mercoledì 8 novembre 2017

GLI SCIVOLI DELLE DONNE E IL RITO DI FERTILITÀ


Il sito di Bard all'incirca all'Età del Rame (metà IV - fine III millennio a.C.). Per quanto riguarda gli scivoli, questi appartengono ad un'epoca successiva, dal momento che hanno parzialmente cancellato le figure a cui sono sovrapposti.



Un rito di fertilità è un rituale religioso che rimette in scena un atto sessuale o un processo riproduttivo. Già nelle pitture rupestri erano rappresentati animali in procinto di accoppiarsi. Tale raffigurazione la possiamo considerare come un rito di fertilità magica. Queste ritualità avevano lo scopo di assicurare la fecondità della terra o di un gruppo di donne.
Inizialmente il culto della fertilità era legato alla Grande Madre, generatrice e portatrice di fecondità. L'uomo primitivo rappresentava la Madre come una donna formosa con il ventre marcato per simboleggiare la fertilità.

A partire dal VIII millennio prima della nascita di Cristo si assiste alla proliferazione di raffigurazioni femminili legate al culto della fertilità. Il passo successivo è legato all'acquisizione del valore miracoloso della roccia. In questo contesto si inserisce lo studio legato agli scivoli della fertilità, massi utilizzati dalle donne che desideravano procreare.
Perché le pietre? Per la coscienza religiosa dell'uomo primitivo, la durezza, la ruvidità e la permanenza della materia sono una rivelazione del divino. La pietra è, rimane sempre se stessa, perdura nel tempo e colpisce. Ancora prima di afferrarla per colpire, l'uomo urta contro la pietra, non necessariamente con il corpo, ma per lo meno con lo sguardo. In questo modo ne constata la durezza, la ruvidità e la potenza. La pietra gli rivela qualcosa che trascende la precarietà dell'esistenza umana. 




L'uomo primitivo non adorava la pietra in quanto tale ma per quello che incorpora ed esprime. Molto spesso il rito di fertilità era un rituale sessuale basato sull'adorazione della pietra come organo sessuale maschile in stato di erezione. L'usanza detta scivolata è nota: per avere figli le donne scivolavano lungo una pietra consacrata. Nel caso in cui non scivolassero, giravano attorno ad essa o sfregavano le parti intime sulla dura roccia.
Abbiamo smarrito questi concetti?  In Storia delle Religioni si utilizza un termine che permette di comprendere i passaggi successivi, il sincretismo. Tale terminologia indica un complesso di fenomeni e concezioni costituite dall'incontro di forme religiosi differenti. Il cristianesimo si è accaparrato alcune rappresentazioni della fertilità.
Come può essere avvenuto? Inizialmente la Chiesa ha combattuto queste usanze. Si citano numerosi divieti del clero e del Re, nel Medioevo, contro il culto delle pietre e specialmente contro l'emissione di sperma davanti alle rocce. La loro sopravvivenza malgrado le pressioni del clero è prova del vigore di tali pratiche. Quasi tutte le altre cerimonie relative a pietre consacrate sono scomparse. Rimane soltanto quel che avevano di essenziale: la fede nella loro virtù fecondatrice. Con il trascorrere del tempo la credenza non si basò sulla considerazione teorica della pietra, ma fu giustificata da leggende recenti o interpretazioni sacerdotali. Esempi possono essere rappresentati dal santo che si fermò a riposare su una determinata roccia o dalla visione di un santo o della Madonna su una pietra. 




