta a fulgido esempio una delle grandi firme del Corriere della Sera, Luigi Barzini - si prestarono a fare da cinici megafoni della più bieca propaganda ufficiale.


Fonte: da IL GIORNALE DI VICENZA;   Giovedì 2 Ottobre 2008



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