Alcune di queste pietre furono inglobate nelle chiese nascenti per eliminare il culto antico. Un caso eclatante è quello di Londra: ancora nel 1923 le contadine che andavano nella capitale abbracciavano alcune colonne della cattedrale di San Paolo per avere figli.
Altre leggende sono nate di recente, come quella inerente la sedia della fertilità che si trova nella chiesa di Santa Maria Francesca delle Cinque piaghe a Napoli. La sedia è quella dove solitamente si appoggiava Maria Francesca per riposare e trovare sollievo mentre alleviava i dolori della passione. Il rituale di sedersi e rivolgere una richiesta di grazia alla santa è seguito dalle donne sterili che desiderano il concepimento di un figlio. Il caso nacque nel Settecento riuscendo a resistere sino ai giorni nostri.
Un altro caso rilevante è quello relativo al Santuario di Oropa in Piemonte. Nelle cronache relative alla fondazione del santuario si narra che la statua della Madonna Nera fosse stata nascosta da Sant'Eusebio sotto un masso erratico per impedire che cadesse nelle mani degli eretici. Sopra tale masso, nel Settecento, fu eretta la prima cappella. La chiesa vecchia di Oropa fu costruita inglobando un secondo masso erratico detto Roc 'dla vita, masso della vita. La pietra era nota per essere oggetto di culti pagani legati alla fecondità.
Il ricorso agli scivoli delle donne o delle fertilità è attestato ancora alla fine del XIX secolo. Nel 1884 Giovanni Roggia di Varzo, comune della provincia di Verbania, in occasione dell'inaugurazione del rifugio alpino dell'Alpe Veglia invitava all'uso delle acque minerali con la seguente affermazione: “alle donne che non hanno la buona sorte d'avere eredi, invece di andare in pellegrinaggio da una madonna all'altra e sfregarsi il sedere sulle pietre miracolose cercando grazie, sappiano che con l'acqua minerale che abbiamo qui vicino potranno avere figli in abbondanza”




Anche a Sebillot, nei pressi di Carnac in Francia, avveniva qualcosa di similare: “Verso il 1880 due coniugi sposati da parecchi anni e che non avevano figli, si recarono, alla luna piena, presso un menhir; si spogliarono e la moglie cominciò a girare intorno alla pietra, cercando di sfuggire all'inseguimento del marito. I genitori si erano messi di guardia nelle vicinanze per tenere lontano i profani”. Questo caso è più complesso: innanzitutto è da ricordare il periodo dell'accoppiamento, plenilunio, che indica tracce di culto lunare; poi l'accoppiamento dei coniugi e l'emissione di sperma davanti alla pietra si spiegano con il concetto delle nascite dovute alle pietre corrispondenti a certi riti di fecondazione della pietra.
La teoria tradizionale del rito di fertilità legato ai massi delle donne fu sostituito, o almeno contaminato, da una nuova teoria. Esempio è l'usanza, viva ancora oggi, di far passare il neonato per il foro di una roccia. Indubbiamente questo si riferisce a una rinascita, a un rito di passaggio. 





Un caso emblematico di culto delle pietre forate è quello relativo alla sacra roccia di San Vito, megalite inglobato nel centro del pavimento di un luogo cristiano dedicato a San Vito nel paese di Calimera in provincia di Lecce. La sacra pietra è meta di visite tutto l'anno. Il lunedì dell'angelo le persone attraversano la roccia per ottenere vantaggi spirituali, tra cui la propiziazione della fertilità. Il buco della pietra rievoca l'organo sessuale femminile e l'attraversamento è una chiara e lampante metafora sessuale. 
L'idea implicita in tutti questi riti è che certe pietre possano fecondare le donne sterili, ma la teoria che diede origine a queste pratiche e la giustificò, non sempre si è conservata nella coscienza di chi ancora continua a osservarle. 

Fabio Casalini



Bibliografia

Eliade Mircea, Immagini e simboli. Saggi sul simbolismo magico e religioso, Milano: Jaca Book, 1981 

Eliade Mircea, La nascita mistica, riti e simboli d'iniziazione, Brescia: Morcelliana, 1988

Eliade Mircea, Trattato di storia delle religioni, Torino: Bollati Boringhieri, 1999

Fabio Copiatti e Alberto de Giuli, Incisioni rupestri e scivoli della fertilità nei dintorni dell'insediamento protostorico di Miazzina, Gruppo Archeologico Mergozzo




FABIO CASALINI – fondatore del Blog:  I Viaggiatori Ignoranti


Fabio Casalini 


Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.


Fonte: da I Viaggiatori Ignoranti  del 5 novembre 2017


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